“La guerra è colpa della resistenza ucraina”, dice Silvio Berlusconi ai suoi. Scandaloso? Forse. Ma Silvio è in ottima compagnia! Per esempio, il direttore del quotidiano cattolico Avvenire espresse lo stesso concetto (su La7) già ai primi di marzo: “Se Zelensky avesse accettato di lasciare Kiev, il giorno dopo l’invasione, come da proposta americana, invece di organizzare la resistenza: non avremmo la pace?!”.

Il direttore di Avvenire non è un forzista qualunque; tantomeno è sospettabile di essere al soldo di Putin. Non è neppure di destra! Ed è, si dice, “vicino al Papa”. Che è il principale “riferimento spirituale” degli italiani: secondo il neo Presidente della Camera Fontana (quello che in Donbass i referendum di Putin sono regolari, che “le sanzioni sono un boomerang”). Apprezzamento che gli è valso una telefonata del Santo Padre. In questa melassa, il pensiero va alle “parole dolcissime” che Vladimir “Uomo-di-Pace” avrebbe rivolto a Silvio. E a migliaia di cittadini “contro la guerra” che, unendosi a Fontana e Putin, lodano sui social “il coraggio” di B.

Sono tanti, sì: perché le parole di Silvio sono la logica conclusione di ogni pacifismo. Gli aggrediti si difendono, quindi “fanno la guerra”, quindi sono (altrettanto) colpevoli. Come i familiari dei desaparecidos, che nei tribunali argentini cercavano notizie dei loro cari, e giustizia. Gli venne opposta l’ideologia della pacificación nacional e l’amnistia per i torturatori, mentre qualche prelato spiegava l’importanza del “perdono”, e insomma, che la smettessero! O i miti sui polacchi “teste calde”, fino alla carica della cavalleria contro i panzer tedeschi (mai avvenuta!): miti creati ad arte dagli occupanti di turno. Polacchi per natura rompiscatole. Baltici e ucraini: pure. Proprietà transitiva.

Ma siccome non basta accusare i difensori di “far salire la tensione”, allora cominciano: la minimizzazione delle violenze (Bucha? Sarà vero?), la generalizzazione di peccati isolati dell’aggredito (“ucraini = nazisti!”), addirittura il transfert su un “colpevole” più credibile (gli Usa). Come previsto da Fedro:

Lupo: “Sei mesi fa parlasti male di me!”
Agnello: “Non ero nato.”
Lupo: “Tuo padre, per Ercole!, parlò male di me!”

Il pacifismo ha diverse motivazioni. Ma a volte è solo, per dirla con Natalie Tocci, “una misera foglia di fico per mal celare bieca ideologia, cinismo, e paura”. In realtà, “certi ambienti subiscono il fascino dell’uomo forte al potere, l’invaghimento per Putin. Ma questa è solo una minima parte. Il fattore dilagante è l’antiamericanismo, una difficoltà incomprensibile di scindere le cose: gli Usa possono aver commesso errori, invasioni e violazioni dei diritti umani, ma i fatti in Ucraina raccontano un’altra storia. È un altro film. E poi c’è il complottismo, che nel nostro Paese attecchisce con facilità”.

Il pacifismo paralizza la difesa del diritto internazionale e dei diritti fondamentali dell’Uomo e dei Popoli: vita, libertà, dignità, non essere torturati, stuprati, bombardati, affamati, ecc. E apre le porte a un mondo governato secondo criteri fascisti. Per questo le parole di Berlusconi e dei pacifisti suscitano entusiasmo sui media di regime russi (e su quelli del neo-fascismo internazionale): non perché i fascisti siano “uomini di Pace”, ma perché il loro grande terrore e odio sono i Churchill di ogni epoca. Gente che avanza senza debolezze un ideale opposto al loro di convivenza civile. Ma bisogna anche dire che la reazione di Giorgia Meloni è stata da sogno: “Chi non condivide la linea atlantista è fuori, a costo di non fare il governo”. Chi l’avrebbe mai detto?

B. invece è stato tradito dalla mancanza di valori. I suoi pensieri – lui forse neanche se ne rende conto – rappresentano un tradimento della nostra civiltà liberal-democratica. E se oggi tradisce gli ucraini, per i propri comodi… domani, se alle strette, non venderebbe la Romania, o la Sicilia… o ciascuno di noi? Le sue sono solo parole, certo: ma i totalitarismi iniziano sempre dalla manipolazione del linguaggio. Quello mellifluo è tipico dei dittatori (e dei loro amici). Urge rileggere Orwell, Huxley… o Tolkien, il suo bellissimo, profondissimo dialogo “La voce di Saruman” (Il Signore degli Anelli, Le Due Torri). Che dice tutto, in anticipo di 60 anni.

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