Secondo la la stima del nuovo studio pubblicato da Zero Waste Europe "Incenerimento: qual è l’effetto sul consumo del gas?", commissionato a Equanimator, sostituirebbe solo poco più dell’1% del consumo di gas fossile dell’Unione europea
Tra i settori che si offrono come alternative per sostituire le forniture russe di petrolio e gas c’è anche quello della gestione dei rifiuti. Ma l’energia generata dall’incenerimento dei rifiuti sostituisce solo poco più dell’1% del consumo di gas fossile dell’Unione europea. Dunque è irrilevante. È la stima a cui arriva il nuovo studio pubblicato da Zero Waste Europe ‘Incenerimento: qual è l’effetto sul consumo del gas?’ commissionato a Equanimator. Questo rapporto smentisce, quindi, le affermazioni dell’industria in questione, secondo cui si potrebbe investire su incenerimento e co-incenerimento per contribuire a ridurre la dipendenza dell’Ue dal gas fossile. “Gli Stati membri devono essere cauti riguardo alle affermazioni del settore sui potenziali benefici dell’incenerimento dei rifiuti per ridurre al minimo la nostra dipendenza dall’energia esterna” spiega Janek Vähk, coordinatore del programma per il clima, l’energia e l’inquinamento atmosferico di Zwe. “Gli inceneritori di rifiuti – aggiunge – sono troppo inefficaci ed è irrilevante il loro apporto per aiutare con la crisi energetica. Anche nel migliore dei casi che si può immaginare”. Una questione molto attuale, anche in Italia. Basti pensare al piano industriale per l’inceneritore ex Accam di Milano, fino a quello che tanto sta facendo discutere in quel di Roma.
Il report di Zero Waste Europe e gli scenari ipotizzati – Utilizzando i dati Eurostat relativi al 2020, infatti, il dossier confronta diversi scenari per esaminare l’impatto di questo settore sulla riduzione del consumo di gas. Anche considerando uno scenario definito dagli autori “irrealistico”, in cui si immagina che tutta l’elettricità e il calore prodotto dall’incenerimento vadano a sostituire solo il gas (senza dunque tener conto del mix energetico in cui ci sono, per esempio, anche le rinnovabili) la sostituzione totale sarebbe comunque di circa il 3,7% del consumo di gas dell’Europa. Questo perché la quantità totale di gas sostituita dalla produzione di energia elettrica equivarrebbe a circa l’1,9% della domanda totale attuale di gas. Il calore derivato prodotto dai rifiuti, equivarrebbe invece a un ulteriore 1,8%”. Ma questo è uno scenario poco attinente con le realtà europee. Il secondo scenario, dunque, tiene in conto del mix energetico dell’Europa e, in questo caso si arriverebbe all’incirca allo 0,4% per l’equivalente prodotto di energia e allo 0,7% per il calore derivato dai rifiuti: in totale, dunque, l’incenerimento sostituirebbe solo l’1,1% circa del consumo di gas. In altre analisi, il dossier analizza quanto l’incenerimento possa dare un contributo alla sostituzione del gas a seconda della dipendenza di ciascuno Stato rispetto al gas russo e, inoltre, quale possa essere la soluzione più conveniente.
Costruire nuovi inceneritori – Proprio in quest’ottica, si arriva alla conclusione che la costruzione di nuovi impianti, sulla scia di “un’urgente necessità di decarbonizzare l’energia e i rifiuti, accresciuta dall’attuale crisi legata all’invasione della Russia” possa diventare inutile o persino controproducente. Intanto perché, a meno che non si parli di progetti già pianificati e avanti con l’iter, queste realizzazioni richiedono un tempo tale da rendere “improbabile” un impatto a breve termine sull’uso del gas. Questo aspetto ha anche un’altra conseguenza: sostituendo una fonte di energia ad alta intensità di carbonio con un’altra c’è il rischio di ritrovarsi dopo diversi anni con tecnologie ad alta impronta climatica, come sono – appunto – gli inceneritori. Tutto questo proprio negli anni in cui dovrebbero raggiungere importanti target europei. Secondo Dominic Hogg, direttore di Equanimator “le argomentazioni per motivare la realizzazione di nuove strutture aggiuntive sono deboli”. “Costruire un inceneritore sulla base di una crisi dei mercati energetici sarebbe un errore – aggiunge – dati i tempi di realizzazione e la durata prevista. Meglio affrontare le crisi energetiche e climatiche in modo coerente con gli obiettivi a lungo termine”.
I limiti degli studi condotti dall’industria dei rifiuti – Eppure l’industria della gestione dei rifiuti sostiene che l’incenerimento e il coincenerimento possano apportare benefici nella lotta al cambiamento climatico e nella riduzione del consumo di combustibili fossili. Secondo il settore “l’elettricità e il calore prodotti dai rifiuti attraverso l’incenerimento e la digestione anaerobica sono generati da una fonte locale”, dunque “affidabile e sicura” che consente di “diversificare l’approvvigionamento energetico”, accelerando finanche anche la diffusione delle rinnovabili. Questo sarebbe valido soprattutto per quanto riguarda “le reti di teleriscaldamento e raffreddamento”. Zero Waste, però, spiega che “non è credibile” indicare l’incenerimento dei rifiuti come energia rinnovabile, ricordando che al vertice della gerarchia della gestione dei rifiuti c’è la prevenzione. Zero Waste Europe invita, dunque, le autorità locali, regionali e nazionali a dare la priorità agli investimenti che aiutano a decarbonizzare il settore dell’energia e dei rifiuti, invece di accrescere il numero di impianti “che sono già le fonti di energia a più alte emissioni di carbonio in alcuni paesi europei”. “Gli obiettivi dovrebbero essere – aggiunge – la riduzione dei consumi (e dei rifiuti) e la massimizzazione del riciclo dei materiali a fine vita, anche attraverso l’uso di sistemi di raccolta differenziata dei rifiuti”.