Rimarrà in carica come leader dei Conservatori fino a quando non sarà deciso il suo successore e il voto, hanno spiegato dal partito, si svolgerà entro il 28. L'addio a Downing Street dopo solo 45 giorni. Starmer (Labour): "Elezioni subito"
“Data la situazione, non posso attuare il mandato per cui sono stata eletta”. Il primo ministro britannico Liz Truss, in un breve messaggio pronunciato davanti al 10 di Downing Street, ha annunciato le sue dimissioni da leader dei conservatori britannici e, dunque, da premier. Il governo, ha dichiarato, “ha ottenuto risultati sulle bollette energetiche“, oltre a “delineare una visione per un’economia a bassa tassazione e alta crescita che sfrutterebbe le libertà della Brexit“. Ma, precisando di essere entrata “in un momento di grande instabilità economica e internazionale”, ha spiegato di non potere dare seguito al suo mandato.
Truss è rimasta in carica per soli 45 giorni, il mandato più breve dei primi ministri del Regno Unito. Il secondo, sottolineano i media britannici, fu quello di George Canning, rimasto in carica per 119 giorni prima di morire nel 1827. Il voto per la nuova leadership, ha affermato sir Graham Brady, presidente del Comitato 1922 (organo del partito che regola la scelta dei leader), si terrà entro il prossimo 28 ottobre. Fino all’elezione del nuovo leader Tory, la premier rimarrà in carica. Il 31 ottobre avrà luogo la dichiarazione di bilancio.
La valanga politica – Il 5 settembre Truss viene eletta leader del partito conservatore, battendo il rivale Rishi Sunak. Solo tre giorni dopo, l’8 settembre, muore la regina Elisabetta all’età di 96 anni, dopo avere regnato per 70 anni. Il 23 settembre, tra le prime importanti iniziative economiche del neo-governo Truss, il Cancelliere per lo scacchiere Kwasi Kwarteng annuncia il cosiddetto ‘mini-budget’ che include circa 45 miliardi di sterline in tagli alle tasse. Una mossa che allerta i mercati, tanto che pochi giorni più tardi la sterlina fa segnare il suo valore più basso di sempre nei confronti del dollaro americano. Ad inizio ottobre, arriva la prima inversione a U, con Truss e Kwarteng che decidono di non di tagliare più l’aliquota più alta dell’imposta sul reddito, scelta che aveva scatenato forti critiche all’interno del partito conservatore. Il 14 ottobre arriva così la decisione di Truss di licenziare Kwarteng e sostituirlo con Jeremy Hunt. Insieme ad Hunt arriva un’altra inversione a U, con la decisione di rivedere la maggior parte dei tagli fiscali programmati. Il nuovo Cancelliere ammette poi che le tasse sono destinate a salire. Le critiche nei confronti di Truss aumentano, sia all’interno del suo partito, sia da parte dell’opposizione. Truss prova a difendere le sue scelte, affermando che “sono tutte prese per assicurare la stabilità del Pase”. Ma non basta, e oggi, il 20 ottobre, dopo solo sei settimane, è arrivato l’annuncio delle dimissioni. A seguito dell’annuncio di dimissioni, il leader dell’opposizione britannica, il laburista Keir Starmer, ha chiesto elezioni “subito”, mentre Hunt ha già precisato che non intende candidarsi per la leadership del partito Conservatore.
Tra i primi a commentare le dimissioni il presidente francese Macron, che si augura “la Gran Bretagna possa trovare stabilità il prima possibile”, per il bene “nostro e dell’Europa“. Da Mosca arriva invece il commento durissimo della portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, secondo cui Truss “verrà ricordata per la sua terribile ignoranza. La Gran Bretagna – ha detto – non ha mai avuto un primo ministro così imbarazzante”. Dagli Stati Uniti il capo dello Staff della Casa Bianca Ron Klain hanno garantito di mantenere stretti rapporti con la Gran Bretagna, chiunque sarà il suo premier. “Tutto quello che voglio dire è che il nostro paese ha sempre avuto un rapporto speciale con il Regno Unito, indipendentemente dalla politica del loro primo ministro”, ha affermato Klain.
La carriera di Liz Truss – È stata la terza donna a ricoprire il ruolo nella storia del Paese, dopo le conservatrici Margaret Thatcher e Theresa May. Entrata in carica il 6 settembre, era stata votata per succedere a Boris Johnson da 81.326 membri del partito dei Tory, che l’hanno preferita all’ex capo del tesoro Rishi Sunak, che ha ottenuto 60.399 voti. Fatale è stato il maxi piano annunciato dal suo governo per il rilancio dell’economia, la cui assenza di garanzie di coperture ha scatenato turbolenze sui mercati, costringendola a fare marcia indietro e scusarsi. Truss ha forgiato la sua immagine su quella della Thatcher. Sono stati diversi i richiami all’ex premier: dalla foto scattata a bordo di un carro armato dell’esercito britannico in Europa orientale (simile a quella della Lady di ferro durante la Guerra fredda) alla camicetta con un fiocco, in stile Thatcher, indossata dalla ministra durante un dibattito televisivo.
Truss, 46 anni, è nata a Oxford nel 1975 da un professore di matematica e un’infermiera. Truss ha frequentato un liceo pubblico a Leeds, nel nord dell’Inghilterra, e ha poi studiato filosofia, politica ed economia all’Università di Oxford, dove per un breve periodo ha fatto parte dei liberaldemocratici centristi e ha chiesto l’abolizione della monarchia. Sposata con Hugh O’Leary, e con due figlie adolescenti, Truss ha lavorato come economista per il gigante dell’energia Shell e per l’azienda di telecomunicazioni Cable and Wireless, e per un think tank di destra, si è impegnata nella politica conservatrice e ha sposato le idee thatcheriane del libero mercato.
Si è candidata due volte senza successo al Parlamento, prima di essere eletta nel 2010 nel seggio di Southwest Norfolk, nell’Inghilterra orientale. Al referendum del 2016 sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea si è schierata per il ‘remain’. Ma poi ha fatto parte del governo Johnson, fortemente pro-Brexit, prima come segretaria al Commercio e poi agli Esteri, guadagnandosi le simpatie dei brexiteer del partito conservatore. Come ministra degli Esteri è stata in prima linea nel sostegno all’Ucraina e alle sanzioni occidentali contro la Russia. Ha anche avuto un ruolo di primo piano nel braccio di ferro tra Londra e Bruxelles per gli accordi commerciali post-Brexit.