E’ solo un’intesa massima, con cui i leader passano ancora una volta la palla alla Commissione europea rinviando le decisioni concrete a novembre. Ma, viste le premesse della vigilia, il risultato raggiunto dai leader europei a Bruxelles sembra un mezzo successo. “Il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo sull’energia. Prevalgono unità e solidarietà. Si è concordato di lavorare su misure per contenere i prezzi dell’energia per le famiglie e le imprese”, ha annunciato il presidente Charles Michel in piena notte, dopo che giovedì le trattative tra i 27 Stati membri sembravano essersi di nuovo arenate. Nel documento finale si legge che “il Consiglio europeo richiama il Consiglio e la Commissione a proporre con urgenza decisioni concrete” su una serie di misure, tra cui “acquisto congiunto volontario di gas”, “l’accelerazione delle negoziazioni con partner affidabili”, “un nuovo benchmark complementare entro l’inizio del 2023 che rifletta in modo più accurato le condizioni del mercato” e soprattutto “un corridoio dinamico temporaneo dei prezzi sulle transazioni per limitare immediatamente gli episodi di prezzi eccessivi”. Cioè quel price cap variabile proposto dalla Commissione e caldeggiato dal premier italiano uscente Mario Draghi, che stando a fonti europee ha messo in chiaro che non avrebbe accettato un ennesimo documento vago e generico. E ora festeggia: “È andata bene“. I Paesi del Sud Europa hanno anche incassato una cautissima apertura a eventuale nuovo debito comune: tra le misure, infatti, figura “la mobilitazione di rilevanti strumenti a livello nazionale e Ue” con l’obiettivo di “preservare la competitività globale dell’Europa e per mantenere il level playing field e l’integrità del mercato unico“. L’intesa ha fatto calare le quotazioni al Ttf di Amsterdam, in calo a 117 euro al Megawattora.
We have a deal on #energy.
There is a strong and unanimous commitment to act together, as Europeans, to reach three goals:
▪️lower prices
▪️guarantee the security of supply and
▪️continue to work to reduce demand.#EUCO pic.twitter.com/A2KBHJ72FL— Charles Michel (@CharlesMichel) October 21, 2022
Non si tratta nemmeno questa volta, evidentemente, di un pacchetto definito. Bensì solo di linee guida dalle quali la Commissione europea dovrà ripartire per produrre un documento finale da sottoporre nuovamente al Consiglio. “Abbiamo concordato” nella “mobilitazione di tutti gli strumenti, nazionali e comunitari”, dice Michel in conferenza stampa, aggiungendo che “è stata ribadita la determinazione a lavorare assieme per proteggere il mercato interno”. Sul tetto al prezzo, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen spiega: “Istituiremo un meccanismo di correzione proprio per limitare gli episodi di prezzi eccessivi del gas e per fare in modo che ci sia un chiaro ordine nella costruzione del mercato”. Su questo punto, il cancelliere tedesco Olaf Scholz però ancora una volta frena, spiegando che sul price cap “c’è ancora molto lavoro tecnico da fare, con molte questioni che non sono semplici e dovranno essere esaminate da molte persone”, ha detto . I leader Ue, ha spiegato, hanno “definito parametri di riferimento precisi” sulle diverse questioni energetiche e ora il price cap “dovrà essere ulteriormente discusso dai ministri dell’Energia nelle prossime settimane. Se ciò non avrà successo, il Consiglio europeo dovrà tornare al tavolo”, ha evidenziato facendo riferimento a una possibile nuova riunione dei capi di Stato e di governo. “La nostra speranza è ovviamente che una decisione consensuale possa essere raggiunta”.
La capa di Palazzo Berlaymont annuncia che sono stati destinati “40 miliardi di euro” da fondi di coesione non utilizzati “per sostenere piccole, medie e grandi imprese”. E aggiunge: “Abbiamo avuto un ottimo Consiglio europeo. Ora abbiamo una tabella di marcia molto buona e solida per continuare a lavorare sul tema dei prezzi dell’energia. I leader ci hanno fornito una guida strategica sulla proposta che abbiamo messo sul tavolo martedì e che sarà discussa la prossima settimana martedì dai ministri dell’Energia”.
Oltre a questo, per far fronte alla crisi energetica i 27 leader hanno anche affrontato la questione della possibilità di emettere nuovo debito comune dell’Unione, come fatto per affrontare le conseguenze della pandemia. Una soluzione che, se dovesse vedere la luce, rappresenterebbe una vittoria per l’Italia, tra i Paesi che più hanno spinto per un nuovo debito comune. Tra le misure, infatti, figura “la mobilitazione di rilevanti strumenti a livello nazionale e Ue” con l’obiettivo di “preservare la competitività globale dell’Europa e per mantenere il level playing field e l’integrità del mercato unico”. Entro l’inizio di novembre la Commissione “si esprimerà molto chiaramente” sul price cap “e andremo avanti spediti anche sulla solidarietà finanziaria”, ha spiegato Emmanuel Macron secondo il quale, su quest’ultimo punto, le opzioni di Bruxelles sono due: uno Sure 2 oppure utilizzare i prestiti ancora disponibili (circa 200 miliardi) oggi nel quadro del RePowerEu, “dando un po’ di flessibilità”.
L’impressione è che i cosiddetti ‘frugali’ del Nord puntino alla seconda opzione, come testimoniano le dichiarazioni del premier olandese Mark Rutte: “Prima di tutto dobbiamo usare i fondi che abbiamo e solo dopo valuteremo cosa potrebbe essere necessario. Siamo disposti ad accettare che la Commissione, se si renderà necessario, faccia le sue proposte” per nuovi fondi comuni e “allora potremo valutare quelle proposte, ma ora non stiamo prendendo alcuna decisione perché ci sono così tante risorse a disposizione che nel prossimo futuro non arriveremo al punto” di averne bisogno. Ma dalla Germania dopo mesi di muro qualche concessione è arrivata. “Abbiamo preso una decisione che dà il mandato” alla Commissione europea “di indagare su ciò che è possibile fare“, ha affermato il cancelliere tedesco Olaf Scholz . “Il focus è ovviamente sui fondi che abbiamo già”, ha precisato indicando la preferenza per l’utilizzo delle risorse già previste dal Recovery Fund e dal RePowerEu. “C’è ancora bisogno di discutere molto, il dibattito continuerà”.
Su questi punti, però, non si è trovata una completa unità. È il caso dell’Ungheria di Viktor Orban che, come ha spiegato lo stesso primo ministro all’uscita dal vertice, “se anche ci fosse un tetto al prezzo del gas in Europa, l’Ungheria ne è esentata. Se anche ci fosse una piattaforma comune di acquisti del gas in Europa, questa non sarà obbligatoria per l’Ungheria“. Il primo ministro ha assunto posizioni fortemente critiche, bollando come “la più grande minaccia per l’Ungheria” il pacchetto di misure. “Accettandole – ha aggiunto – avremmo rischiato che le consegne di gas in Ungheria si interrompessero nel giro di pochi giorni. È stata una lunga battaglia, ma siamo riusciti a proteggere gli interessi nazionali”.