Le accuse a vario titolo sono di corruzione, turbativa d'asta, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, riciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Coinvolti dirigenti della Regione siciliana, manager delle Aziende sanitarie provinciali (Asp) di Palermo ed Enna
“Prima vedere cammello. Remember?” Gianluca Vancheri, funzionario e assistente amministrativo presso l’Asp di Enna usa metafore colorite, e, secondo la gip di “una chiarezza lampante”. Parla in chat con Salvatore Manganaro cogestore assieme a lui delle procedure amministrative di competenza dell’ente e, in particolare, della “procedura aperta per l’affidamento del servizio di Assistenza Domiciliare Respiratoria. La chat emersa dai sequestri dei finanzieri sui dispositivi di Manganaro, già arrestato nel primo filone d’inchiesta “Sorella sanità”, secondo gli inquirenti risale all’8 ottobre del 2019, e come la definisce la gip, Clelia Maltese, è di “una chiarezza lampante”. Soprattutto nel seguito della conversazione: “Il cammello come se lo avessi. Mi vedo domani e mi chiarisce quanto”, rassicura Manganaro. Ma poco dopo Vancheri diventa ancora più esplicito: “Vedi tu boss… io per cinque spicci un mi smuovo…. The game un vali a candela (il gioco non vale la candela, ndr)”. E poi ancora Vancheri, più in là nella conversazione quantifica: “50 in acconto e subito e penso a tutto io e per il resto ci sei tu con me…”, perché “beneficenza a nuddu – continua -. Il mio culo e il tuo hanno un valore”. Una conversazione in cui “è evidente”, secondo quanto si legge nell’ordinanza, come Vancheri pretenda “un immediato acconto di 50 (50.000,00 Euro) per continuare ad avvantaggiare Althea o meglio per indicare ad Althea come fare per poter continuare ad eseguire il contratto da sola”. Si tratta del contratto per l’assistenza domiciliare respiratoria dell’Asp di Enna, dalla quale verranno escluse altre società.
Solo uno spaccato del contesto emerso dalla nuova tranche dell’inchiesta sulle mazzette negli appalti banditi dalle aziende sanitarie siciliane. Un’indagine che aveva portato a processo manager e faccendieri e che oggi ha portato all’arresto di altre 10 persone, tra cui un carabiniere dei Nas. Dopo la prima tranche, Fabio Damiani, ex responsabile della centrale unica di acquisto, e Salvatore Manganaro, suo uomo di fiducia, hanno raccontato agli inquirenti i particolari sul giro di tangenti imbastito ai danni delle strutture sanitarie pubbliche. Al termine del nuovo filone d’inchiesta, scaturito dalle loro dichiarazioni, è scattato l’arresto in carcere per Vancheri. Mentre ai domiciliari sono finiti l’avvocato milanese Stefano Mingardi, il luogotenente dei Nas Lillo Li Pomi, e due referenti della società Althea spa, Giuseppe Bonanno e Cristian Catalano. Nei confronti di quest’ultimo però il Riesame ha in seguito disposto la liberazione, dichiarando l’incompetenza territoriale del gip di Palermo e disponendo il trasferimento degli atti al Enna.
Ad altri cinque indagati è stato notificato, invece, l’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria: si tratta di Luigi Giannazzo, amministratore delegato della società Dedalus Italia spa, Giuseppe Gallina, amministratore della Healtech srl, Alberto Vay, e Claudio Petronio, dirigenti della Vivisol srl, Massimiliano D’Aleo, referente della Generay srl. Sono almeno sei le gare oggetto di questo nuovo filone, tutte truccate a favore di società conniventi che garantivano entrate economiche extra agli interessati. Al centro del giro di corruzione, Fabio Damiani, chiamato in codice nelle intercettazioni “sorella”, aiutato dal faccendiere Manganaro. In interrogatori separati i due hanno raccontato versioni combacianti, comprovate da intercettazioni ma anche dagli appunti tenuti da Manganaro e rintracciati nei dispositivi sequestrati.
Nel mirino delle indagini del Nucleo di polizia economico della Guardia di finanza, guidata dalla procura di Palermo, ora guidata da Maurizio De Lucia, sono finiti appalti di vario genere: per la realizzazione e gestione del sistema informativo dell’Asp Palermo (per un valore complessivo di 11.494.480 di euro che ha fruttato a Damiani una tangente di 700 mila euro), gestione di apparecchiature elettromedicali, affidamento dei servizi integrati di gestione e manutenzione di apparecchiature di bassa, media ed alta tecnologia in uso ai presidi della Asp di Palermo. Ma ancora, servizi di pulizia, servizi per la gestione energetica, e servizi di ossigenoterapia domiciliare. Appalti ultra milionari che venivano affidati da commissioni presiedute da Damiani, per conto del quale, brigava nelle retrovie Manganaro. “Luigi buonasera, scusa l’ora ma stavo facendo due ragionamenti e… questo mese ti chiedo se puoi fare il possibile entro il 2 giugno… fine mese pesante… e il 4 giugno faccio anche quarant’anni…”, così Salvatore Manganaro si rivolgeva su whatsapp a Luigi Giannuzzo, rappresentante legale di Sicilia Sistemi Tecnologie s.r.l., società appartenente al gruppo Dedalus, al quel sollecitava – stando a quanto emerso dalle indagini – il pagamento delle tangenti. Così appare anche dall’esame dell’agenda di Manganaro, nel quale una pagina veniva “intitolata espressamente Dedalus – riporta la gip – nella quale sono riportati una serie di aggiornamenti scanditi temporalmente riferibili alla evoluzione della commessa gestita dalla citata Dedalus per l’Asp di Palermo”.
Pressioni, accordi, veicolati da discorsi neanche troppo velati, che in un caso hanno visto anche il coinvolgimento del maresciallo dei Nas, Lillo Li Pomi: “Mi chiese esplicitamente di intervenire sulla gara degli elettromedicali presentandomi Massimo D’Aleo”, così ha riferito Damiani agli inquirenti. Rapporti confermati da intercettazioni e che portano la gip a scrivere: “Approfittando del suo ruolo di carabiniere dei Nas e soprattutto di informazioni di cui era a conoscenza anche grazie al suo pubblico ufficio abbia esercitato pressioni su Damiani, quale presidente della commissione della gara Asp relativa alla manutenzione delle apparecchiature elettromedicali, affinché venisse favorita l’impresa amica. Adesso, per tre aziende, la Healthech, la Vivisol e la Althea è scattato anche il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, per un anno. Mentre la gip ha chiesto anche il sequestro preventivo di 700 mila euro nei confronti di Damiani, Manganaro, Giannazzo e Dedalus spa e di 7 mila euro per Damiani, Manganaro, Alberto Vay, Claudio Petronio e Vivisol srl.