Biden rifiuta il dialogo con Putin perché non ha niente da ottenere. Per comprendere il senso di questa affermazione, occorre sapere che Putin ha sconfitto il progetto di Biden di includere l’Ucraina nella Nato nel momento stesso in cui ha sfondato il fronte. In questo senso, Putin ha già vinto, ci ha già sconfitti, il 24 febbraio 2022.
Non potendo trasformare l’Ucraina in una nuova Polonia, Biden la trasforma in una nuova Siria programmando una guerra di lunga durata nel cuore dell’Europa per danneggiare la Russia attraverso la strategia del dissanguamento. La difesa della democrazia non ha niente a che vedere con l’intransigenza del presidente americano. Se Biden fosse animato da ideali di libertà, non abbandonerebbe l’Afghanistan democratico ai talebani appoggiando altrove le dittature più brutali.
Vi è un secondo tormento che scava nelle carni di Biden rendendogli il dialogo indigesto.
Immaginando che questa invasione un giorno abbia una fine, i leader europei del futuro sarebbero ugualmente costretti a vivere nella paura di precipitare in una nuova guerra nel caso in cui la Casa Bianca tenti nuovamente di assorbire l’Ucraina nella Nato. Ad avere paura sarebbero anche milioni di ucraini costretti a fare i conti con una memoria collettiva fondata sul trauma dell’invasione di febbraio.
Ad affliggere Biden vi è anche la consapevolezza che la paura di una nuova guerra morderebbe l’Europa anche con un cambio di guardia al Cremlino. Il bellissimo libro sul trauma dello psichiatra Bessel van der Kolk, The body keeps the score, aiuta a comprendere l’ostilità di Biden al dialogo meglio di qualunque libro di teoria delle relazioni internazionali. Insomma, la Nato avrebbe il passo sbarrato anche se Putin si ritirasse dal Donbass, Kherson e Zaporizhzhia, o se fosse assassinato.
Fino a quando la Nato e la Russia saranno eserciti nemici, i successori di Putin vedranno le armi occidentali in Ucraina come una minaccia esistenziale per la Russia. Il problema non è la personalità di Putin, ma la contiguità territoriale di due schieramenti armati l’uno contro l’altro, animati da un grande odio politico che scatena un dilemma per la sicurezza permanente.
Oggi molti studenti capiscono che la penetrazione della Nato in Ucraina sta rischiando di innescare la tipica reazione a catena che dà vita alle guerre mondiali. Speriamo che i più giovani investano questa consapevolezza per costruire un ordine internazionale più pacifico per i loro figli. Arriveremo al cessate il fuoco programmando il dialogo e non l’invio indefinito di armi pesanti. Ben venga la manifestazione per la pace del 5 novembre.