L'ex enfant prodige di Berlusconi non ha ottenuto il dicastero dei Rapporti col Parlamento che Meloni ha deciso di blindare. Apparso compassato e deluso, potrò avere un ruolo di sottogoverno ma più probabile che sia il federatore di un centro moderato in caso di crisi al buio
“Scusa sono a un matrimonio, mi dovresti richiamare”. Il matrimonio non è quello di Maurizio Lupi, che molti fino a ieri davano prenotato per un altro giuramento, quello nel governo Meloni dal quale, a sorpresa, è stato escluso. Il decano di Forza Italia, poi fondatore di “Noi Moderati”, nella lista dei ministri invece non c’è. Ieri era apparso defilatissimo e quasi triste nelle foto di rito: quando Meloni esce dalle consultazioni per formare il nuovo governo ha dietro di sé tutti i big della maggioranza, Lupi è accanto a Salvini, guarda il pavimento compassato, come fanno i convocati dall’allenatore ma per restare in panchina. “Eh ma io lo ripetevo e nessuno mi credeva”, dice prima di riattaccare, minimizzando così l’impressione generale della grande delusione.
La mancata designazione ha almeno due spiegazioni possibili, ma il sicuro effetto è di spostare a destra gli equilibri del nascente governo che non ha un “centro” utile ad annacquarne almeno un po’ la componente conservatrice, nostalgica, sovranista e via dicendo. Esigenza tanto più sentita da che il leader di Forza Italia, mosso d’appetito di ministeri e smania di protagonismo, ha mandato alle ortiche ogni moderazione a suon di intemerate contro la Meloni, bottiglie di Vodka per Putin e via dicendo. Dopo l’imbarazzo che le ha causato, risuonato in tutte le cancellerie d’Europa che bramavano professioni d’atlantismo del nuovo esecutivo, quelle uscite hanno avuto l’effetto opposto a quello sperato: hanno consentito alla premier in pectore di togliersi i guantoni e concedere pochissimo all’alleato.
Meloni mette all’angolo il pugile suonato minacciando di non far nascere alcun governo. Forza Italia a quel punto ottiene i suoi cinque ministeri, che sono un bottino non magro ma quelli sono: tre con portafoglio (Esteri, Ambiente e Università) due senza (Pa e Riforme). Niente Giustizia, non lo Sviluppo Economico per la Ronzulli né deleghe all’editoria. Lupi paga pegno alla sconfitta di Berlusconi, oltre ai modesti risultati che il suo partitino ha raccolto nella tornata elettorale che ha cambiato il governo nel Paese.
Va anche detto che era accreditato (per alcuni lui stesso desiderava) come ministro per i rapporti con il Parlamento, incarico non a caso andato poi a Fratelli d’Italia con il friulano Luca Ciriani, già capogruppo di Fdi al Senato come il genero della Meloni, Francesco Lollobrigida, alla Camera. E un motivo sotto sotto c’è. I rapporti tra Meloni e Berlusconi non sono risolti e si rischia di creare lo stesso logorio dei tempi moderni delle trattative per l’esecutivo, la cui tenuta è tutt’altro che scontata.
Lupi e altri grandi esclusi a causa del ring tra Giorgia e Silvio possono rientrare dalla finestra con gli incarichi di sottogoverno. Ma forse sotto sotto e davanti per Lupi si prepara un altro destino, un ruolo da “Tabacci del centrodestra” che verrà dopo B. “E’ destinato a cosa più grandi”, rivela una fonte al Foglio. Traduzione: il suo posto virtuale può essere quello di un generatore di corrente per un gruppo centrista che rabbocchi la maggioranza qualora si spenga la luce in Parlamento. Quel centro, costituito come gruppo, potrebbe allora rabboccare e alimentare i voti qualora Fratelli d’Italia fosse costretta a cercarne guardando oltre quelli dei forzisti berlusconiani. Visto il numero di delusi in Forza Italia, certificato anche dagli audio trafugati del loro leader che sbrocca, i candidati al “nuovo centro” non mancano.