Mentre il congresso del partito comunista cine se che sancirà il mandato a vita per il presidente Xi Jinping nel paese ci si interroga sulle parole del leader in merito ad una non meglio precisata regolamentazione della ricchezza provata. Si ipotizza che Pechino possa iniziare a tassare proprietà e successione delle fasce più abbienti della popolazione in un’opera di redistribuzione nell’ambito del più ampio obiettivo della “prosperità comune”. Diversi economisti cinesi vicini al governo hanno prospettato la possibilità di una grande riforma fiscale. L’agenzia Bloomberg riposta che Liu Yuanchun, il presidente della Shanghai University of Finance and Economics, questa settimana ha sostenuto nuove tasse sugli immobili. Su Hainan, ricercatore presso la China Association for Labor Studies, ha suggerito che le plusvalenze dovrebbero essere tassate adeguatamente. Li Shi, professore all’Università di Zhejiang, ha lanciato una possibile imposta di successione.
Xi Jinping nei suoi interventi ha promesso di “migliorare il sistema dell’imposta sul reddito delle persone fisiche” e ha chiesto un sistema “ben regolato” di accumulazione della ricchezza. “Se fossi un individuo molto ricco in Cina inizierei a preoccuparmi”, ha affermato Alicia Garcia Herrero, capo economista per l’Asia della francese Natixis, spiegando che le azioni del governo riguarderanno soprattutto le persone che appartengono al “picco” della distribuzione della ricchezza e del reddito. Pechino sta considerando di introdurre tasse sugli immobili da almeno un decennio ma non le ha mai imposte a livello nazionale. La fase di turbolenza di profonda crisi dell’ immobiliare lascia supporre che non ci saranno interventi radicali a breve ma il dossier rimane aperto. L’imposta sul reddito genera una quota di gettito molto inferiore rispetto ai paesi sviluppati e finora Pechino ha esentato i singoli investitori dal pagare le tasse per i profitti realizzati dagli investimenti finanziari. Il paese non ha nemmeno implementato una tassa di successione.
Liu Shangxi, responsabile dell’Accademia cinese delle scienze fiscali, ha chiesto di riformare il sistema “hukou” e consentire ai migranti nelle città un accesso più facile a benefici sociali come l’istruzione e l’assistenza sanitaria. Le riforme di tale sistema porrebbero gli agricoltori su un piano di parità con i residenti urbani e li aiuterebbero a sfruttare guadagni da beni come la proprietà, ha affermato Liu, il cui think tank opera sotto il Ministero delle Finanze. Con una politica quasi sconosciuta tra i paesi del mondo, la Cina divide sin dalla nascita la sua popolazione in due categorie: urbana e rurale. Questa classificazione, codificata in un permesso di soggiorno, o hukou, in genere rimane per tutta la vita e determina a quale tipo di istruzione, assistenza sanitaria e altri servizi sociali si può accedere. Nel corso degli anni la disuguaglianza tra abitanti delle città e residenti rurali si è progressivamente allargata. Oggi, circa 800 milioni di persone in Cina sono titolari di un permesso di soggiorno rurale.