Moda e Stile

ApritiModa, il nostro viaggio alla scoperta di Alberta Ferretti, Serapian, Osti Ricami e l’antica sartoria Domenico Caraceni

Scegliere tra gli appuntamenti in programma è stata un’impresa ardua: noi di di FqMagazine abbiamo quindi deciso di fare un tour che fosse, nel suo piccolo, rappresentativo. Osti Ricami, un laboratorio artigianale dove nascono i ricami più preziosi per gli abiti di alcuni dei marchi più importanti dell’alta moda, non solo italiana; lo showroom di Alberta Ferretti, racchiuso in uno dei palazzi storici di Milano e sede di molte sfilate del brand; l’antica sartoria Domenico Caraceni, che nei suoi 100 anni di storia ha confezionato abiti su misura per i potenti del mondo e i volti del jet set internazionale. Poi, dulcis in fundo, Serapian, la pelletteria artigianale fondata nel 1928 e giunta alla terza generazione

Quali sono le caratteristiche imprescindibili di un completo sartoriale? Quante ore di lavoro ci vogliono per una giacca da smoking? E per realizzare una borsa di pelle fatta a mano? Cosa c’è dietro alle creazioni dei grandi stilisti? E dove nascono? Lo sapevate che per realizzare i preziosi ricami degli abiti di alta moda ci possono volere mesi di lavoro? C’è tutto un mondo da scoprire tra palazzi storici, cortili nascosti, vecchie fabbriche reinventate, laboratori artigianali: le roccaforti della moda, tradizionalmente chiuse al pubblico, anche quest’anno per due giorni hanno aperto le loro blindatissime porte rivelando ai visitatori i segreti e la sapienza antica che si celano nella moda italiana, un’eccellenza che tutto il mondo ammira e ci invidia ma anche una risorsa cruciale per il nostro Paese dal momento che che ben il 70% del lusso mondiale è infatti prodotto in Italia, con un giro d’affari che nel 2022 è tornato a sfiorare i 100 miliardi di euro. Sabato 22 e domenica 23 ottobre è tornata ApritiModa, l’iniziativa che apre al pubblico per un weekend luoghi un tempo conosciuti e frequentati solo dagli addetti ai lavori per far scoprire come nascono le eccellenze del Made in Italy. Il progetto, che gode del patrocinio di Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Cultura, Ministero dello Sviluppo Economico e Comune di Milano, in partnership con Camera Nazionale della Moda Italiana, è giunto quest’anno alla sua sesta edizione, con oltre 100 realtà in tutta Italia che hanno deciso di aprire le proprie porte organizzando visite gratuite ma tutte con prenotazione obbligatoria. Scegliere tra gli appuntamenti in programma è stata un’impresa ardua: noi di FqMagazine abbiamo quindi deciso di fare un tour che fosse, nel suo piccolo, rappresentativo. Osti Ricami, un laboratorio artigianale dove nascono i ricami più preziosi per gli abiti di alcuni dei marchi più importanti dell’alta moda, non solo italiana; lo showroom di Alberta Ferretti, racchiuso in uno dei palazzi storici di Milano e sede di molte sfilate del brand; l’antica sartoria Domenico Caraceni, che nei suoi 100 anni di storia ha confezionato abiti su misura per i potenti del mondo e i volti del jet set internazionale. Poi, dulcis in fundo, Serapian, la pelletteria artigianale fondata nel 1928 e giunta alla terza generazione.

OSTI RICAMI – Il nostro tour inizia proprio da qui, da questo scrigno delle meraviglie nascosto dietro la facciata anonima di uno dei tanti palazzi milanesi del quartiere Ticinese. Basta salire pochi scalini per trovarsi nel regno di Luisa Pelosio, che gestisce l’atelier di broderie fondato nel 1920 dalla sorella di suo nonno, Pia Osti, portando avanti questo antico mestiere che richiede un’esperienza e un’abilità uniche nel loro genere. “Un ricamo deve avere la stessa materia dei sogni e la stessa trama”, ci dice guidandoci alla scoperta del suo laboratorio, dove il tempo sembra essersi fermato. È proprio questo grande rispetto della tradizione inaugurata dalla prozia a fare della Osti Ricami ancora oggi un punto di riferimento per l’alta moda internazionale. La passione di Luisa per il bello, per l’arte in tutte le sue declinazioni e, soprattutto, per questo lavoro sono tangibili: “Per creare un ricamo parto sempre dalla costruzione di una storia. Lo spunto mi può arrivare da un colore, una suggestione o semplicemente dall’occasione d’uso del capo su cui andrà ad inserirsi”, ci spiega. Tutto qui viene fatto a mano con l’ausilio di telai, aghi e crochet: cristalli, perle, perline, paillettes sono cuciti sui tessuti uno ad uno, tutti alla stessa distanza, con una sapienza e una precisione che solo le mani più esperte possono avere. Anche i ricami a macchina sono tutti eseguiti manualmente e alcune di queste lavorazioni avvengono, addirittura, a “mano libera”, ovvero senza l’ausilio di disegni preparatori ma solo la sapienza di chi li realizza. Per questo ci possono volere poche decine di ore o addirittura mesi e mesi per realizzare questi capolavori che poi finiscono sui capi che vediamo in passerella e nei guardaroba di principesse arabe o, addirittura, vanno a costituire delle opere d’arte. “Lavoriamo con le grandi case di moda come Prada e Louis Vuitton, ma anche con le sartorie di tutto il mondo che confezionano su misura per i clienti più esigenti. Quello che vedete è il risultato dell’incontro tra le esigenze della committenza e la mia creatività: ho la fortuna di aver a disposizione un immenso archivio, con i campioni originali dei ricami di Christian Dior, Cristobal Balenciaga e altri grandi couturier, oltre che, ovviamente, di mio nonno Ernesto e di sua sorella Pia. Una linfa inesauribile per la mia immaginazione”. Così non si limita alla realizzazione dei ricami più preziosi, ma va alla costante ricerca di soluzioni innovative, sia inventando soggetti e mix sempre nuovi, sia utilizzando materiali inaspettati: “Una volta abbiamo usato dei gherigli di noce al posto delle perline”, ci racconta. La richiesta di lavori è alta ma non è facile trovare chi Sa fare questo mestiere: ci vogliono tanta dedizione e, soprattutto una precisione maniacale per perseguire quella perfezione assoluta che ha reso questo laboratorio uno dei più importanti centri della moda italiana. Per questo Luisa Pelosio ha istituito dei corsi di formazione: “C’è sempre da imparare per chi fa questo lavoro perché il ricamo è uno spazio creativo in cui la materia, il colore, l’arte e la tecnica dialogano tra loro”. E se dietro ad ogni abito c’è sempre una storia, dentro ad ogni ricamo Osti c’è la memoria di cento anni di eccellente artigianalità e una passione familiare.

ALBERTA FERRETTI – Marmo candido, ferro battuto, antichi affreschi, stucchi, saloni di rappresentanza. La seconda tappa di questo nostro tour ci porta a palazzo Donizetti, lo show-room milanese del Gruppo Aeffe, a pochi passi dalla sede della Prefettura. I saloni del piano nobile sono stati la cornice di tante sfilate-evento di Alberta Ferretti e ora ospitano una selezione di abiti che incarnano i canoni, lo stile e la potenza espressiva di questo brand simbolo di una femminilità ricercata, di un’eleganza senza tempo. Un racconto scandito da alcuni dei momenti più significativi della storia di Alberta Ferretti, dalla collezione di alta moda “Un Omaggio a Venezia”, agli abiti più speciali degli ultimi red carpet internazionali – incluso quello rosso corallo sfoggiato dall’ultima madrina del Festival del Cinema di Venezia, Rocio Munoz Morales al Lido – fino ai look più scintillanti dell’ultimo show autunno inverno 2022, che ci proiettano subito in un mood di festa. Da sempre promotrice e rappresentante delle eccellenze della moda italiana nel mondo, la stilista Alberta Ferretti non ha esitato ad accogliere l’invito di Cinzia Sasso, giornalista ideatrice di ApritiModa, e ha aperto così le porte del suo quartier generale ad un pubblico perlopiù di giovani: è stato emozionante vedere lo stupore nei loro occhi davanti alle spettacolari creazioni d’alta moda esposte, l’entusiasmo e la meraviglia nello scoprire il “dietro le quinte” degli abiti che sono soliti vedere solo in foto sui social o sui giornali.

SARTORIA DOMENICO CARACENI – Pochi metri più avanti, appena svoltato l’angolo, al civico 14 di via Serbelloni troviamo la sartoria Domenico Caraceni, fondata nel 1913 e da allora simbolo di eleganza, stile, altissima manifattura e Made in Italy nel mondo. Nei suoi quasi 110 anni di storia, infatti, la sartoria Domenico Caraceni ha confezionato abiti per tutto il jet set italiano e internazionale, i grandi divi di Hollywood, uomini politici e reali. Appena si apre la porta in legno che conduce alla sartoria, la prima cosa che si vede è proprio il muro con tutte le fotografie degli illustri clienti di Caraceni: c’è il principe Ranieri di Monaco, Aristotele Onassis con Jackie Kennedy, Gianni Agnelli, Tyron Power, Humphrey Bogart, Gary Cooper. E ancora Jack Nicholson, Pierce Brosnan, Luca Cordero di Montezemolo, Gianni Morandi e tanti altri, tra cui anche Bill Clinton, Diego Della Valle e Enzo Ferrari. Il segreto di questo successo sta nell’altissima artigianalità con cui il fondatore, Domenico Caraceni, approcciò questo mestiere, rivoluzionando l’abito maschile per conferirgli, per la prima volta, quella libertà di movimento necessaria nei tempi moderni. Ad accoglierci è il signor Fabbri, sarto da quando andava alle scuole elementari e ora impiegato della sartoria Caraceni: “Questo mestiere è tutta la mia vita. Ho iniziato come garzone dal sarto del mio paese, allora si usavano ancora i ferri a carbone. Adesso di anni ne ho 75, ho lavorato con Valentino per le sue collezioni di Alta Moda negli anni ‘60 e poi nelle maggiori di griffe di Via Montenapoleone. All’epoca i tailleur sartoriali da donna erano uno status symbol. Posso dire di aver visto la moda cambiare ed evolversi tra le mie mani”, ci racconta. Il metro intorno al collo, il gesso in mano, la classe d’altri tempi. Quando, ad un certo punto, entra un cliente, lui si congeda e gli corre incontro: “Devo prendere le misure, arrivo”, ci dice. È così che inizia la magia: prima la selezione del tessuto, poi la misura. Dopo quindici giorni la prima prova e le correzioni. o. Quindi il bozzetto di tela, poi il cartamodello da cui fare il taglio. In fase di lavorazione il cliente fa due prove, così che i vestiti che acquista gli siano letteralmente cuciti addosso. Poi, al momento del ritiro, un’ulteriore verifica e, nel caso, un ritocco last minutes. La spalla scesa, i revers accuratamente misurati, le asole rigorosamente realizzate a mano. Un capo su misura non ha stagioni né momenti perché la sua qualità lo rende intramontabile. E i dettagli, fanno la differenza: i due spacchi laterali, la tasca americana o sul fianco, la tasca alla carrettiera, il taschino in vita, i revers a lancia o classici. Come farli e perché scegliere un taglio rispetto ad una cucitura sono i segreti del mestiere, che solo i maestri sarti – elegantissimi, proprio come il signor Fabbri – sanno raccontare all’interno del loro tempio, tra specchi, gessetti, ditali e fili. Un completo Caraceni si riconosce all’istante perché realizzato ancora oggi con quella tecnica impeccabile che fa sì che vengano rispettate le giuste proporzioni, che vi sia un’armonia di linee che valorizzi il corpo di ogni cliente e renda il capo comodo. Non deve essere l’uomo o la donna (perché Caraceni veste anche femminile) ad adattarsi all’abito ma sono la tecnica e la competenza creativa del sarto che modellano il tessuto e lo trasformano in un pezzo unico. Un lusso, sicuramente, ma anche una qualità unica che tutto il mondo ci invidia.

SERAPIAN – Uscendo dalla sartoria Caraceni e proseguendo a piedi, giungiamo in via Mozart, nel cuore del cosiddetto “quadrilatero del Silenzio” di Milano. Da un lato Villa Necchi Campiglio, dall’altro Villa Mozart, un gioiello dell’architettura Deco progettato da Aldo Andreani e Piero Portaluppi. Abbracciata da edera lussureggiante fuori, dentro Villa Mozart è un panorama di soffitti affrescati, colonne in marmo, boiserie in legno e sculture di Eugenio Baroni e Antonio Maraini. È proprio qui che si trova l’atelier di Serapian, storica firma di pelletteria che dal 1928 è simbolo del raffinato stile milanese. Quella di Serapian è una storia legata a doppio filo con la città che la ospita: basta pensare agli stessi prodotti di pelletteria della maison, che vengono realizzati secondo i canoni estetici conosciuti come mano milanese per gli angoli smussati, la morbida fluidità del design e della pellene i dettagli discreti. Anche le palette si ispirano alla vita cittadina: una tonalità ricorrente nelle colorazioni Serapian è il ‘Giallo Milano’, anche conosciuto come ‘Giallo Maria Teresa’, un colore caldo – reso popolare dalla Regina Maria Teresa d’Austria e dalla sua tenuta Schonbrunn – che a Milano tinge ancora tanti palazzi. Salendo il prestigioso scalone d’onore si arriva così al piano nobile della villa, ora adibito a show-room. Il salotto è invece il cuore dell’attività bespoke, ovvero dove i clienti possono creare e commissionare i propri modelli completamente personalizzati e fatti su misura. Qui vi è infatti un antico armadio che custodisce i pellami più preziosi ed esclusivi fra cui scegliere. Proprio i materiali di altissima qualità, uniti ad un’attenzione ai dettagli, ad un gusto raffinato e a lavorazioni ancora assolutamente artigianali sono i principi fondanti di questa maison, ora guidata da Giovanni Nodari Serapian, terza generazione della famiglia dei fondatori. Ma il vero cuore dell’atelier sono i laboratori, dove ogni giorno le artigiane di Serapian intrecciano a mano il Mosaico, ormai motivo distintivo della maison che si ottiene con strisce di nappa d’agnello intrecciate tra loro a formare un pattern geometrico a scacchi. È qui che conosciamo la signora Anna, una delle maestre artigiane: la sua firma compare all’interno delle migliaia di borse che vengono create a partire dal suo meticoloso lavoro quotidiano. Osservarla mentre intreccia con grande precisione la pelle è ipnotico, un effetto a metà tra i mosaici bizantini e un origami giapponese. Ogni tela di Mosaico è fatta interamente a mano, per questo ogni singola borsa richiede più o meno 3 ore per il solo intreccio della nappa. Saremmo rimasti ore a chiacchierare con la signora Anna guardandola lavorare: “I giovani non sono attratti da questo mestiere. Vogliono creare le loro borse, non hanno la pazienza di imparare come nasce una borsa”, ci dice. “Invece ci vuole tanta esperienza – e tanta gavetta – se si vuole creare un prodotto di eccellenza”.