C’è una guerra nel cuore dell’Europa, una crisi energetica così conclamata che lo Stato ci fa il regalino di uno sconto alla pompa di benzina, un’aria funesta d’inflazione, con la recessione alle porte, e i bilanci di tutti, a cominciare da quelli pubblici, rischiano di sballare. Eppure, un fiume di denaro corre ancora dalle istituzioni, in mille rivoli, tanti così locali che nessuno fuori se ne accorge, per tenere in vita lo sci da discesa e il cosiddetto circo bianco dei campionati vari.

Più circo che bianco, verrebbe da dire: la stagione delle gare ‘agonistiche’ (sarebbe meglio dire ormai ‘agoniche’) si apre con Solden, e i termometri segnano un bel 15 gradi alla base del ghiacciaio di Otzal, più 15, e non va tanto sotto zero nemmeno in alto dove un po’ neve effettivamente era caduta. Quando arriva con queste temperature, il maltempo porta la pioggia e così sono saltati i primi slalom.

Il rosario degli annullamenti delle gare era già sgranato, vittime le prime specialità a minor peso affaristico, come lo snowboard e lo skicross che pur doveva essere ospitato in un celebre comprensorio francese dove si scia fino a 3.600 metri di quota.

In tutto l’arco alpino i meteorologi prevedono almeno altri sette giorni di caldo anomalo: lo zero termico ha toccato anche i 4mila metri. Il mastodontico progetto di una ‘Speed opening’ tra Zermatt a Cervinia, con le prime gare tra 29 e 30 ottobre (annullate pure quelle), si dovrà scontrare con una realtà che non permette nemmeno di preparare la neve artificiale intorno ai duemila metri e quindi potrebbe mancare clamorosamente la porzione finale di 300-400 metri, ovvero l’arrivo nella località su cui la Val d’Aosta tanto ha puntato.

A uscire dalla coltre d’ipocrisia ci ha pensato poi un campione olimpico come il francese Johan Carley: “Sono convinto che questa gara sia senza senso e senza futuro: è sufficiente osservare le condizioni dei ghiacciai, che peggiorano ogni anno”. Carley ha ammesso che una discesa di questo tipo al cospetto del Cervino, tra Svizzera e Italia, comporta un’enorme spreco di risorse, e ha citato il solo fatto che siano stati usati persino gli elicotteri per ‘tappare’ alla meno peggio i crepacci sui percorsi.

“Non credo che così si dia una buona immagine del nostro sport”, ha commentato Clarey, sottolineando in sovrappiù le difficoltà anche logistiche notevoli che dovranno affrontare le squadre e i seimila spettatori paganti che si prevedono: “È tutto molto complicato, serve almeno un’ora e mezza di trasferimento per il rientro in hotel da Cervinia agli impianti di risalita. Credo non abbiano pensato molto né all’ambiente né agli atleti”.

Amen, è come la questione della follia olimpica di Milano-Cortina 2026: basti pensare che tra i primi incontri semiufficiali di Giorgia Meloni c’è stato quello con il presidente del Cio Thomas Bach a fine settembre, per promettere soldi e garanzie sulle future olimpiadi invernali, e che il nome di un manager vicino alla leader di Fratelli d’Italia, Andrea Abodi, è ricorso prima come candidato nuovo boss di Milano-Cortina e ora è ministro dello Sport.

C’è da scommettere che dentro e fuori il nuovo governo si litigherà su tutto, ma non sulla necessità di mettere mano al portafoglio pubblico per arrivare in tempo: la regione Lombardia leghista vuole cassare i divieti alla circolazione in area B a Milano varati dal sindaco ‘ambientalista’ Giuseppe Sala, ma sulle cementificazioni e i lavori stradali per l’appuntamento ‘sportivo’ del 2026 sono tutti d’accordo.

Non bastasse – nel circo che fu bianco, ma almeno è più circo che mai – va registrata anche la notizia del grande disordine che regna sotto il cielo della federazione dello sci, con i vertici rieletti fra le contestazioni. C’è persino una causa giudiziaria aperta sul passaggio di testimone tra gli sponsor della valanga azzurra: è subentrato nientemeno che Armani, ma il ricorso del marchio uscente Kappa ha avuto il placet del Tribunale di Milano.

En passant, è stata appena annunciato il varo ufficiale della candidatura della Val Gardena per i Mondiali del 2029, dopo l’ok dei vari consigli comunali competenti. Silenziate le piccole polemiche che hanno tenuto banco fino a ieri, su una valle già così satura di presenze turistiche che nei fine settimana e in alta stagione non riescono nemmeno a depurare le acque, nonostante un nuovo potente impianto appena installato.

È stato dimenticato persino il clamoroso dietrofront dei cugini ladini della Val Badia, che erano stati chiamati dai gardenesi a fare asse per la candidatura mondiale del 2029 ma che hanno detto: no, grazie, per noi è già troppo continuare a ospitare qualche gara di Coppa del Mondo.

E dunque ecco a voi – come diligentemente riportato dal monopolio dei media locali – il grande progetto Gardena 2029, “un’occasione per migliorare la situazione socio-economico locale: grazie ai soldi derivanti dalla manifestazione si può e si deve frenare il fenomeno del traffico, puntando con decisione sulla mobilità sostenibile, e aumentando le infrastrutture. Attenzione particolare deve essere riservata alle associazioni. Sostenendo da una parte quelle artistiche-culturali e creative, dall’altra aiutando quelle sportive realizzando gli impianti tanto attesi dai vari club per la loro attività, soprattutto quelli impegnati con i giovani”.

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