Ascoltando l’audio di Berlusconi in cui racconta la favola della guerra in Ucraina dove il lupo cattivo è Zelensky ed il cacciatore che libera le repubbliche del Donbass dal suo stomaco è Putin viene voglia di ridere a crepapelle. Non si può negare che la moderna versione di Cappuccetto Rosso del Cavaliere sia davvero divertente. Ma non è l’unica riscrittura in chiave satirica delle favole, c’è anche la versione britannica di Cenerentola dove la scarpetta di vetro rubata da Liz Truss sta per essere provata da Rishi Sunak e Boris Johnson.
Adesso è chiaro perché negli ultimi anni i comici hanno fatto breccia nel campo della politica, se questa è una farsa chi meglio di loro può recitarla? Programmi come il Daily Show americano hanno aperto le porte alla democrazia dell’intrattenimento, ma ormai la realtà è talmente comicamente surreale che la finzione non riesce a starle al passo. I telegiornali veri sono più d’intrattenimento.
Ma stiamo ben attenti, dietro la politica risata c’è un’involuzione profonda. Il mondo della globalizzazione, dove tutti si volevano bene perché facevano affari d’oro nel villaggio globale sta diventando il parco giochi dei privilegiati. I ricchi ed i potenti giocano a Risiko sul mappamondo reale spostando i loro eserciti, la loro tecnologia – che dire di Musk che prima offre il sistema mobile internet connesso a Starlink all’Ucraina e dopo pochi mesi decide che gli costa troppo mantenerlo e chiede al Pentagono di pagarlo?
La politica deve essere funzionale all’ideologia non al profitto, se così non fosse non esisterebbe la democrazia. Questo principio bisognerebbe ricordarlo anche a Joe Biden che apertamente sostiene lo sforzo americano di lanciare la propria industria di semiconduttori e simultaneamente fiaccando quella asiatica con la scusa di proteggere l’indipendenza di Taiwan.
Senza parlare dell’involuzione morale: proibizione dell’aborto, celebrazione dei diritti del feto, abbandono delle donne afghane in mano ai Talebani, disinteresse per quelle iraniane da decenni soggiogate dal regime degli Ayatollah, rinuncia dei diritti dei perseguitati politi kurdi, persecuzione di Julian Assange per averci detto la verità, la lista è lunga.
Tutto ciò succede perché non esiste più memoria politica. E guarda caso, i maestri dell’oblio politico sono ancora una volta gli anglosassoni. Nessun politico è stato messo sotto processo per aver fabbricato le prove degli armamenti nucleari di Saddam Hussein, né Bush né Blair hanno mai ammesso di aver mentito anche se esistono le prove schiaccianti che lo hanno fatto. E nessuno li ha mai messi sotto processo. Il possibile ritorno di Boris Johnson alla guida del Regno Unito rientra in questa logica. Anche Donald Trump potrebbe beneficiarne nonostante esistano i video del suo discorso di incitamento all’assalto di Capital Hill a Washington.
Anche l’Italia che da sempre mette in piedi processi infiniti contro politici corrotti legati alle cosche mafiose fa scuola a riguardo. E così Berlusconi, seduto in Parlamento, torna a farci ridere non più con le sue barzellette ma con le favole satiriche sul caos politico in cui viviamo.
Attribuire ai social media l’oblio mnemonico è una scappatoia da due soldi. In realtà a tutti fa comodo costruirsi la realtà che prediligono, cucirsela addosso come un abito con cui pavoneggiarsi. Affrontare il confronto, capire, imparare dagli altri ed a proprie spese non ci piace. Preferiamo raccontarci delle storie fantastiche, che ci fanno ridere ed andiamo avanti.
Per noi appartenenti all’élite occidentali è facile farlo, la vita ci ha dato tanti vantaggi che abbiamo saputo sfruttare, ma per chi è fuori dal cerchio magico questo è un mondo medioevale, dove si vive da servi della gleba, con la mano tesa per l’elemosina del barone.
Quanto durerà questa farsa? Auguriamoci che la parola fine non arriverà a forma di fungo su una delle nostre città, né che a scriverla sia una guerra convenzionale di tutti contro tutti. Ma la traiettoria è questa. Più si scende in basso e più si avvicina la fine del baratro.