La leader di Fratelli d’Italia ha fatto una scelta chiara: ha voluto il manager al suo fianco nell’esecutivo. Il problema è che al Cio, e non solo, era stato detto altro. I Giochi sono senza una guida dall'estate, quando è stato defenestrato Novari. E adesso, prima di trovare un altro profilo che metta d'accordo Coni ed enti locali ci vorrà altro tempo
L’Italia ha un nuovo ministro dello Sport: sabato mattina Andrea Abodi ha giurato al Quirinale insieme al resto della squadra di Giorgia Meloni. La sua nomina, però, non è una buona notizia per tutti: riempie un vuoto, ma spalanca una voragine; sistema il governo, ma getta nel caos le Olimpiadi di Milano-Cortina. Manager navigato e stimato trasversalmente, uomo di fiducia di Meloni, il limite maggiore di Abodi in questo momento è di non avere il dono dell’ubiquità: il nuovo governo aveva due caselle da riempire e un solo nome di sicuro affidamento. La leader di Fratelli d’Italia ha fatto una scelta chiara: l’ha voluto al suo fianco nell’esecutivo, a testimonianza di quanto intenda puntare sullo sport. Però così ha sacrificato almeno per il momento i Giochi di Milano-Cortina. Non è un mistero, infatti, che Abodi fosse stato da tempo virtualmente designato come amministratore delegato del Comitato organizzatore dei Giochi italiani. Lui stesso si era preparato a raccogliere la complicata eredità di Vincenzo Novari, defenestrato in piena estate dal governo Draghi col proposito di nominare presto un sostituto più adeguato. Dopo aver bruciato i nomi di Michele Uva e Paolo Scaroni, la quadra sembrava essere stata trovata sul curriculum di Abodi, l’unico in grado di mettere d’accordo il capo del Coni, Giovanni Malagò, e gli altri rappresentanti degli enti locali, dai leghisti Zaia a Fontana, passando per il sindaco di Milano Beppe Sala. La nomina, data per fatta da tutti, tardava però ad arrivare, e col senno di poi adesso si capisce anche il perché: evidentemente Giorgia Meloni covava l’intenzione di portarselo con sé a Palazzo Chigi. Il problema è che agli stakeholder era stato detto altro.
Quando ad esempio Meloni aveva incontrato il presidente del Cio, Thomas Bach, in quella che era stata la sua prima uscita da premier in pectore, al piano terra dello stesso hotel c’era anche Abodi, che veniva presentato al direttore generale del Comitato internazionale, Cristophe Dubi, come prossimo ad. Così, quando venerdì il suo nome è spuntato nella lista dei ministri, mentre in Italia partiva il solito profluvio di complimenti e congratulazioni, pubbliche e private, vere e false, da amici e persino vecchi nemici, a testimonianza di quanto il mondo dello sport attendesse una figura di riferimento forte, in Svizzera sono saltati sul divano. Abodi se lo aspettavano amministratore delegato a Milano-Cortina. Se lo ritrovano invece al governo come ministro, con la Fondazione ancora decapitata, e chissà per quanto altro tempo. L’ennesimo ribaltone dell’inaffidabile politica italiana, dalle conseguenze imprevedibili.
Meloni ha garantito a Malagò che presto il governo troverà un’alternativa valida anche per la Fondazione, pregando di girare le rassicurazioni al Cio. C’è poco però da rassicurare. Ora ripartirà la giostra di nomi, candidature e veti incrociati, che già quest’estate avevano paralizzato la nomina, e di cui lo stesso Malagò è uno dei protagonisti. Come ogni volta che c’è da assegnare una poltrona che conta nel mondo dello sport, il n.1 del Coni non perde occasione di muovere i suoi fili. In questo senso, l’arrivo di Abodi al governo per lui vale come un pareggio: con il suo curriculum, Abodi non sarà un pasdaran del Coni, ma è comunque uomo di compromessi, ben altra storia rispetto a Vezzali, Spadafora e Giorgetti che gli avevano fatto guerra aperta nel recente passato. Non a caso, di ritorno dalla Sicilia per l’ennesima manifestazione di gala a cui ha presenziato, Malagò e i suoi consiglieri si dicevano soddisfatti che “con Giorgia sarà tutto diverso” (mostrando però anche una certo fastidio per la presenza di Giorgetti). Ora la partita si sposta su Milano-Cortina: dove non ci saranno solo i desideri di Malagò da accontentare, ma anche quelli dei governatori leghisti Zaia e Fontana, o del sindaco Sala. La Fondazione è come un condominio, con troppi inquilini, tutti litigiosissimi. Il tempo passa e perduto Abodi rischia di dilatarsi ancora.