Si può criticare o meno il fatto che la F1 sia sempre più americana, ma il Gp di Austin ha regalato emozioni. Il risultato davanti è lo stesso di molte altre volte, si è visto il talento di Max Verstappen. Dal pit-stop eccessivamente lungo dei meccanici Red Bull al 35esimo giro (cosa inusuale in stagione), è partita la super rimonta dell’olandese. A suon di 1’40” bassi, è riuscito prima a riprendere Leclerc, per poi iniziare ad accorciare su Hamilton, definitivamente passato a sei tornate dalla fine con una staccata mostruosa. Insomma, “Mad Max” ora sale a quota 13 vittorie in stagione: gliene basterà un’altra per superare il record di trionfi in un’annata di F1, detenuto da Michael Schumacher (nel 2004 con la Ferrari) e Sebastian Vettel (con la Red Bull nel 2013).
Red Bull, quinto titolo Costruttori da dedicare a Mateschitz
La Red Bull se lo gode, così come il successo del suo quinto titolo Costruttori. E ricordare al meglio il defunto patron Dietrich Mateschitz, scomparso sabato a 78 anni e che, nel lontano 2005, rilevò i diritti della Jaguar per così fondare la squadra con sede a Milton Keynes. Mettendo team principal Christian Horner, tanto criticato nelle ultime settimane per il tema budget cap e con gli occhi lucidi a fine gara per il doppio traguardo raggiunto. Sforamento del tetto-costi a parte, gli vanno riconosciuti amore e fedeltà verso la scuderia. Così come va riconosciuta la bravura di un genio come Adrian Newey, il direttore tecnico che ha progettato una macchina, la RB18, al limite della perfezione: la migliore sul dritto e cresciuta anche tra le curve, dall’Ungheria in avanti imprendibile per tutti.
Hamilton-Mercedes, anche Austin sfuma. Testa al 2023
Se la Red Bull esulta in Texas, vanno fatti i complimenti anche agli altri due piloti sul podio. Lewis Hamilton ci aveva creduto, grazie a gomme dure che esaltavano il ritmo della sua Mercedes. Ha provato a sparare tempi al limite dopo aver passato in quel frangente Vettel in testa, mentre Verstappen superava Leclerc dopo il suo pit stop lento e si metteva alla caccia del primo posto. Il desiderio era di rivedere una sfida da sogno tra i due duellanti per il titolo 2021, che purtroppo non c’è stato. Con sei giri in meno, l’inglese avrebbe potuto prendersi l’unica vittoria di stagione su quella che forse era l’ultima pista adatta alle caratteristiche Mercedes. Improbabile vedere una vettura di Stoccarda sul gradino più alto del podio in Messico, Brasile o Abu Dhabi. Il sette volte iridato non vede l’ora che arrivi il 2023, nella speranza di ricevere una monoposto all’altezza della battaglia con la Red Bull e la Ferrari.
Leclerc ottimo terzo, Ferrari patisce troppo il consumo-gomme
E poi ci sono Charles Leclerc e Carlos Sainz. Il secondo colpito a freddo da una staccata senza senso di George Russell, che ha sbagliato ma chiesto scusa (e va rispettato perché quasi sempre corretto). Il primo, che scattava 12esimo per la penalità dovuta ai cambi di motore endotermico e turbo, è terzo dopo una conduzione da applausi. Un piazzamento però non preso con grande gioia, perché il monegasco è stufo di non poter più lottare per colpa anche del degrado–gomme, uno dei problemi principali di questa stagione sulla F1-75 Ferrari. A Maranello, il prossimo inverno, Mattia Binotto dovrà non solo pensare all’affidabilità-motore. Serve anche risolvere il problema del consumo dei pneumatici — che con qualsiasi mescola peggiora prima della Red Bull di Verstappen — e del pattinamento in partenza. Basti rivedere le foto di come erano le intermedie di Charles e Max nel parco chiuso, dopo il GP del Giappone. Basti rivedere l’ennesimo slittamento allo spegnimento dei semafori, costato anche domenica il primo posto al via per il Cavallino, come era capitato a Baku e a Singapore.
Direzione gara Fia, ancora una volta non ci siamo…
Della Fia si è detto e ridetto: cambiano le direzioni, ma i risultati sono sempre contrastanti. La Federazione va profondamente riorganizzata e modernizzata. Dopo le scuse per aver potuto gestire differentemente il caso della gru in Giappone, la sanzione a Pierre Gasly sul non corretto rispetto della distanza di sicurezza dietro alla Safety Car ha del vergognoso. Il francese ha superato le famose 10 lunghezze d’auto come fece Sergio Pérez a Singapore, ma se il messicano se la cavò con cinque secondi, dopo un’attesa durata tre ore, ci sono voluti meno di 30 minuti per assegnare la penalità al francese in uscita dall’AlphaTauri. Il messicano della Red Bull ha dovuto rispondere di due episodi uguali nella stessa gara di Marina Bay, beccandosi in uno dei due la reprimenda e nell’altra cinque secondi (non costati così la vittoria su Leclerc). Le norme dalla Federazione internazionale vengono applicate con criterio o solo per simpatia? Se Gasly ha pagato dazio, è anche vero che ora dovrà stare attento. Questo perché dopo essersi beccato altri tre punti in Giappone (per eccesso di velocità con gru in pista), ora è a quota nove nella Superlicenza. Ciò vuol dire che con altri tre punti, scatterebbe la gara di squalifica.
Alonso-Vettel, siete da applausi
Ultima menzione, infine, non può che andare ai “vecchietti” della F1, Fernando Alonso e Sebastian Vettel. Lo spagnolo scattava 14esimo per il cambio del motore, ma risale al nono posto dopo 10 giri e al traguardo chiude due posizioni avanti, nonostante il volo col muso al cielo per il contatto con il Lance Stroll (pessimo cambio di traiettoria all’ultimo, e futuro compagno di Alonso l’anno prossimo in Aston Martin). Alonso è però penalizzato poi con 30 secondi dopo il reclamo della Haas, che lo fa retrocedere al 15esima posto per guida in condizioni non sicure, dato che lo specchietto, dopo l’urto, vibrava profondamente. Il tedesco dell’Aston Martin, invece, è ottavo ed eletto “Pilota del giorno”. Una guida magistrale, conclusa a punti nonostante il problema nel pitstop, e “condita” dalla bella lotta con la Haas di Kevin Magnussen a poche curve dalla fine. Alla fine l’ha spuntata l’ex ferrarista, che da tre GP va sempre a punti e vuole chiudere al meglio la sua rosea carriera in F1.