Società

La prima donna premier è di destra: per me è l’emblema del fallimento della sinistra dei diritti

Il fallimento della sinistra, culturale prima ancora che politico, sta tutto in quell’immagine tremendamente eloquente. Giorgia Meloni, la prima donna Presidente del Consiglio nella storia patria (altro che “matria” e stupidaggini varie), è anche la leader del partito politico più a destra che l’Italia abbia visto dai tempi di Mussolini.
Insomma, la sinistra o sedicente tale, che ormai da almeno tre decenni si è suicidata appresso a battaglie esclusivamente per i diritti civili (a difesa di donne, omosessuali, transgender etc.), si ritrova con un capo del governo donna eletto dalla destra più conservatrice e reazionaria.

Come se non bastasse, Giorgia Meloni non si fa scrupolo alcuno a mostrare totale indifferenza rispetto alle sfumature sulla declinazione al femminile del proprio ruolo. Lei è la Presidente del Consiglio, sostiene di voler lavorare per il futuro del paese e se ne frega altamente di sterili questioni simboliche, che lascia volentieri a quei giocherelloni onanisti della sinistra. Lei deve pensare a cose serie e concrete.

Sul fatto che riuscirà a farlo, nutro dei seri dubbi, ma lo smacco per la sinistra è totale. Sconfitta anche sull’unico punto in cui si è mostrata unita, compatta e indisposta ai compromessi: la battaglia a favore dei deboli e delle discriminazioni nel campo sessuale. Battaglia condotta solo a parole, ovviamente, considerato che si è dovuto attendere i “fascisti” per vedere la prima donna premier della storia italiana (mentre le parlamentari donne di Pd e “sinistrine” varie sono risultate assai poche).

E dire che la sinistra ci si è rovinata – a mio avviso – su questa storia dei diritti civili: mentre la gente soffriva per il lavoro mancante, per i diritti sociali degradati da decenni di neoliberismo, per i giovani che devono avere paura del futuro in un paese che ha mortificato la giustizia e il merito, per le famiglie che non arrivano alla fine del mese, con i commercianti e le imprese in drammatica sofferenza dopo tre anni di Covid e un’inflazione a livelli insostenibili – ed ora la guerra! – le anime belle del Pd e rametti annessi si battevano seri e zelanti su terreni evanescenti come il diritto a essere chiamata avvocata e presidenta o, peggio, il diritto inalienabile (sic) a scegliere il proprio genere sessuale con cui essere riconosciuti nella società.

Non sto dicendo che i diritti e la tutela delle donne, degli omosessuali o di coloro che non si riconoscono nella logica binaria del genere di appartenenza non siano importanti, ma occuparsi – o quantomeno dare l’impressione di occuparsi – soltanto di questi, con tanto di intellettuali organici pronti a sostenere la sacralità della causa (da Michela Murgia a Michela Marzano, volendo fare due nomi), significa non capire che un “Popolo”, prima che da individui sessuati, è composto da cittadini che lavorano e lottano per la sussistenza propria e delle rispettive famiglie (o affetti). Quel popolo oggi ha fame e paura, e in larga parte è incazzato per il ritorno di disuguaglianze sociali e privilegi castali propri di una società che ricorda il medioevo più che la modernità.

Non è un aut-aut, ci mancherebbe, la sinistra dovrebbe e potrebbe occuparsi sia dei diritti sociali che di quelli civili, ma è stata essa stessa a sacrificare i primi, genuflettendosi passivamente alla logica del neoliberismo e operando negli ultimi decenni alcune delle leggi più distruttive per i lavoratori e per le categorie socialmente più deboli (almeno dalla legge Treu sul lavoro, in poi).

Senza contare, sia detto in ossequio al defunto realismo politico, che promuovendo la causa degli asterischi o delle vocali insensate, invece che quella del cittadino lavoratore, si sono poste le basi per una vittoria schiacciante della destra, che non è propriamente la parte politica da cui ci si potrà attendere un potenziamento dei diritti a tutela delle donne e delle minoranze sessuali in genere.

Ma no, per questa sinistra composta in larga parte da figli di papà nati col didietro nel burro (e ovviamente privilegiati nella selezione della classe dirigente), pseudo intellettuali talmente sofisticati da smarrire ogni connessione col popolo, nonché incapaci della politica come anche della comunicazione (tralascio gli opportunisti che si sono venduti alla logica neoliberista), il problema vero sarebbe quanto sono “fascisti” quelli di questa destra.

Mentre si dovrebbe prendere atto di quanto sono ottusi quelli di questa sinistra…