Il proposito di tutti è far presto, il rischio concreto è ripartire di nuovo da zero. Le parti si prenderanno qualche giorno per reimpostare il discorso: lunedì servirà per rimettere insieme i cocci, martedì per riflettere, mercoledì potrebbero già rivedersi, sperando che sul tavolo ci sia il nome giusto
Ancora tre giorni di trattative estenuanti, dopo tre mesi di attesa, per trovare una nuova guida ai Giochi di Milano-Cortina 2026. Che si tratti di Letizia Moratti, non semplice dopo l’ennesimo pasticcio olimpico, o magari di un altro nome, che il governo Meloni dovrà trovare al più presto, dopo aver privato la Fondazione del suo amministratore designato, cioè Andrea Abodi, dirottato all’esecutivo per fare il ministro dello Sport.
La nomina-farsa della vicepresidente della Regione Lombardia – annunciata a mezzo stampa all’ora di pranzo, smentita ufficialmente a metà pomeriggio e poi bocciata in una riunione d’urgenza dei soci alla sera – è solo l’ennesimo capitolo della saga tragicomica delle Olimpiadi italiane. Sulla vicenda, è tornato anche Beppe Sala: “Era evidentemente una cosa per risolversi il problema e quello che ho cercato di fare è stato stopparla subito. Il mio non è un tema di giudizio su Letizia Moratti ma così le cose non si fanno. Ci sono delle regole e vanno rispettate, non esiste che la politica intervenga così senza coinvolgere i diretti interessati che sono gli amministratori locali. Mi pare che la cosa sia finita qua”.
Le parole del sindaco chiariscono quanto accaduto nella domenica surreale tra Milano (Cortina) e Roma. L’idea Moratti (a quanto risulta al Fatto Quotidiano partorita dalla coppia Meloni-Santanchè) era perfetta per prendere due piccioni con una fava: riempire il buco imbarazzante alla guida del Comitato, ma soprattutto sgombrare la strada della rielezione al governatore Fontana. In Lombardia, da settimane il centrodestra consuma uno scontro interno che rischia di deflagrare in psicodramma, se davvero Moratti dovesse candidarsi contro il presidente uscente. Per evitarlo, bisogna accontentare la vice in qualche modo. Magari accasarla al 44° piano della Torre Allianz, dove ha sede la Fondazione, con uno stipendio da mezzo milione all’anno per quattro anni (quanto prendeva l’ex Novari) per indorare la pillola.
Il problema è che nessuno aveva avvisato i soci della Fondazione, non tutti almeno. Pare che Fontana lo sapesse (e fosse comprensibilmente entusiasta della soluzione), resta il sospetto su Malagò e il ministro Abodi (“Voglio credere alla loro buona fede”, ha detto Sala), sicuramente era all’oscuro il sindaco di Milano. Ma la forzatura è stata un boomerang: la stessa Moratti, messa di fronte al fatto compiuto e non del tutto convinta, potrebbe sfilarsi per continuare a giocare al rialzo sulla corsa al Pirellone. E gli stakeholder quando si sono riuniti a tarda sera sono tornati a fare quello che gli riesce meglio: litigare.
La quadra su Letizia Moratti al momento non c’è. E forse non tutti i mali vengono per nuocere: il Comitato organizzatore negli ultimi tre anni ha accumulato un ritardo spaventoso, sia sulla ricerca degli sponsor che sulla logistica dell’evento. Moratti è una figura politica che potrebbe anche andar bene per la parte finanziaria, ma è completamente a digiuno di sport, inadeguata sul lato pratico-organizzativo. Quel che è certo è che il suo rischia di essere l’ennesimo disastro degli ultimi mesi, dopo aver silurato a Ferragosto l’ex ad Novari e bruciato i vari Michele Uva, Paolo Scaroni e lo stesso Abodi, che era stato addirittura presentato ai vertici del Cio come prossimo ad ed invece è stato fatto ministro. Un ribaltone dell’ultimo minuto, l’ennesima mancata promessa da parte della politica italiana, che in Svizzera, nel mondo olimpico, non hanno affatto gradito.
Il proposito di tutti è far presto, il rischio concreto è ripartire di nuovo da zero. Le parti si prenderanno qualche giorno per reimpostare il discorso: lunedì servirà per rimettere insieme i cocci, martedì per riflettere, mercoledì potrebbero già rivedersi, sperando che sul tavolo ci sia il nome giusto. Che si tratti di Moratti, o qualcun altro. Nelle ultime ore, ad esempio, Malagò è tornato a riproporre la sua “delfina” Diana Bianchedi, tecnica che lavora a Milano-Cortina. Significherebbe però consegnare di fatto la Fondazione nelle mani di Malagò, che ne è già presidente. La nomina spetta a Palazzo Chigi e rappresenta la prima vera prova del governo Meloni.