Pedagogisti, maestri di strada, presidi: ilfattoquotidiano.it ha sentito che effetto fa la nuova denominazione del dicastero che si occupa di scuola. E a vincere sono le critiche. Novara: "Usare quella parola è un rischio, se volevano mettere qualcosa potevano inserire 'dell'apprendimento'. Così è solo polemica". Mantegazza: "Aberrante premiare i migliori, ogni ragazzo ha le proprie capacità". Vegetti Finzi: "Tutto ciò che è quantità è il contrario di evoluzione, trovare i talenti, potenzialità"
Ha destato numerosi interrogativi e non poche critiche la nuova definizione del ministero dell’Istruzione, a cui è stata aggiunta anche la dicitura “e del merito”. Se sabato mattina, al Quirinale, il ministro Giuseppe Valditara, è stato chiamato a giurare davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la vecchia denominazione, tutti hanno notato che venerdì sera la premier Giorgia Meloni, nell’annunciare la nomina del dicastero che si occupa di scuola ha aggiunto il sostantivo “merito”. Una modifica che ha scatenato pedagogisti, insegnanti ma anche molti presidi ad eccezione del presidente della loro associazione, Antonello Giannelli: “Riteniamo particolarmente apprezzabile – dice – il riferimento al merito, tristemente trascurato nel nostro Paese, di cui siamo convinti sostenitori”.
Non la pensano così nomi illustri del mondo della pedagogia e della scuola. A schierarsi contro la decisione del governo è per esempio Daniele Novara, noto pedagogista che proprio in questi giorni ha pubblicato La manutenzione dei tasti dolenti (Rizzoli) che approfondisce le modalità con cui riconoscere i momenti di difficoltà e a capire come governarli nei diversi ambiti della vita: in famiglia, con i figli, nei rapporti di coppia, sul lavoro, con gli amici. Sabato ha riunito oltre cinquecento docenti a Piacenza per il convegno “Nessuno si educa da solo”: “Il merito – afferma Novara a ilFattoQuotidiano.it – non è un concetto pedagogico. Quella parola veniva usata negli anni Settanta per opporsi ai cambiamenti scolastici. Io c’ero, e a noi innovatori, dicevano che c’era una sorta di livellamento nella scuola invocando al contrario il merito. Ma ancora oggi dobbiamo farci forti di Lettera a una professoressa dove si dice che ‘non si può fare parti uguali fra disuguali’. La scuola del merito dovrebbe considerare i punti di partenza e valutare gli alunni sulla base delle loro effettive condizioni di partenza”. Anzi, per Novara “il concetto di merito rischia di replicare la scuola gentiliana costruita nel 1923 e basata su un sistema piramidale con al vertice il liceo classico, la scuola dei figli di papà come si diceva una volta. Se la destra voleva aggiungere un aggettivo poteva mettere la scuola dell’apprendimento. Così invece fa solo polemica”.
A restare molto colpito dalla ridefinizione del ministero è anche il pedagogista dell’università Bicocca di Milano, Raffaele Mantegazza: “Credo che questa nuova dicitura possa trovare anche molti consensi. In realtà chi elogia la meritocrazia non vede che la scuola deve prima di tutto avere in mente i diritti di crescita dei bambini. La Costituzione già prevede cosa c’è da fare per i meritevoli e quelli in difficoltà. Ma facciamo una riflessione: come si misura il merito a scuola? Temo che possa venire premiato l’adeguarsi a un modello che viene dall’alto. La scuola non deve premiare perché non è uno di quei giochi a quiz con i quali questa destra è cresciuta. E’ aberrante l’idea che si possano premiare i migliori perché a scuola si cresce insieme ognuno con le proprie capacità”. Mantegazza è convinto che questa aggiunta sia un segnale preoccupante e possa essere un “primo passo verso un pensiero retrivo”.
Silvia Vegetti Finzi, pedagogista, psicologa, accademica nei suoi 84 anni di vita ne ha visti di ministri ma ora è seriamente in allarme: “Questa modifica della dicitura è una proiezione di una scuola individualista e competitiva dove il valore di una persona viene in misurato in base a numeri. Don Milani si ribalterà nella tomba perché proprio lui pensava ad una società alternativa, dove non ci fossero valori capitalistici. Tutto quello che è quantità va a discapito della scuola la fissa in base a parametri che sono il contrario di evoluzione, del trovare i talenti, le potenzialità”.
Il maestro di strada Cesare Moreno fa appello a chi si scandalizza, ma non le manda a dire nemmeno a Valditara: “Spero che tanti educatori che non cadano nella trappola di dire che sono contrati al merito, disatteso da tutti in Italia anche dalla stessa destra. La prima persona che non ha meriti è questo ministro che non merita di stare lì perché non conosce il mondo della scuola”. Moreno da anni lavora a Napoli, la sua città, e lancia una provocazione: “Don Milani non ha promosso gli immeritevoli ma ha fatto in modo che anche dei ragazzi di campagna fossero meritevoli. L’unica ricchezza che hanno i poveri è il merito. Purtroppo la parola merito, invece, significa per qualcuno essere fedeli ad un’ideologia, essere obbedienti”.
Nemmeno dal fronte dei presidi arrivano elogi. Nessuno di loro si schiera apertamente contro il ministro ma sollevano dubbi guardando la questione merito per quanto riguarda la valutazione del personale. Alfonso d’Ambrosio, dirigente di Lozzo Atestino (in provincia di Padova), elogiato dal Capo dello Stato in occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico post Covid e poi “punito” dalla ministra Lucia Azzolina per alcune esternazioni sui social precisa: “Non conosco le intenzioni del ministro e non so se sia stato lui a voler fare questa modifica. Da un punto di vista storico il termine merito era sinonimo di qualcosa di positivo: pensiamo al meritevole. Con gli anni si è associato alla scuola ed è diventato sinonimo di eccessivo individualismo. Vorrei ricordare che già Matteo Renzi usò questa parola nel 2012 accanto alla scuola ma se merito significa carriera per i docenti, è assolutamente lecito, pensarlo”.
Cauto seppur critico anche Ludovico Arte, a capo dell’istituto Marco Polo di Firenze: “Non amo la parola merito. Penso, tuttavia, che vada fatta una distinzione: il merito rivolto al personale e quello rivolto ai ragazzi. Nel primo caso è un tema che va affrontato, dobbiamo farci i conti. Nel secondo caso lo trovo inaccettabile, la scuola non è solo per gli studenti meritevoli. Tutti i ragazzi hanno i loro talenti”.
A farsi sentire è anche la fondazione Don Lorenzo Milani che in queste ore ha diffuso un comunicato: “La nuova definizione attribuita dal Governo di Destra al ministero dell’Istruzione, ove si aggiunge la parola ‘merito’, ci lascia quantomeno attoniti e dubbiosi. Nulla contro il sostantivo ‘merito’. Lo stesso priore di Barbiana, don Lorenzo Milani, aveva fatto in modo che tutti fossero meritevoli. Ma cos’è il merito per il neo ministro Giuseppe Valditara e per la premier Giorgia Meloni? In base a quali valori possiamo definirlo? Sapere del potere? Furbizia, astuzia, successo? Chissà se Valditara e Meloni, hanno mai letto Lettera a una professoressa”.
Gli ex allievi di don Milani (Agostino Burberi, il primo che lo accolse a Barbiana ne è presidente) aggiungono: “Ci auguriamo che se il sostantivo ‘merito’ non è solo uno slogan, possa essere al più presto definito e chiarito da chi ricopre il ruolo di guida della Scuola di tutti e sostanziato in uno straordinario investimento perché gli ultimi siano meritevoli”.