Il suo ultimo romanzo si chiama “Eclissi di Sangue” ed è uscito da pochissimi giorni per Sperling&Kupfer. E' il secondo capitolo di una serie che l’autore chiama “Trilogia delle streghe”
“Affascinato dall’occulto per sentirmi meno solo” così Salvatore Esposito spiega l’origine dei suoi thriller esoterici. Noto al grande pubblico per aver interpretato Genny Savastano in Gomorra e tanti altri ruoli di successo tra cinema e tv, l’attore ha presentato per la prima volta in conferenza stampa all’Hotel Donna Laura Palace di Roma, il suo ultimo romanzo “Eclissi di Sangue”, uscito da pochissimi giorni per Sperling&Kupfer. Il secondo capitolo di una serie che l’autore chiama “Trilogia delle streghe”. C’è quindi da aspettarsi presto un sequel. E non solo. Esposito ha annunciato una trasposizione filmica dei testi che lo vedrà protagonista.
È inevitabile associare Salvatore a Genny Savastano, spietato camorrista della serie tv tratta dai romanzi di Saviano. Ma quando lo vedi arrivare in sala, jeans e maglietta, con la sua gentilezza composta e gli occhi che sorridono, Genny scompare e rimane Salvatore. Piglio ironico e scanzonato che racconta il bello delle sue origini partenopee.
Gomorra, Fargo (serie prodotta dai celeberrimi fratelli Cohen) e poi, da ultime, le due commedie noir La cena perfetta e Rosanero, Esposito deve quasi sempre sporcarsi le mani nei personaggi che interpreta. Ma quanto di quei ruoli ti resta addosso?
In realtà poco. Per come costruisco io i personaggi, li vedo come delle strutture a se stanti a cui mi posso rivolgere quando voglio e che magari hanno qualcosa di me ma io spero di non avere niente di loro.
Hai un fratellino più piccolo, 24 anni di differenza, si è discusso molto, rispetto a Gomorra e ad altre serie del genere, sull’influenza che possano avere nelle nuove generazioni. Sull’idea che non più gli eroi, i “buoni”, ma i cattivi possano diventare dei modelli. Che ne pensi?
In Gomorra raccontiamo storie, persone che fanno una brutta fine. Difficile voler prendere a modello qualcuno che fa una brutta fine. Quindi non ho mai pensato che quello che abbiamo rappresentato noi sia qualcosa che possa ispirare o da cui prendere spunto. Quello che abbiamo raccontato noi è qualcosa che, purtroppo, accade tutti i giorni, è preso dalla realtà. Non siamo noi che diamo spunto alla realtà è la realtà che ha dato spunto a noi.
E a proposito di personaggi, arriviamo allo “Sciamano”. Christian Costa, il protagonista dei tuoi due thriller editi da Sperling&Kupfer. Un profiler specializzato in crimini esoterici, che viene chiamato da tutte le parti del mondo ogni qual volta ci siano di mezzo sette sataniche, logge, streghe. Per la prima volta, Salvatore non interpreta un personaggio creato da altri ma lo crea. Da dove nasce Lo Sciamano?
Lo Sciamano è nato qualche anno fa mentre viaggiavo da Roma verso Chicago – stavo andando lì per girare Fargo -. Nella mia testa, c’è sempre stato qualcosa di inerente all’occulto. Sin da piccolo, sono sempre stato affascinato da ciò che non è spiegabile. E in una di queste mie idee strampalate – ce ne sono tante – c’era lo Sciamano. La casa editrice ha subito adorato l’idea…
Ed eccoci al secondo thriller nel giro di un anno, in attesa del terzo capitolo della trilogia. Ma perché questa attrazione spiccata per l’occulto?
Mi fa sentire meno solo. Credo sia la stessa esigenza di tutti coloro che sono appassionati di quel genere. C’è innanzitutto il fascino dello sconosciuto, dell’incomprensibile. Io sono Acquario, un curioso di natura, attratto da tutto quello che va al di là delle mie certezze – dalle fede agli egizi, ai sumeri, agli alieni, alle streghe, alle cose più assurde – Ma se vado ad analizzare bene le ragioni di ciò, credo sia perché questo mi fa sentire meno solo. Ci dà la speranza che tutto ciò che siamo e che ci circonda non è solo frutto del caso, della coincidenza ma è stato programmato, voluto da qualcuno.
Quindi credi nel destino?
Assolutamente sì.
E che cosa ti spaventa di più di questa vita?
La mia paura più grande è quella di morire e scoprire che tutto ciò che abbiamo fatto in questa vita svanisca, che sia qualcosa di effimero.
Beh l’arte in questo aiuta. Ti consegna in qualche modo all’eterno…
Sì, però l’arte consegna ciò che tu hai creato agli altri. Bisogna vedere cosa lascia a te…
E a te cosa lascia?
A me lascia, in vita, sicuramente tante soddisfazioni, tanto bene. Perché poi l’affetto della gente, la passione… Quelli fanno sempre bene. Bisogna vedere cosa mi lascerà dopo. Questo nessuno lo sa…
Forse lo Sciamano… Lo vedremo presto sullo schermo. Lo interpreterai tu?
E beh certo. Che faccio, creo un personaggio per regalarlo a qualcun altro? – sorride e interpella il collega Andrea Roncato presente in sala – Anche se, a dir il vero, sto lavorando ad altri progetti. La mia idea è quella di costruire un universo in cui inserire altre trilogie, in cui si muovano altri personaggi. Ho già in mente qualcosa che avrà per protagonista una donna… In quel caso non potrò essere io a interpretarla.
Fino ai ventiquattro anni hai lavorato al McDonald, poi il successo con Gomorra e una brillante carriera da attore che a breve compirà ben 10 anni. Adesso anche scrittore. Chi è Salvatore Esposito oggi e dove si vede nei prossimi dieci anni?
Eh… chi sono oggi (sospira e guarda in su, ndr) bella domanda. Sono un ragazzo che cerca di fare quello che gli piace fare finché glielo faranno fare, che cerca di raccontare in tutti i modi delle storie, che cerca di viaggiare il più possibile dopo gli anni di lockdown che abbiamo avuto, che cerca di circondarsi di persone che gli vogliono bene. La mia famiglia, la mia compagna. Mi confronto molto con loro, su ogni progetto.
Non temi che possano essere di parte?
No devo dire che riescono a rimanere piuttosto obiettivi.
E tra dieci anni, dicevamo, come ti immagini? Magari sceneggiatore, produttore, regista…
Guarda io non mi pongo limiti. Questi 10 anni di carriera mi hanno insegnato che la vita sa sorprendermi. Quindi vediamo cosa mi riserverà…