Dopo il grande successo a “La Notte della Taranta” come maestro concertatore, Dardust torna alla musica con il nuovo disco “Duality”, in uscita il 28 ottobre. Un doppio album per esprimere un emisfero diverso della mente. La parte in pianoforte solo esprime la pura emozione e l’innocenza del virtuosismo pianistico contemporaneo attraverso l’osservazione della natura e il senso di improvvisazione più spontaneo a livello emozionale. Invece il lato elettronico simboleggia la parte razionale del nostro cervello, “l’ingegnere” che vive all’interno dell’artista. Dal 4 marzo 2023 partirà il nuovo tour.
Cosa rappresenta per te “Duality” a questo punto della tua carriera?
È un passaggio importante per il mio percorso perché sono in una fase di mezzo in cui credo di aver dato tanto come produttore e autore e di aver voglia di buttarmi, con coraggio, in qualcosa di più adrenalinico per avventurarmi in nuove situazioni. Sicuramente chiude un ciclo perché i due imprinting della mia formazione musicale vengono totalmente separati e approfonditi in maniera indipendente e quindi, non a caso, sono tornato alle origini per partire con un nuovo tracciato che mi spinge ad affacciarmi all’estero e a capire cosa succede fuori dall’Italia.
Da un lato l’emozione e l’innocenza e dall’altra la razionalità dell’artista. Da dove nasce l’interesse per l’aspetto psicanalitico del progetto?
Nasce sicuramente dalla mia laurea in psicologia. Mi hanno sempre intrigato tanti aspetti della nostra mente e di come funzioniamo. Sicuramente questa Dualità è una semplificazione simbolica di due approcci che noi abbiamo nell’esistenza: quello più emozionale e quello più razionale che ho separato in maniera netta con i 2 emisferi cerebrali. Perché sappiamo che il destro è quello emotivo: l’ingenuità e la purezza del piano solo, e quello sinistro, a cui ho affidato la parte elettronica, è più logico e razionale.
Ricorri spesso nelle tue composizioni al Giappone e molti dei temi della cultura orientale. Da dove nasce questa passione?
Sicuramente il cinema di Miyazaki, i film di Takeshi, libri di Yukio Mishima, la passione per il maestro Sakamoto, sono sempre stati presenti e mi hanno formato, scolpendo il mio immaginario artistico.Ci sono dei concetti molto belli nella cultura giapponese come il Kintsugi: tutti abbiamo delle ferite a livello personale ed è bello mostrarle e non vergognarsi di esse, ma anzi dar loro nuovo valore e brillantezza per creare una nuova immagine di noi stessi.
Una domanda da produttore e addetto ai lavori: primo in classifica album c’è ThaSup e nei singoli ci sono i Pinguini Tattici Nucleari. I gusti del pubblico stanno cambiando nuovamente?
Credo che i gusti del pubblico siano comunque differenziati. Sicuramente c’è stata una dominanza della trap negli ultimi anni, adesso c’è una forma di pop che ha preso tanti colori dall’urban. Poi ci sono fenomeni che vengono da altri contesti come I Pinguini Tattici Nucleari, ad esempio, che rappresentano un pop che è sempre esistito, ma che semplicemente ha preso, nel tempo, altre declinazioni. Credo che oggi sia difficile stabilire una mappa dei gusti del pubblico perché accadono fenomeni imprevisti e siamo in una situazione multi colorata e imprevedibile, dove l’inaspettato è sempre dietro l’angolo.
Stai già lavorando con alcuni artisti per un eventuale Sanremo 2023?
Devo dire che non ho lavorato così tanto come gli anni passati. Se ci sarà qualcosa sarà sicuramente perché è nata da un’esigenza artistica e sarà qualcosa di speciale. Quest’anno mi sono focalizzato molto più sulle esperienze lontane dal pop come il lavoro per le Olimpiadi, il concerto nel deserto di Alula, la partecipazione all’Eurovision, La Notte della Taranta e ora l’uscita del mio disco. È una dimensione troppo importante per me, non potevo fingere che fosse un b-side project, perché per me è il progetto definitivo della mia dimensione artistica.
Cosa dobbiamo aspettarci dal tour di marzo?
Uno spettacolo che ha l’ambizione di essere senza precedenti, sia per il circuito dell’elettronica che del piano solo, proprio perché questi due mondi diversi convivranno in maniera separata nello stesso spettacolo, come se fosse il concerto di due artisti diversi. Non sarà il contesto a creare l’atmosfera ma lo sarà quello che avverrà effettivamente sul palco. Ci saranno due atti netti e separati e in entrambi si andrà all’estremo di alcune sfumature. Ci sarà un cambio drastico tra primo e secondo atto.