Confrontando le posizioni espresse oggi con quelle propagandate negli scorsi anni dalla neo-premier emergono varie contraddizioni e ribaltamenti di prospettiva. Soprattutto sull'Ue: chiamava Commissione e Bce "comitati d'affari e usurai", ora giura che il suo governo "rispetterà le regole economico-finanziarie". Dice di non aver mai provato "simpatia o vicinanza" nei confronti del fascismo, ma il video di gioventù in cui definiva Mussolini "un buon politico" ha già fatto il giro della rete. E sulla necessità di sfruttare il gas nei nostri mari dimentica il suo sì al referendum sulle trivelle
Il discorso, come anticipato, è stato di ampio respiro. Un’ora e mezza in cui Giorgia Meloni ha chiesto la fiducia alla Camera illustrando il suo programma su tutti i temi di attualità: la guerra, l’energia, l’Europa, la crisi economica, il clima, il lavoro, il fisco, il Pnrr. Ritrovarsi al governo dopo dieci anni di opposizione radicale, però, comporta un cambio di prospettiva notevole. A chi in Aula glielo ha fatto notare, la neo-premier ha risposto a muso duro: “Da noi non vi aspettate giravolte, non ci siamo abituati”. Ma confrontando le posizioni espresse oggi con quelle propagandate negli scorsi anni emergono varie contraddizioni e ribaltamenti di prospettiva. Vediamone alcuni.
Europa ed euro – “L’Italia è (…) Stato fondatore dell’Unione europea, dell’Eurozona e dell’Alleanza atlantica. (…) Dentro le istituzioni europee (…), quello è il luogo in cui farà sentire forte la sua voce, come si conviene a una grande Nazione fondatrice. Non per frenare o sabotare l’integrazione, ma per contribuire a indirizzarla verso una maggiore efficacia. L’Unione europea per noi è la casa comune dei popoli europei. (…) Una casa comune europea vuol dire certamente regole condivise anche in ambito economico-finanziario. Questo governo rispetterà le regole attualmente in vigore”.
Giorgia Meloni, 8 marzo 2014: “Noi vogliamo uscire dall’euro. Perché all’euro serve l’Italia più di quanto all’Italia serva l’euro”. 24 giugno 2016, post-Brexit: “Il voto inglese è un voto di libertà contro la deriva antidemocratica dell’Unione europea. (…) I britannici hanno voluto ribadire che la sovranità appartiene al popolo e non al comitato d’affari di burocrati, lobbisti e banchieri che oggi comanda in Europa. È un esempio che vogliamo seguire. Questa Unione europea ha fallito, non è possibile riformarla dall’interno perché è marcia fin nelle fondamenta. Questa esperienza va chiusa”. 21 agosto 2016: “I veri antieuropeisti sono i poteri forti e le lobby che manovrano quei comitati d’affari e usurai che si fanno chiamare Commissione europea e Bce”. 25 marzo 2017: “Vogliamo giungere allo scioglimento concordato e ordinato dell’Eurozona. (…) Questo vuol dire riprenderci la nostra sovranità monetaria e il ripristino di una banca centrale che risponda agli italiani”.
L’#euro è una moneta sbagliata destinata a implodere. Vogliamo lo scioglimento concordato e controllato dell’#Eurozona #ItaliaSovrana ST pic.twitter.com/b1s21WJPsa
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) March 25, 2017
Fascismo e regimi – “Non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici; per nessun regime, fascismo compreso. I totalitarismi del Novecento hanno dilaniato l’intera Europa, non solo l’Italia, per più di mezzo secolo”.
Giorgia Meloni, 1996: “Io penso che Mussolini sia stato un buon politico. Vuol dire che tutto quello che ha fatto l’ha fatto per l’Italia. Non ci sono stati politici come lui negli ultimi cinquant’anni”. Giorgia Meloni, 2006: “Mussolini? Un personaggio storico (sorride)“.
Nostalgie e “storicizzazione” – “La comunità politica da cui provengo ha compiuto sempre passi in avanti verso una piena e consapevole storicizzazione del Novecento (…). Ha affermato e incarnato, senza alcuna ambiguità, i valori della democrazia liberale, che sono la base dell’identità comune del centrodestra italiano. Combatteremo qualsiasi forma di razzismo, antisemitismo, violenza politica e discriminazione”.
“Vedi però, sotto i piedi del Duce ci ho messo la stella rossa”: Ignazio La Russa, presidente del Senato, a giugno 2018, mostrando a un giornalista del Corriere la collezione di busti di Mussolini che ospita in casa. “Siamo tutti eredi del Duce“: Ignazio La Russa, 15 settembre 2022, un mese prima di diventare presidente del Senato. “Il fascismo? Io non direi mai che è il male assoluto. Nel fascismo ci sono state molte luci, solo qualche comunista continua a considerarla un’eresia”: Ignazio La Russa, presidente del Senato, 2 febbraio 2013. “Un grande statista di settant’anni fa”: Calogero Pisano, eletto alla Camera nelle liste di FdI ed ex segretario del partito ad Agrigento, nel 2014, parlando di Adolf Hitler. E due anni dopo: “Voglio ringraziare la Pascale per i complimenti che ha fatto alla mia leader Giorgia Meloni definendola una fascista moderna. Noi non abbiamo mai nascosto i nostri ideali, anzi… Nobis”. Più di recente, scena registrata dalle telecamere di Fanpage a un aperitivo elettorale di FdI: “Abbiamo tutte queste barche vecchie, che dobbiamo farne? Prendi una retina a poppa, una retina a prua, tiri giù il paranco e riempi. Una bombetta dentro, così hai fatto smaltimento rifiuti”. “Politica green!”, rideva a un aperitivo elettorale di FdI Chiara Valcepina, poi eletta consigliera comunale di Milano, salutando “romanamente” i commensali.
Pnrr – “Una proposta avanzata a suo tempo dal governo di centrodestra, per anni avversata, talvolta derisa, poi attuata. Il Pnrr è un’opportunità straordinaria di ammodernare l’Italia: abbiamo tutti il dovere di sfruttarla al meglio”.
“Si rischia un inaccettabile commissariamento delle scelte di politica economica di una Nazione sovrana. Difenderemo la nostra sovranità strenuamente e ci auguriamo che da questo momento in poi il governo voglia fare lo stesso”: Giorgia Meloni, 21 luglio 2020, dopo il Consiglio europeo che approvò il piano Next Generation EU con 209 miliardi di risorse per l’Italia. “C’è stata un’esagerazione sui trionfalismi di Conte da parte della grancassa mainstream. I fondi rischiano di arrivare troppo tardi, con condizionalità molto rischiose”: Giorgia Meloni, 24 luglio 2020. 10 febbraio 2021: al Parlamento europeo i deputati di Fratelli d’Italia si astengono (a differenza della Lega, che vota sì) sul regolamento che istituisce il Recovery. Il capodelegazione Carlo Fidanza tuona: “Porterà un diluvio di tasse e imporrà di nuovo le regole dell’austerità“. Astensione replicata anche alla Camera e al Senato quando si tratterà di approvare il piano del governo Draghi.
Trivelle – “I nostri mari possiedono giacimenti di gas che abbiamo il dovere di sfruttare appieno”.
“Domani vado a votare e voto sì. Mi pare sensato che al termine delle concessioni si smettesse di trivellare sul nostro mare: continuare a usare quei pozzi incide malamente sull’ambiente e aiuta le lobby legate a questo governo”. Giorgia Meloni, 16 aprile 2016, alla vigilia del referendum per estendere la durata delle concessioni per l’estrazione di idrocarburi.
Borsellino e mafia – “Io ho iniziato a fare politica a 15 anni, all’indomani della strage di via D’Amelio, nella quale la mafia uccise il giudice Paolo Borsellino. Un paio di giorni fa sono entrata a Montecitorio e quando ho trovato una foto di Paolo Borsellino ho pensato che si chiudesse un cerchio”.
Alle regionali in Sicilia Meloni ha sostenuto la candidatura a governatore di Renato Schifani, l’ex presidente del Senato che è stato a lungo indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Nell’archiviare la sua posizione, il gip ritenne provate le sue “relazioni con personaggi inseriti nell’ambiente mafioso o vicini a detto ambiente”, ma non le ritenne sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio. La neo-premier guida un governo sostenuto da Forza Italia, partito fondato da Marcello dell’Utri, condannato definitivo a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa e imputato nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Lo stesso dell’Utri e il leader di Fi, Silvio Berlusconi, sono indagati a Firenze come complici delle stragi mafiose del 1993.
Donne – “Tra i tanti pesi che sento gravare sulle mie spalle oggi, non può non esserci anche quello di essere la prima donna a capo del Governo. Quando mi soffermo sulla portata di questo fatto io mi ritrovo inevitabilmente a pensare alla responsabilità che ho nei confronti di tutte quelle donne che in questo momento affrontano difficoltà grandi e ingiuste per affermare il proprio talento o, più banalmente, il diritto a vedere apprezzati i loro sacrifici quotidiani”.
Nel governo Meloni i ministri donna sono sei su 24, meno che negli esecutivi Draghi, Conte I e Conte II. Tra i “colonnelli” e i dirigenti del suo partito non compare nemmeno una donna.