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Giorgio Panariello: “Conti e Pieraccioni? È proprio necessario parlare di quei due anziani?”

In un'accorata intervista al Corriere della Sera, Giorgio Panariello torna a parlare della sua vita. L'occasione è il suo debutto a teatro con il nuovo spettacolo "Favola mia" in cui ripercorre proprio la sua storia, tra vicende familiari e la fortunata carriera

di F. Q.

“Un’infanzia difficile, non infelice, l’ho raccontata in un libro, Io sono mio fratello. Sono stato abbandonato da mia madre, che era troppo giovane per crescere un figlio, e non ho mai saputo chi fosse mio padre. Sono stato allevato dai nonni materni. Un anno dopo la mia nascita, è nato mio fratello Franco, anche lui abbandonato… però i miei nonni avevano già da crescere, oltre a me, i loro cinque figli e lui venne affidato a un istituto di suore. Ogni tanto veniva a casa da noi, poi spariva e io, i primi anni, non sapevo che fosse mio fratello, lo credevo un amichetto con cui giocavo. Col passare degli anni, lui ebbe problemi con la droga e l’ho aiutato: lo portai a San Patrignano per farlo disintossicare. All’inizio tutto procedeva per il meglio, poi è scappato… in seguito è tornato ed era uscito dal suo faticoso percorso, totalmente “ripulito”. Ma una sera va a cena con degli amici, forse gli hanno offerto qualcosa… una pasticca, non so… ebbe un malore e quelli che erano con lui, invece di portarlo in ospedale, lo abbandonano sul lungomare di Viareggio: è morto per ipotermia”. In un’accorata intervista al Corriere della Sera, Giorgio Panariello torna a parlare della sua storia personale e, in particolare, della morte del fratello, episodio che ha segnato per sempre la sua vita. L’occasione è il suo debutto a teatro con il nuovo spettacolo “Favola mia” in cui ripercorre proprio la sua vita, tra vicende familiari e la fortunata carriera. Il mattatore toscano lo definisce “una chiacchierata col pubblico, per svelare chi è il Giorgio dietro al Panariello. Per questo l’ho intitolato come la canzone di Renato Zero, al quale rendo un doveroso omaggio, dove c’è una frase che dice: dietro questa maschera c’è un uomo”.

E ancora, Panariello ricorda: “Quando la maestra spiegava o interrogava qualche compagno — racconta — riempivo i quaderni con la mia firma: era già la prova del mio gusto per l’autografo. E poi mi chiudevo in bagno e, con la spazzola dei capelli di mia nonna, facevo finta che fosse un microfono e mi intervistavo, farneticando su quello che facevo o volevo fare…Però, quando alla fine delle medie gli insegnanti mi indicavano la scuola che avrei dovuto fare, ho sbagliato. Mi consigliavano uno studio relativo al contatto con il pubblico e ho capito male: mi iscrissi alla scuola alberghiera, pensando che fossi portato a fare il cameriere”.

Quindi non poteva mancare una battuta sugli amici di sempre, Carlo Conti e Leonardo Pieraccioni, compagni di tante avventure, sia sul palcoscenico che in privato: “È proprio necessario parlare di quei due anziani? — scherza l’attore — Abbiamo caratteri diversi, per questo siamo compatibili, i contrari si attraggono. Leonardo è pigro, vive nel suo eremo sulle colline fiorentine. Carlo è tutto casa e bottega: quando va a lavoro timbra il cartellino come gli statali. Con Carlo impossibile litigare. Con Leonardo, una volta litigammo di brutto, sull’impostazione di uno spettacolo. Aveva ragione lui e ci siamo riavvicinati ancora di più”, conclude.

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