Calcio

Il Brugge è l’anomalia del sistema: così sta dominando in Champions League dopo aver smantellato la rosa

Il club belga era quartultimo come coefficiente Uefa all'inizio della competizione, ora ha già strappato il pass per gli ottavi senza subire gol nelle prime tre partite (un record). Eppure quest'estate ha venduto i suoi giocatori migliori e ha promesso a tecnico il vice della scorsa stagione. Il segreto? Non è nemmeno il settore giovanile

L’anomalia di questa Champions League si chiama Brugge, squadra che contro ogni pronostico non solo è in vetta al proprio gruppo e ha già staccato il biglietto per gli ottavi di finale, ma è anche l’unica tra le 32 partecipanti a non avere ancora incassato un solo gol. Eventuali riserve sulla competitività del proprio girone, comprendente Atletico Madrid, Porto e Bayer Leverkusen, non possono che essere respinte al mittente per palese scollamento con la realtà, basti pensare che, aldilà dei colchoneros di Simeone il cui status sul panorama internazionale rimane indiscutibile, il Bayer Leverkusen che sta navigando nei bassifondi della Bundesliga ha una rosa dal valore quasi triplo rispetto a quella dei belgi (470 milioni contro 160), mentre il Porto sopravanza i nerazzurri di un centinaio di milioni. Inoltre in sede di sorteggio il Brugge, inserito in quarta fascia, era quartultimo come coefficiente Uefa, con alle spalle solo Celtic Glasgow, Viktoria Plzen e Maccabi Haifa. Del resto mai nella propria storia i fiamminghi erano finora riusciti a superare la fase a gironi, considerando ovviamente solo la Champions League e non la vecchia Coppa dei Campioni, nella quale una volta arrivarono in finale.

Il Brugge è un’anomalia a livello economico, in quanto agisce da intruso in un contesto calcistico che non gli appartiene. Ma lo è anche a livello progettuale, visto che l’exploit europeo è avvenuto dopo aver smantellato buona parte della squadra che lo scorso anno gli aveva permesso di vincere il terzo titolo belga consecutivo, consolidando il proprio dominio calcistico all’interno dei propri confini. Una superiorità che finora però non si era mai trasformata in un valore aggiunto a livello internazionale, come invece accaduto a club quali Porto, Benfica e Ajax appartenenti a campionati non di élite. Lo ha fatto quest’anno, dopo che in estate il club ha ceduto i due suoi migliori marcatori della passata stagione, Charles De Ketelaere (14 gol) e Bas Dost (12), il suo miglior difensore, Charles N’Soki, decidendo anche di monetizzare sul talento emergente del calcio belga di Lois Openda, rientrato da due anni di prestito al Vitesse, dove entrambe le volte era finito in doppia cifra, e ceduto in Ligue 1. Non è finita: in estate Noa Lang, miglior assist man della squadra, è stato bloccato da un infortunio, mentre il cervello di centrocampo Ruud Vormer, 93 assist in oltre 300 partite con il Brugge, ha rifiutato la cessione ed è stato accantonato.

A rendere il tutto sulla carta ancora più difficile c’è stata la nomina ad allenatore di Carl Hoefkens, che da cinque anni faceva il vice sulla panchina dei nerazzurri ma non possedeva alcuna esperienza alla guida di una squadra. Lo scorso anno Hoefkens aveva lavorato con Philippe Clement e Alfred Schreuder, i due allenatori che si erano avvicendati alla guida della squadra fotografando, in maniera indiretta ma assolutamente precisa, il ruolo del club sul panorama internazionale, ovvero un trampolino di lancio verso realtà più prestigiose. Clement infatti se ne era andato a dicembre per assumere la guida del Monaco, e lo stesso aveva fatto a maggio Schreuder rispondendo alla chiamata dell’Ajax. Dettaglio curioso: nell’attuale Champions il Monaco nemmeno è presente, in quanto uscito ai preliminari, mentre l’Ajax è praticamente retrocesso in Europa League. Agli ottavi ci va il Brugge del debuttante Hoefkens. Questo non significa che in casa dei blauw-zwart le cose si fanno a casaccio sperando in un colpo di fortuna, visto che il Brugge è la società meglio strutturata del paese e negli ultimi anni non ha nascosto l’ambizione di diventare una sorta di Ajax locale, ma come a volte bastano due-tre mosse azzeccate per trasformare l’ennesima ricostruzione (perché in certe realtà è questo che avviene ogni anno) in qualcosa di importante.

Nonostante in estate il Brugge abbia battuto il proprio record di incasso per un singolo giocatore cedendo per 32 milioni di euro al Milan un proprio prodotto del vivaio, De Ketelaere, cresciuto a 500 metri di distanza dal Janbreydel Stadion, il settore giovanile non è mai stato un fiore all’occhiello del club, quanto meno rispetto ad altre società belghe quali Anderlecht e Genk. E’ lo scouting a rappresentare il cuore del sistema Brugge, e quello che conta maggiormente è la velocità ad arrivare sui giocatori prima della nutrita concorrenza internazionale. In estate il Bruges ha acquistato dal Barcellona l’attaccante Ferran Jutglà, capocannoniere lo scorso anno nella terza divisione spagnola con il Barcellona B, ma impossibilitato a rimanere nella squadra per ragioni anagrafiche, e nel contempo senza prospettive, vista la concorrenza, nella squadra A di Xavi. Oggi è il miglior marcatore e il miglior assist-man della squadra. Accanto a lui è sbocciato il ghanese Kamal Sowah, oggetto misterioso lo scorso anno, che in questa Champions ha segnato più reti che nelle ultime sue stagioni tra Belgio e Olanda. In difesa Hoefkens ha lanciato il classe 2022 Abakar Sylla, in gol al debutto in Champions contro il Bayer Leverkusen, senza andare sul mercato per tappare il buco lasciato dalla partenza di N’Soki. Senza dimenticare il norvegese Antonio Nusa, primo 2005 a segnare in Champions. I belgi lo hanno acquistato nel 2021 per 3 milioni di euro dallo Stabaek quando all’epoca aveva disputato solo 13 partite da professionista. Un giocatore destinato a produrre un ritorno economico importante nei prossimi anni, alimentando il circolo virtuoso che permette poi alla squadra di investire sul mercato come nessuna altra società belga può permettersi di fare.

La bravura di Hoefkens è stata quella di assemblare le varie componenti in una squadra strutturata e dotata di una precisa identità. Giocatori rivitalizzati come l’ex Bologna Andreas Skov Olsen, oppure inseriti rapidamente nei meccanismi della squadra quali il centrocampista Nielsen, lo scorso anno nella top 11 della Pro League tra le fila dell’Union St. Gillis. Il tutto appoggiandosi a un paio di veterani già protagonisti le passate stagioni quali Hans Vanaken e soprattutto Simon Mignolet, l’uomo in più del Brugge in questa Champions. Dopo la conclusione dell’esperienza di Liverpool, il ritorno in Belgio era stato visto dagli scettici come una sorta di pre-pensionamento. Niente di più sbagliato, dal momento che Mignolet è costantemente tra i migliori della sua squadra. E se l’ennesimo titolo di miglior portiere del campionato belga può contare poco fuori dai confini nazionali, i numeri in Champions aiutano a comprendere meglio il livello altissimo delle sue prestazioni: nelle tre precedenti campagne di Champions il Brugge aveva incassato, nelle sei partite della fase a gironi, rispettivamente 12, 10 e 20 reti. Il numero attuale è 0. Zero.