I giornalisti scoprono che nel Trevigiano sta per partire un servizio privato e a pagamento di visite di medicina di base, ma la regione Veneto non ne sa nulla. Così insorgono le minoranze, denunciano una deriva di privatizzazione dei servizi e una crescita dei costi per avere una risposta ai propri bisogni. La domanda su quanto di vero ci sia negli articoli di stampa è stata rivolta alla presidente leghista Sonia Brescacin dalla vicepresidente Annamaria Bigon (Pd), assieme alle consigliere Francesca Zottis, vicepresidente del Consiglio regionale veneto, ed Erika Baldin del Movimento 5 Stelle. Hanno chiesto formalmente che la commissione approfondisca, con l’assessore regionale alla sanità Manuela Lanzarin, lo stato attuale della medicina territoriale in Veneto, la programmazione futura e i rischi di privatizzazione. L’assenza di medici di base a copertura di vaste aree del Veneto (nella sola provincia di Treviso i posti vacanti sono una settantina) ha innescato, infatti, l’attività del mercato privato, con tutto ciò che essa comporta in termini di costi.
“Alla commissione non risulta nulla” ha risposto la presidente Brescacin che, con il segretario della commissione Marco Zecchinato (lista Zaia presidente) e il capogruppo della Lega Giuseppe Pan, ha invitato le proponenti a circostanziare la richiesta e a produrre documentazione. In realtà da alcuni giorni è finita sugli organi di stampa veneti la notizia secondo cui sarebbero in arrivo medici di famiglia a pagamento, affiancati da infermieri. Si tratta di un’offerta in linea con i costi dei ticket per il servizio pubblico, disponibile 7 giorni su 7, che consentirebbe di risparmiare le attese negli ambulatori dei medici di base oppure nei pronto soccorsi come “codici bianchi”.
C’è anche un nome, la società trevigiana MipMedical srl, che ha avviato alcuni punti di prime cure. Vi lavorano medici giovani, non ancora specializzati, che sono impiegati come sostituti dei medici di famiglia o che hanno operato nelle unità speciali per il Covid. Il costo di una visita è di 20 euro. Alvise Alexandre, socio unico di MipMedical ha dichiarato: “I medici di famiglia da una parte sono sempre di meno e dall’altra sono sempre più impegnati. Noi puntiamo a creare una rete privata, ma con prezzi accessibili per fare in modo che le persone possano avere la prestazione richiesta nel giro di poco tempo, senza essere costrette a lunghe attese e senza andare a sovraccaricare i pronto soccorsi per problemi non urgenti”.
Severo il commento delle tre consigliere regionali di Pd e M5S. “Non accettiamo che la maggioranza dica che non capisce. Come si fa a ignorare una notizia così grave e abnorme come questa? Il privato arriva ad essere concorrenziale rispetto ad un servizio sanitario di base, che dovrebbe essere garantito dal pubblico come prevede la nostra Costituzione”. La sanità veneta ha già ampie fasce di ricorso ai privati. Baldin, Bigon e Zottis ricordano: “Questo vuol dire che ormai non c’è ambito che sfugga alla privatizzazione: dopo il pronto soccorso, ora la medicina generale. La Regione non se ne può disinteressare, quasi derubricando il caso ad una mera iniziativa privata, quasi non rientrasse nei compiti della Regione verificare la tenuta di un servizio pubblico fondamentale”. È intervenuta anche Cristina Guarda, di Europa Verde: “Raccogliamo i frutti di vent’anni di politiche sociosanitarie della Lega che hanno portato ad un vero e proprio fallimento, considerato che il presidente Zaia aveva ereditato uno dei sistemi sanitari migliori al mondo. Meno hai e più paghi, Veneto sempre più Robin Hood al contrario”.
Ad opporsi agli ambulatori privati di base sono anche i medici di medicina generale. “Noi non abbiamo deciso di offrire prestazioni a pagamento alla popolazione, ma vogliamo rimanere una risorsa del Servizio Sanitario pubblico” ha detto Maurizio Scassola, segretario regionale Fimmg Veneto. “L’iniziativa privata, libero professionale e commerciale di Treviso nulla ha a che vedere con la medicina generale e con gli scopi del Servizio Sanitario Nazionale e Regionale. Chiediamo alla regione Veneto di prendere posizione rispetto a questa e ad altre iniziative che si stanno sviluppando nel territorio. Hanno un denominatore comune: far ricadere sui cittadini veneti i costi di alcune prestazioni che sono diritto acquisito, diritto costituzionale e onere che ricade sulla Politica”.