Nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Maurizio Mirko Abate c’è un capitolo intero dedicato alla rete di copertura massonica che avrebbe garantito 17 anni di impunità all’ex poliziotto di Cosenza, accusato dell’omicidio di Lisa Gabriele, la giovane donna con cui intratteneva una relazione mentre aspettava un figlio dalla sua compagna. Lisa è stata trovata morta il 9 gennaio 2005 vicino a un casolare abbandonato in località “Manca di Gallina” del Comune di Montalto Uffugo. Era il primo pomeriggio quando i carabinieri trovarono il corpo con a fianco una bottiglia di whisky “J&B” semivuota e l’auto dove sono state rinvenuti un cellulare inspiegabilmente senza sim (stranamente trovata tre giorni dopo all’interno di una borsa termica), due confezioni dello psicofarmaco “Sonata”, “fuori delle quali vi erano quattro blister da 7 compresse ciascuno”, e un foglietto manoscritto con la frase “x la famiglia, x una pers. speciale, scusami pure se non esiste”, il disegno di un fiore con tre petali cadenti ed una cancellatura.
Un suicidio inscenato che non ha mai convinto la Procura di Cosenza che, all’epoca, indagò per omicidio. Tuttavia, nella prima fase delle indagini, gli elementi raccolti che sembravano indirizzare gli investigatori sul poliziotto Maurizio Abate, “non raggiunsero la soglia indiziaria utile alla prosecuzione del procedimento che veniva pertanto archiviato contro ignoti”. Tutti si sblocca nel 2018 quando in Procura arriva un esposto anonimo ove si ripercorreva la vicenda della morte di Lisa Gabriele con particolari credibili, perché “noti solo agli investigatori”. A scriverla “un poliziotto onesto della Stradale” che, pur restando nell’anonimato, ha voluto contribuire col suo racconto a fare luce sulla vicenda. In quella lettera, infatti, indicava come sicuro responsabile dell’omicidio Mirko Maurizio Abate, il poliziotto “per lungo tempo in servizio presso la stradale di Cosenza Nord ed ancora in servizio presso la questura di Cosenza”.
L’anonimo ex collega dell’indagato ha raccontato un episodio avvenuto alcuni mesi prima dell’omicidio, nell’agosto 2004 quando Lisa Gabriele “si era presentata nel cortile della stradale con un piccolo cuscino sotto i vestiti per simulare la pancia gonfia”. Così scatenò l’ira dell’Abate che l’avrebbe picchiata selvaggiamente al punto “che poi la ragazza è stata costretta a recarsi in ospedale, dove è stata accompagnata da una pattuglia della polizia stradale”. Circostanza confermata da alcuni agenti che hanno assistito in prima persona al pestaggio della ragazza. “Il poliziotto onesto”, quindi, “si diceva incapace di comprendere il motivo per il quale le indagini dei carabinieri di Montalto Uffugo fossero approdate ad un’archiviazione nonostante le cronache avessero reso nota la presenza di impronte digitali e Dna rilevati sul luogo dell’omicidio”. I genitori della ragazza “affidarono altre indagini – si legge nell’esposto anonimo – ad un investigatore privato di Rose, un certo Serravalle Antonio (o Rocco), che è stato poi minacciato tanto che poi ha rinunciato alle indagini dicendo ai familiari di Lisa di lasciare perdere pure loro perché Abate era protetto sia dalla malavita che dalla polizia”.
Nella lettera del “poliziotto onesto” compaiono nomi e cognomi: quello di un sovrintendente capo della stradale a cui sarebbero stati “forniti tutti gli elementi per dimostrare che Abate e Lisa quella sera erano insieme”, e che “nonostante avesse detto pubblicamente di sapere tutto non ha mai scritto niente né ha riferito quello che sapeva ai superiori o al magistrato”. E ancora: “un maresciallo dei carabinieri di origini pugliesi” che “ha partecipato alle indagini e guarda caso era molto legato ad Abate Maurizio”. Impietoso il gip Letizia Begnino nel descrivere la “serie di anomalie che, col senno di poi, analizzate oggi alla luce delle nuove circostanze e della esigenza di riapertura delle indagini, conferiscono alla vicenda una patina di inquietante ambiguità connotata da errori, reticenze ed incoerenze, ai limiti dello sviamento, sia da parte di chi fu chiamato a fare luce sulla vicenda sia da parte di chi fu chiamato a riferire circostanze utili”.
“Che la ragione delle anomalie investigative – è scritto nell’ordinanza ci custodia cautelare – possa risiedere non solo in una censurabile superficialità ma possa invece celare il voluto proposito di favorire al persona indagabile la si trae dalla constatazione di legami ed infiltrazioni massoniche nella vicenda, in grado di pregiudicare, irrimediabilmente o meno, la ricerca della verità e tali da rendere il quadro storico ancora più fosco”. L’ipotesi della massoneria che ha aiutato Maurizio Abate non “appare il frutto di mere congetture o di impressioni degli operatori di pg impegnati nelle nuove indagini ma scaturisce da oggettivi elementi indiziari”.
A rivelarlo agli inquirenti è stato Fabrizio Abate, il cugino dell’ex poliziotto: “Mi disse che era iscritto ad una massoneria di Bisignano denominata mi pare ‘Sacro Gral’ e il cui maestro venerabile era un certo Mario, rivenditore di rivestimenti per pavimenti”. Le intercettazioni hanno fatto il resto e hanno consegnato agli investigatori della Procura di Cosenza pure una considerazione dello stesso Abate mentre, il 18 febbraio 2020, a Maria De Ruvo dice: “Alla fine la cazzata l’ho fatta”.
Una “cazzata” che è costata la vita alla giovane Gabriele Lisa per il cui delitto non ha mai pagato nessuno. Il perché lo si legge nella parte finale dell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Maurizio Abate: “I depistaggi, le omertà, le ambiguità emerse nel corso delle indagini per l’omicidio di Lisa Gabriele hanno dimostrato come una rete di protezione e reticenza, di dubbia natura, ha accompagnato tutte le fasi della indagine e stenta ancora oggi, a distanza di molti anni a cadere, come può desumersi dalle contraddizioni in cui molti dichiaranti sono incorsi e dal ricorso allo stesso esposto anonimo da parte di chi ritiene di volere o potere per far luce su un omicidio”. L’esigenza cautelare del carcere appare, per il gip, l’unico argine per la prosecuzione dell’inchiesta: “Le amicizie, le connivenze e la colleganza anche massonica dell’indagato con molti di coloro che erano e sono tuttora in grado di riferire circostanze utili a fare luce sul decesso di Lisa Gabriele non può che essere fronteggiata con l’isolamento di Abate attraverso la misura cautelare massima”.