All’estero, dove l’attenzione sugli orientamenti del governo a guida Giorgia Meloni in politica estera rimane molto alta, non è passata inosservata la stoccata della presidente del Consiglio alla Banca centrale europea. Parlando alla Camera stamane Meloni ha detto: “Crescita bassa o nulla, quindi, accompagnata dall’impennata dell’inflazione che ha superato il 9% nell’area euro e ha indotto la Bce, al pari di altre banche centrali, per la prima volta dopo 11 anni, a rialzare i tassi di interesse. Una decisione da molti reputata azzardata e che rischia di ripercuotersi sul credito bancario a famiglie e imprese, e che si somma a quella già assunta dalla stessa Banca centrale di porre fine, a partire dal 1° luglio 2022, al programma di acquisto di titoli a reddito fisso sul mercato aperto, creando una difficoltà aggiuntiva a quegli Stati membri che hanno un elevato debito pubblico”.

Come scrive l’agenzia Bloomberg “L’attacco è il più diretto finora rivolto alla Bce per il rialzo dei tassi da parte di un politico della zona euro”. Giovedì prossimo è in programma la riunione del Consiglio direttivo della Bce che dovrebbe alzare il costo del denaro di altri 75 punti base (lo 0,75%), portando a 200 punti l’aumento attuato dallo scorso luglio. L’Italia, in quanto paese più indebitato della zona euro dopo la Grecia, è particolarmente sensibile al movimento dei tassi. Un costo del denaro più elevato significa interessi più alti da pagare sui titoli di Stato di nuova emissione e meno risorse da dedicare ad altre voci di spesa se si vogliono far quadrare i conti. Tra i principali beneficiari dei programmi di acquisti di titoli pubblici avviati da Francoforte (quantitative easing) l’Italia potrebbe incontrare turbolenze sui mercati se la Bce dovesse ridurre il suo sostegno.

Le banche centrali stanno alzando i tassi dopo oltre un decennio di politiche monetarie ultra espansive, per cercare di arginare l’inflazione. Ridurre la quantità di moneta in circolazione, risultato che si ottiene appunto alzando il costo di prestiti e finanziamenti, è infatti un elemento che può contribuire a frenare i prezzi al consumo.

Malumori, più sfumati, nei confronti di Francoforte sono stati espressi nei giorni scorsi anche dal presidente francese Emmanuel Macron e dalla premier finlandese Sanna Marin che pur alludendo non hanno espressamente chiamato in causa la Bce. “Sono in disaccordo con i principali orientamenti di politica monetaria e con una situazione in cui le banche centrali difendono la loro credibilità portando le economie in recessione“, ha scritto Marin su Twitter. A differenza di quello della Federal Reserve statunitense, il mandato costitutivo della Bce le attribuisce un compito di contrasto all’inflazione prevalente rispetto a quello del sostegno alla crescita economica. Il valore di inflazione considerato ottimale dalla Bce è del 2%, obiettivo verso cui tende con le sue politiche monetarie. Il commentatore del Financial Times Martin Sandbu ha auspicato un dibattito democratico sul ruolo delle banche centrali ma ha anche messo in guardia da attacchi politici che rischiano di minare l’indipendenza delle autorità monetarie.

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