Cultura

Annie Ernaux: “La scrittura non è un mestiere. Io avevo un mestiere: facevo l’insegnante. Non so ancora gli effetti di questo Nobel…”

Les Années Super 8, diretto assieme al figlio David, e presentato alla XVesima edizione di Archivio Aperto – Home Movies, ci riporta in un privato della Ernaux che è pubblico come raramente visto al cinema prima d’ora

di Davide Turrini

Entra in silenzio con indosso un paio di jeans chiari, scarpe da tennis e una giacca leggera. Annie Ernaux, il premio Nobel 2022 per la Letteratura, non sembra cambiata affatto da come appare in quel found footage diventato film – esce il 6 dicembre in Italia con I Wonder – sulla quotidianità della sua famiglia tra anni settanta e primi ottanta, ovvero più di 40 anni fa. Les Années Super 8, diretto assieme al figlio David, e presentato alla XVesima edizione di Archivio Aperto – Home Movies, ci riporta in un privato della Ernaux che è pubblico come raramente visto al cinema prima d’ora. Ernaux trentenne è la ragazza che fa l’insegnante e che ancora dovrà pubblicare il suo primo libro nel 1974. Le vacanze passate con marito e figli, in Cile, Marocco, la settimana bianca, il Portogallo e l’Unione Sovietica. Quello che non poté fare la sua generazione e che in quegli anni poté permettere di fare ai figli. Intanto scorre la società francese, Coluche, il caso Christian Ranucci, Nino Ferrer che canta Le Sud, il sol dell’avvenire con il socialismo di Mitterand che si materializza alla presidenza delle Repubblica, ma anche quel marito con cui si consumerà una separazione. “Mi interessava seguire un ordine cronologico degli eventi”, racconta la Ernaux. “Il tempo è l’elemento fondamentale della nostra vita e il processo di memoria si basa su ricordi privati. Tuttavia le storie familiari diventano storie collettive perché raccontano la storia sociale del paese dove l’esistenza privata si è sviluppata”. L’autrice de Il Posto e Gli anni ricorda che nei suoi romanzi ha scritto da sempre “di un sentimento di vergogna, come fosse uno stigma”, e che questa vergogna ha attraversato la sua esistenza: “la scrittura mi ha permesso di dare un nome a questa vergogna senza però mai risolverla”. Solo che oramai, pur di fronte ad un corpus eterogeneo di opere e ad un film di livello sopraffino come Les annérs Super 8, da quando nel post Nobel la Ernaux appare in pubblico diventa un punto di appoggio, una leva, una catapulta o semplice simbolo di difesa di un diritto che sembra ogni giorno dover essere ritrattato e non più garantito come l’aborto (da lei raccontato ne L’evenement, poi diventato film che ha vinto il Leone d’Oro nel 2021). “Io credo che le donne, assieme agli uomini di buona volontà, debbano vigilare e continuare sempre ad essere garanti dei loro diritti. Questo costante attacco alla libertà delle donne è inaccettabile: io auspico che il diritto all’aborto sia garantito costituzionalmente nel mio Paese, in Italia e nel resto d’Europa”. E a proposito di effetti del Nobel sulla propria vita, Ernaux se la cava modestamente: “La scrittura non è un mestiere. Io avevo un mestiere: facevo l’insegnante. Comunque non so ancora gli effetti di questo Nobel sulla mia attività. So solo che aspiro a restare a casa mia e a continuare ciò che avevo iniziato”.

Annie Ernaux: “La scrittura non è un mestiere. Io avevo un mestiere: facevo l’insegnante. Non so ancora gli effetti di questo Nobel…”
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