“Perché io comunque sono candidata per tutto, sono come il mercato, chi vota il centrodestra, chi vota il centrosinistra, chi vota il centro, abbiamo tutto!“. Francesca Ferri, capogruppo di Puglia Popolare nel consiglio comunale di Bari, aveva le idee ben chiare sulla gestione della campagna elettorale e sulla presenza nelle istituzioni. L’avvocatessa finita in carcere nell’inchiesta della Dda di Bari sul voto di scambio – condotta in parallelo da Guardia di finanza, Squadra mobile della Polizia di Stato, Digos e Carabinieri – piazzava suoi candidati in tutti gli schieramenti: eletta nelle file del centrodestra nel 2019, non disdegnava di avere persone “manovrabili” anche dall’altra parte della barricata. E così alle amministrative del Comune di Valenzano (piccolo centro del barese) offre sostegno a candidati del centrosinistra: “Sono due candidati che abbiamo messo con la lista di centrosinistra. Quei due sono delle forze in più che mi fanno avere potere al Comune”, spiega a una sua amica al telefono.

Ed è proprio a Valenzano che Ferri e il compagno Filippo Dentamaro – anche lui finito in cella – potevano contare, secondo l’accusa, sulla raccolta voti di Salvatore Buscemi, ritenuto a capo dell’omonimo clan. Dalle oltre mille pagine che compongono l’ordinanza di custodia cautelare emergono le intercettazioni e i retroscena di quella competizione elettorale. Per il gip di Bari è Ferri “a gestire gli accordi con i portatori di voto, occupandosi finanche personalmente dei controlli sulle liste, delegando viceversa al Dentamaro la fase più rischiosa del pagamento di denaro in favore degli stessi in acconto o a saldo del loro operato, quale parziale corrispettivo degli stessi elettori corrotti”. A Dentamaro spettava anche il compito di mantere i rapporti con il boss Buscemi: i due si incontrano spesso per coordinare le attività di raccolta voti e non solo. Anche lui non si fa troppi scrupoli ideologici: “A me non me ne frega nulla se è di destra o di sinistra… a me la cosa che mi interessa e che comunque è la coalizione vincente”. Una modalità condivisa dal boss, che tira le somme: “Oh! Allora, conta che noi dobbiamo stare bene…”.

Ma Ferri e Dentamaro non sono i soli ad aver chiesto aiuto al boss. Ignaro di essere intercettato, il capoclan del barese racconta di un candidato che durante la campagna elettorale aveva fatto della legalità la sua bandiera, salvo poi – lontano dai riflettori – rivolgersi proprio a lui per chiedere sostegno: “Gli dissi… fammi capire… vuoi i voti della malavita? Hai fatto il paladino della giustizia e ora mi stai chiedendo i voti? Impallidì! (…) Dissi a lui, io te li do i voti, i voti miei, della mia famiglia, ti do 100 voti a te, cioè non mi voglio allargare, gli potevo dire anche 300, ma 100 voti, io ti do 100 voti a te, e non voglio niente: non voglio soldi, non voglio mangiare, non voglio niente! Ma devi fare solo una cosa. Adesso ci facciamo una foto io e te, gli dissi e la metti su facebook! (…) La metti su Facebook, su ‘Sei di Valenzano’ e mi tagghi, e scrivi: “Questo è il mio carissimo amico che mi sta aiutando nella campagna elettorale”. Tu fai questo e io ti do 100 voti!”.

Secondo l’Antimafia barese, chi sosteneva i candidati del duo Ferri-Dentamaro otteneva in cambio denaro: ogni voto “costava” dai 35 ai 50 euro. Un sistema che per gli inquirenti è stato utilizzato nelle amministrative di Bari e di Valenzano, ma probabilmente anche in passato. “La particolare abilità e professionalità dimostrata nel congegnare un sistema articolato, avvalsosi di quello che lei stessa (Ferri, ndr) non esitava a definire un vero e proprio staff, potendo contare su una fitta rete di contatti, rende più che ragionevole sostenere che tale meccanismo fosse stato già sperimentato in passato dall’indagata e dal compagno in occasione di precedenti competizioni elettorali, in modo da affinarlo e renderlo così efficace da raggiungere il suo obiettivo politico”.

In effetti anche dai racconti della stessa Ferri si capisce che lo stesso metodo era stato utilizzato in occasione delle regionali pugliesi del 2015. E se fino a poco fa faceva parte della maggioranza che sostiene Michele Emiliano, a quelle elezioni l’avvocatessa barese era schierata dalla parte opposta: il suo nome compariva infatti nelle liste di Forza Italia che all’epoca sosteneva la candidatura Adriana Poli Bortone. E ottenne un risultato non indifferente, piazzandosi prima dei non eletti con ben 3532 preferenze. Ottenute anche grazie al “sistema”, come si capisce incrociando di alcune intercettazioni della coppia. La prima è una confidenza che Dentamaro rilascia al boss Buscemi: “Io alle regionali per mia moglie non mi sono sbagliato, che per 198 voti a livello regionale lei non ce l’ha fatta, non mi sono sbagliato”. La seconda, invece, arriva direttamente da Ferri, che a un’amica svela che coloro che venivano retribuiti per il voto, spesso tentavano di fregarla: “Così io feci alle regionali… mi fregarono tutti a me! Che gli diedi la (incomprensibile) e votarono lui … capito?”. E infine, un ulteriore riscontro emerge proprio da un dialogo tra la Ferri (F) e Dentamato (D):

“F: perché ci sono altri … che sono furbi che fanno la foto e la girano agli altri
D: brava uno l’ho beccato!
F: a me così è successo alle Regionali!
D: e non te ne accorgi che è la stessa calligrafia?
F: bravo!
D: dove vai?!? (frase in originale in vernacolo barese)
F: bravo!
D: seeeee!
F: e fai discussione …. hai capito? … vedi le persone a che punto arrivano per fregarti?”

Dalle carte dell’inchiesta, però, spuntano anche questioni relative a recentissime vicende amministrative. Il riferimento è alla sfiducia del sindaco di Valenzano, Giampaolo Romanazzi, da parte di dieci consiglieri di maggioranza e opposizione. Per il gip di Bari quell’episodio “lungi dal costituire un accadimento frutto della normale dialettica politica, si pone in perfetta linea di continuità con il programma criminoso della coppia, teso a determinare la decadenza della giunta ove non avesse risposto alle proprie esigenze, al fine di provocare nuove elezioni ove tornare a riproporre i ben noti meccanismi corruttivi (e di ricorso ai ‘voti della malavita’) già sperimentati”. Ascoltato come persona informata sui fatti, Romanazzi ha svelato che la Ferri le aveva proposto di accogliere due consiglieri di Puglia Popolare nella maggioranza per evitare la caduta della giunta: “Io mi dissi contrario, sempre per la ragione di non consentire l’ingresso in maggioranza di persone riconducibili politicamente alla Ferri”. Un rifiuto pagato a caro prezzo, che ha di fatto consentito a Dentamaro di realizzare una profezia pronunciata di fronte al boss nel 2019: “Romanazzi ha già vinto! Che io perché sto facendo eleggere 2 consiglieri nella sua coalizione. Perché due li faccio eleggere con lui e due in opposizione me li porto dentro e ne ho 4. Se non fanno quello che dico io tiro la catena!”.

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