Una fattura da 188mila euro da pagare entro fine ottobre. Luca Nasi, sindaco di Rolo, quattromila anime in provincia di Reggio Emilia, se l’è trovata sul tavolo qualche giorno fa: sono gli “extraprofitti” generati da un impianto fotovoltaico comunale che ora il Gse (Gestore servizi energetici) chiede indietro, come previsto dal decreto Sostegni ter di gennaio. Una misura pensata per reperire fondi per aiutare imprese e famiglie a far fronte al caro bollette tassando i produttori di energia, che però va a colpire anche gli enti locali che anni fa hanno installato pannelli su terreni o tetti di edifici pubblici sfruttando gli incentivi del Conto energia, e oggi sono a loro volta alle prese con le bollette per l’illuminazione pubblica e il riscaldamento salite alle stelle. “Non si è assolutamente tenuto conto”, ha scritto Nasi su Facebook, “che un Comune, oltre a essere marginalmente produttore di energia elettrica, è anche consumatore di energia e gas”.
A Rolo quest’anno si prevede una spesa per bollette di 326mila euro, a fronte dei 193mila dell’anno scorso. Inizialmente il sindaco aveva previsto di coprire la differenza proprio grazie a quanto incassato in più per la vendita dell’energia rinnovabile prodotta, ma ora si trova costretto ad accantonare quella somma in vista del versamento da fare al Gse. “Temo che molti enti si troveranno ulteriormente in difficoltà nel dover dar seguito a questi pagamenti forzati, anche solo per carenza di liquidità, non potendo dilazionare o rateizzare il pagamento”. Un timore fondato: secondo l’associazione dei Comuni italiani (Anci), ben 1.200 amministrazioni dovranno entro pochi giorni effettuare pagamenti al Gse che li mettono a “rischio default”.
Per restare in provincia di Reggio Emilia, il comune di San Martino in Rio – poco più di 8mila abitanti – a settembre aveva deciso di accantonare 118mila euro nel bilancio di previsione 2022 in attesa della fattura del Gse relativa agli “extraprofitti” di un impianto da 2 megawatt. Ma quando è arrivato, il conto si è rivelato ben più pesante: 260mila euro. A San Felice sul Panaro, meno di 11mila abitanti in provincia di Modena, è andata pure peggio: la richiesta è di 989mila euro. “È paradossale considerare extraprofitti quelli dei comuni, come se fossero aziende produttrici di energia”, dice Veronica Nicotra, segretario generale dell’Anci. “I proventi dei comuni proprietari degli impianti non sono in alcun modo assimilabili alla nozione di extraprofitto: si tratta di proventi destinati alla collettività e all’erogazione dei servizi ai cittadini, non all’utile o profitto privato”. Un concetto che Nicotra ha messo nero su bianco in una missiva inviata il 21 ottobre a Gse e Arera (l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) per chiedere “l’immediata sospensione dell’attuazione della norma, al fine di trovare insieme una soluzione più compatibile nella modalità e nei tempi”.
Le interlocuzioni dell’Anci con altri pezzi della pubblica amministrazione vanno avanti da mesi, con risvolti che sconfinano nel comico. Già prima dell’approvazione del decreto Aiuti bis di agosto, l’Associazione Comuni aveva chiesto al ministero della Transizione ecologica di non applicare la norma agli enti locali, o quantomeno di rinviare la scadenza del 31 ottobre per le fatture in arrivo. I vertici del ministero – ricorda Nicotra – si erano detti d’accordo, tanto che quando è uscito il decreto Aiuti bis, con inclusa una proroga della norma sugli extraprofitti al 30 giugno 2023, all’Anci l’hanno intesa nel senso che fosse stato concesso lo slittamento dei pagamenti, come richiesto. E sul sito aveva pubblicato una nota di parziale soddisfazione. Salvo poi rendersi conto che per il governo quella data aveva tutt’altro significato: gli extraprofitti da restituire non erano più solo quelli dall’1 febbraio al 31 dicembre 2022, ma anche quelli che saranno incamerati l’anno prossimo, appunto fino al 30 giugno 2023.
Per non parlare del cortocircuito che si è venuto a creare, visto che da un lato i comuni vengono “tassati” sugli extraprofitti, dall’altro vengono sostenuti dai contributi statali contro il caro bollette. “Chiediamo al governo la sospensione della misura in attesa di trovare soluzioni compatibili per gli enti nei tempi e nelle modalità, che possano anche prevedere meccanismi di compensazione con gli incentivi futuri degli impianti in produzione, pur ribadendo l’inapplicabilità a nostro avviso della norma agli enti pubblici”, conclude la segretaria dell’Anci.
Economia
La legge sugli extraprofitti dei colossi di energia? Colpisce anche i Comuni che puntano sulle rinnovabili: “Così finiamo in default”
Il sindaco di Rolo, quattromila anime in provincia di Reggio Emilia, si è trovato sul tavolo la richiesta di pagare 188mila euro in base a quanto previsto dal decreto sostegni Ter. A San Martino in Rio (ottomila abitanti) il conto sale a 260mila euro, a San Felice sul Panaro (11mila) a quasi un milione. Così una misura pensata per tassare i colossi dell'energia va a colpire anche gli enti locali, che hanno sfruttato gli incentivi per le rinnovabili. E l'Anci chiede una sospensione
Una fattura da 188mila euro da pagare entro fine ottobre. Luca Nasi, sindaco di Rolo, quattromila anime in provincia di Reggio Emilia, se l’è trovata sul tavolo qualche giorno fa: sono gli “extraprofitti” generati da un impianto fotovoltaico comunale che ora il Gse (Gestore servizi energetici) chiede indietro, come previsto dal decreto Sostegni ter di gennaio. Una misura pensata per reperire fondi per aiutare imprese e famiglie a far fronte al caro bollette tassando i produttori di energia, che però va a colpire anche gli enti locali che anni fa hanno installato pannelli su terreni o tetti di edifici pubblici sfruttando gli incentivi del Conto energia, e oggi sono a loro volta alle prese con le bollette per l’illuminazione pubblica e il riscaldamento salite alle stelle. “Non si è assolutamente tenuto conto”, ha scritto Nasi su Facebook, “che un Comune, oltre a essere marginalmente produttore di energia elettrica, è anche consumatore di energia e gas”.
A Rolo quest’anno si prevede una spesa per bollette di 326mila euro, a fronte dei 193mila dell’anno scorso. Inizialmente il sindaco aveva previsto di coprire la differenza proprio grazie a quanto incassato in più per la vendita dell’energia rinnovabile prodotta, ma ora si trova costretto ad accantonare quella somma in vista del versamento da fare al Gse. “Temo che molti enti si troveranno ulteriormente in difficoltà nel dover dar seguito a questi pagamenti forzati, anche solo per carenza di liquidità, non potendo dilazionare o rateizzare il pagamento”. Un timore fondato: secondo l’associazione dei Comuni italiani (Anci), ben 1.200 amministrazioni dovranno entro pochi giorni effettuare pagamenti al Gse che li mettono a “rischio default”.
Per restare in provincia di Reggio Emilia, il comune di San Martino in Rio – poco più di 8mila abitanti – a settembre aveva deciso di accantonare 118mila euro nel bilancio di previsione 2022 in attesa della fattura del Gse relativa agli “extraprofitti” di un impianto da 2 megawatt. Ma quando è arrivato, il conto si è rivelato ben più pesante: 260mila euro. A San Felice sul Panaro, meno di 11mila abitanti in provincia di Modena, è andata pure peggio: la richiesta è di 989mila euro. “È paradossale considerare extraprofitti quelli dei comuni, come se fossero aziende produttrici di energia”, dice Veronica Nicotra, segretario generale dell’Anci. “I proventi dei comuni proprietari degli impianti non sono in alcun modo assimilabili alla nozione di extraprofitto: si tratta di proventi destinati alla collettività e all’erogazione dei servizi ai cittadini, non all’utile o profitto privato”. Un concetto che Nicotra ha messo nero su bianco in una missiva inviata il 21 ottobre a Gse e Arera (l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) per chiedere “l’immediata sospensione dell’attuazione della norma, al fine di trovare insieme una soluzione più compatibile nella modalità e nei tempi”.
Le interlocuzioni dell’Anci con altri pezzi della pubblica amministrazione vanno avanti da mesi, con risvolti che sconfinano nel comico. Già prima dell’approvazione del decreto Aiuti bis di agosto, l’Associazione Comuni aveva chiesto al ministero della Transizione ecologica di non applicare la norma agli enti locali, o quantomeno di rinviare la scadenza del 31 ottobre per le fatture in arrivo. I vertici del ministero – ricorda Nicotra – si erano detti d’accordo, tanto che quando è uscito il decreto Aiuti bis, con inclusa una proroga della norma sugli extraprofitti al 30 giugno 2023, all’Anci l’hanno intesa nel senso che fosse stato concesso lo slittamento dei pagamenti, come richiesto. E sul sito aveva pubblicato una nota di parziale soddisfazione. Salvo poi rendersi conto che per il governo quella data aveva tutt’altro significato: gli extraprofitti da restituire non erano più solo quelli dall’1 febbraio al 31 dicembre 2022, ma anche quelli che saranno incamerati l’anno prossimo, appunto fino al 30 giugno 2023.
Per non parlare del cortocircuito che si è venuto a creare, visto che da un lato i comuni vengono “tassati” sugli extraprofitti, dall’altro vengono sostenuti dai contributi statali contro il caro bollette. “Chiediamo al governo la sospensione della misura in attesa di trovare soluzioni compatibili per gli enti nei tempi e nelle modalità, che possano anche prevedere meccanismi di compensazione con gli incentivi futuri degli impianti in produzione, pur ribadendo l’inapplicabilità a nostro avviso della norma agli enti pubblici”, conclude la segretaria dell’Anci.
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Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Nessun tumore al cervello e nessuna infezione da polmonite batterica, come erroneamente riportato dalla Direzione sanitaria del Mar Rosso. Mattia è morto per un’emorragia causata da un aneurisma cerebrale e si esclude con certezza la presenza di altre patologie concomitanti. Questo quanto emerge dopo l'esame effettuato dall'Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine". Così l'avvocato Maria Virginia Maccari, che assiste i familiari di Mattia Cossettini, morto a 9 anni mentre si trovava in vacanza a Marsa Alam.
"Mattia era felicissimo della vacanza e fino a quella tragica escursione in barca non aveva manifestato alcun sintomo, nemmeno un raffreddore. Tanti sorrisi fino all’ultimo momento, allegro come tutti lo conoscevano, ma durante l’escursione in barca non c’è stata nessuna possibilità di chiamare o di ricevere i soccorsi. Secondo i genitori vi è stata sicuramente una sottovalutazione del quadro clinico iniziale; c’è poi stato un errore di refertazione da parte dei medici dell’ospedale generale governativo di Marsa Alam, che hanno interpretato la Tc senza intervenire poi su Mattia per l’assenza di attrezzature, tenuto solamente in osservazione mentre i sanitari stimavamo le più svariate patologie, dal diabete alla broncopolmonite, citando addirittura il Covid come causa di un’ossigenazione bassa quando invece Mattia non aveva neanche la tosse", spiega.
"Rimasto invece su una lettiga di ospedale, con il cuscino della camera del resort, mentre i genitori tentavano invano un trasferimento presso un altro ospedale. La famiglia sta ancora approfondendo gli aspetti relativi all’incidenza di una corretta e tempestiva diagnosi, ma quello che emerge è la necessità di sensibilizzare il Governo egiziano per favorire protocolli nella gestione delle emergenze sanitarie nella zona del mar Rosso. Il primo ospedale attrezzato è situato a circa tre ore di auto e - sottolinea - non sono disponibili mezzi di trasporto rapidi per raggiungerlo. Probabilmente sarebbe sufficiente un piccolo contributo economico da parte delle numerosissime strutture alberghiere per garantire un servizio sanitario adeguato, oppure realizzare un eliporto per trasferire i pazienti gravi, raggiungendo un luogo idoneo. Si stima la presenza di circa quindici milioni di italiani in Egitto ogni anno, di cui un terzo circa nella zona del Mar Rosso".
"Nonostante tutte le immersioni subacquee effettuate in zona, anche una 'semplice' embolia polmonare diventerebbe critica a causa dell’assenza nelle vicinanze di una camera iperbarica. In alcune situazioni potrebbe fare la differenza anche la refertazione a distanza, facilmente possibile con l’utilizzo della telemedicina e nel caso di Mattia si sarebbe molto probabilmente evitata l'errata interpretazione delle immagini della Tc, fatto che ha di certo avuto un peso psicologico importante sui genitori. Non è chiaro se il tempo perso, dai primi sintomi interpretati in modo superficiale dai medici, all’incapacità di intervenire in modo attivo presso l’ospedale di Marsa Alam, potessero cambiare l’esito della vicenda. È però evidente come, qualsiasi necessità sanitaria improvvisa, che possa essere clinicamente complessa ma che nel nostro contesto sociale risulti gestibile, le possibilità di sopravvivenza in una zona così turistica e famosa siano sorprendentemente scarse. I genitori di Mattia, Marco e Alessandra, si augurano che la morte di loro figlio possa servire ad avviare questo adeguamento sanitario in Egitto per il bene dí tutti gli altri turisti italiani, non consapevoli della situazione fatiscente che potrebbero scoprire appena varcate le mura dei lussuosi resort", conclude.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - Gli ostaggi israeliani Eliya Cohen, Omer Shem Tov e Omer Wenkert sono stati trasferiti alla Croce Rossa Internazionale dopo essere saliti sul palco a Nuseirat, nel centro di Gaza, prima del rilascio da parte di Hamas.
Roma, 22 feb. (Adnkronos Salute) - "In Italia sono sempre più giovani medici attratti dalla ginecologia oncologica: questa specializzazione conta bravi chirurghi intorno ai 45 anni, in Italia sono circa 50, tra cui molte donne. E loro saranno tra i protagonisti domani del simposio 'Innovation in Gyn Onc', appuntamento voluto dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia all’interno di Esgo", European Gynaecological Oncology Congress, in corso fino a domenica a Roma (Hotel dei Congressi all’Eur). Così all’Adnkronos Salute Vito Trojano, presidente di Sigo alla vigilia del meeting all’interno del Congresso Esgo 2025, un'esperienza formativa con oltre 50 sessioni scientifiche che in questa tre giorni di lavori presentano gli ultimi sviluppi medici e scientifici nella ricerca, nel trattamento e nella cura dei tumori ginecologici, tenuti da esperti di fama mondiale.
"Sarà una giornata molto importante perché non solo è un connubio fra la Società europea di ginecologia oncologica e la Sigo – spiega Trojano – ma perché dedicata alle nuove generazioni. Obiettivo: poter fare in modo che la Ginecologia oncologica sia sempre più attrattiva e di interesse per i giovani che aspirano a fare i medici".
Tra i temi al centro del simposio, nuove proposte per la vaccinazione e lo screening del cancro cervicale, prevenzione del cancro ovarico oltre la chirurgia, medicina di precisione in oncologia ginecologica, novità dalla biopsia liquida, algoritmi terapeutici nel carcinoma ovarico di prima linea, efficacia e sopravvivenza a lungo termine con gli inibitori di Parp. E ancora: la salute digitale in oncologia ginecologica, telechirurgia, telesonografia, teleconsulenza e Hipec (chemioterapia ipertermica intraperitoneale) in oncologia ginecologica. "Ampio spazio sarà dato ovviamente alle nuove terapie mediche, alle tecniche chirurgiche e all’Intelligenza artificiale con cui i futuri chirurghi si addestrano e si formano", conclude Trojano.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - A Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, verranno rilasciati tre ostaggi (Omer Shem Tov, Eliya Cohen e Omer Wenkert) rapiti il 7 ottobre, anziché quattro come si pensava in precedenza. Il quarto ostaggio, Hisham al-Sayed, rapito nel 2015, verrà liberato in un altro luogo e senza una cerimonia pubblica. I veicoli della Croce Rossa sono presenti a Nuseirat, ma sembra che ci potrebbe essere ritardo nella consegna.