Le dimostrazioni si sono tenute in diverse città iraniane, dalla capitale Teheran fino a Karaj, Kermanshah, Sanandaj, Shiraz, Ahvaz, Mashhad e Isfahan. A Saqqez, prima dei presunti scontri, migliaia di persone avevano cercato di raggiungere a piedi o in macchina il cimitero dove Amini è sepolta: "Abbasso il dittatore", "Kurdistan, la tomba dei fascisti", "donne, vita, libertà" e "siamo tutti Mahsa, hai lottato e lotteremo anche noi", gli slogan
Le manifestazioni di piazza in tutto l’Iran a quaranta giorni dalla morte di Mahsa Amini, la 22enne deceduta dopo l’arresto da parte della polizia religiosa perché indossava male il velo, si sono trasformate nell’ennesimo episodio di repressione da parte delle forze di sicurezza della Repubblica Islamica. Questa volta gli episodi più gravi si sono verificati, secondo quanto scrive su Twitter Hengaw, organizzazione indipendente che si occupa delle violazioni dei diritti umani, in piazza Zindan (Baneh) a Saqqez, nel Kurdistan iraniano, la città natale della ragazza simbolo delle rivolte. Le forze di sicurezza, si legge, hanno sparato lacrimogeni e proiettili sulla folla per reprimere le dimostrazioni. Episodio non ancora verificabile, dato che il regime ha bloccato internet in tutta l’area, rendendo complicata la diffusione di video e messaggi online.
Le dimostrazioni, però, si sono tenute in diverse città iraniane, dalla capitale Teheran fino a Karaj, Kermanshah, Sanandaj, Shiraz, Ahvaz, Mashhad e Isfahan. A Saqqez, prima dei presunti scontri, migliaia di persone avevano cercato di raggiungere a piedi o in macchina il cimitero dove Amini è sepolta: “Abbasso il dittatore”, “Kurdistan, la tomba dei fascisti”, “donne, vita, libertà” e “siamo tutti Mahsa, hai lottato e lotteremo anche noi”, sono stati alcuni degli slogan gridati dai dimostranti che si sono recati alla tomba a piedi, dopo minacce da parte del governo di chiudere le strade che portavano al cimitero per evitare manifestazioni di protesta. In altre città, le proteste hanno visto la partecipazione anche di studenti universitari e negozianti dei mercati che da settimane avevano protestato scioperando. Ma anche i medici sono scesi in piazza a Teheran, con la polizia che li ha respinti con i lacrimogeni: i dottori protestavano contro la presenza delle forze di sicurezza negli ospedali in cui vengono curati i manifestanti feriti. Slogan contro la Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, sono stati gridati durante le dimostrazioni a cui hanno partecipato anche donne senza velo, mentre sono state bruciate immagini del leader iraniano in alcune università e nelle strade di alcune città.
Alla protesta si è unita simbolicamente anche Elnaz Rekabi, la scalatrice finita agli arresti domiciliari una volta rientrata a Teheran la scorsa settimana dopo avere gareggiato senza velo ai Campionati asiatici in Corea del Sud. Sul suo profilo Instagram ha scritto che “in questi giorni i miei eroi sono persone che pagano un caro prezzo per avere una vita normale. Avere una vita sicura, normale e libera è un diritto di tutti gli esseri umani”. Accanto al messaggio, Rekabi ha pubblicato una fotografia di Mahsa Amini.
Dopo che martedì il governo di Teheran aveva specificato le motivazioni dell’arresto del gruppo di francesi avvenuto in concomitanza con quello di Alessia Piperno, affermando che si trattava di spie, oggi notizie diffuse sui social e ancora da verificare confermerebbero anche la detenzione di un altro europeo scomparso da tre settimane, il trekker spagnolo di 40 anni Santiago Sánchez, scomparso dopo essere arrivato nel Kurdistan iracheno da dove sarebbe dovuto entrare nel Paese degli ayatollah. L’uomo, un ex militare di Madrid, stava svolgendo un viaggio a piedi dal suo Paese fino in Qatar per i Mondiali di calcio. Secondo indiscrezioni dei media Sanchez sarebbe stato trasferito a Teheran mentre, per ora, non ci sono state reazioni ufficiali.