Emanuela Coppai ha raccontato la sua storia sui social network e ora annuncia ricorso contro la decisione della commissione medica che la assegna ad altro incarico aumentando, peraltro, il numero delle ore a parità di stipendio. Con lei i genitori e il sindaco di Nuraminis
“Si avvisano tutti i miei bambini e le loro famiglie che da oggi maestra Manu viene messa in “malattia d’ufficio” contro la sua volontà, perché a quanto pare, con lei, i suoi adorati bambini non sono al sicuro, data la sua difficoltà a camminare, causa sclerosi multipla”. Con queste poche righe Emanuela Coppai, da 27 anni in lotta contro la malattia degenerativa che l’ha portata a usare il deambulatore per muoversi, ha annunciato ai suoi ragazzi l’addio che è stata costretta a dare al suo lavoro. Fino a qualche giorno fa era in classe come sempre e nessuno – così sembra dalle voci raccolte – si è mai lamentato. Ora è a casa perché la commissione medica di verifica provinciale a cui il dottore competente della sua scuola, la Ernesto Puxeddu di Villa Sor, l’ha sottoposta, l’ha definita “inidonea” all’insegnamento.
Una tegola sulla testa della maestra Manu che non ha accettato la proposta di essere demansionata con un nuovo contratto (da 24 ore a 36 ore) ove dovrebbe occuparsi di “altro” ma non d’insegnare: “Mi hanno proposto – spiega la docente a ilFattoQuotidiano.it – di stare in biblioteca; di fare dei progetti ma non ci sto. Io voglio fare il mio mestiere. Come ho scritto su Facebook esiste la Legge 68 per le categorie protette e la 104 per le agevolazioni sul lavoro attraverso le quali posso svolgere il mio lavoro. A quanto pare avere una disabilità è una colpa, contrariamente a quanto a scuola si insegna”.
Dalla parte di Manuela – pronta a fare ricorso alla commissione medica ospedaliera di seconda istanza – si sono schierati i genitori dei bambini, l’intera comunità di Nuraminis dove vive con in testa il sindaco, Stefano Anni, che spiega: “Conosco bene la maestra. Ho preso contatti con il provveditorato che mi ha prontamente chiamato e spiegato la situazione dandomi la stessa versione di Emanuela. L’inclusione esiste sulla carta, sui programmi elettorali ma non nella realtà. La vicenda dell’insegnante, mia concittadina, è la punta dell’iceberg di un’Italia che ancora arranca su questo tema. A Manu erano i bambini a dare uno scopo alla vita. Non è la stessa cosa stare in un ufficio tra le carte e in un’aula. Così la sua professionalità e la sua vita sono state mortificate”.
All’insegnante sembra ancora tutto assurdo quanto è accaduto: “Il dirigente ha chiesto un certificato della patologia che ha trasmesso al medico competente della scuola che mi ha inviato nei giorni scorsi a Cagliari alla commissione. Lì credevo di trovarmi di fronte a un team di medici e invece ho consegnato i documenti a una sola persona che dopo qualche secondo, mentre ero in sala d’attesa, mi ha detto che ero inidonea a insegnare. Il tutto mi è poi stato confermato da un referente del ministero dell’Istruzione, membro della commissione stessa, che mi ha proposto un contratto da 36 ore con un altro ruolo. Ora al di là che a me non interessa fare altro, ma perché dovrei accettare di lavorare 36 ore con lo stesso stipendio rispetto a quando ne facevo 24 da docente?”. Emanuela non ha accettato e la commissione l’ha messa in “malattia d’ufficio”. Ora la maestra è pronta a dar battaglia.
A ricostruire la vicenda è anche il dirigente della scuola, Ignazio Todde: “A fronte della certificazione presentata dalla docente ho contatto il medico competente per capire se la presenza in classe potesse diventare un problema nella gestione dell’attività didattica. Il dottore ha ritenuto di passare le carte alla commissione medica di verifica che mi ha trasmesso un verbale ove la maestra è dichiarata inidonea in maniera permanente all’insegnamento. Avrei preferito un altro responso ma non posso fare nulla. La mia attenzione verso questa situazione è stata una forma di tutela nei confronti dell’insegnante e degli alunni. La maestra si muove con difficoltà: se si trovasse in classe con un’emergenza che cosa accadrebbe?”. Todde ha proposto, come la norma prevede, una nuova mansione alla maestra: “Ho pensato ad una soluzione lasciandola nello stesso plesso con un’attività di bibliotecaria, di animazione della lettura, per mantenere il contatto con i bambini ma ad oggi la maestra non ha accettato”.