Secondo gli inquirenti era pronto al sacrificio estremo “a difesa della razza bianca” e a compiere azioni violente. Luigi Antonio Pennelli, 23 anni da compiere, è stato arrestato dalla Polizia che ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip del Tribunale di Bari su richiesta della Procura della Repubblica. Il giovane pugliese è accusato di arruolamento con finalità di terrorismo internazionale e di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa. Le indagini erano state avviate nel 2021 dalla Digos e dall’Ucigos nell’ambito del monitoraggio di ambienti virtuali suprematisti e di estrema destra, collegati al canale “Sieg Heil”, utilizzato dal giovane per promuovere contenuti antisemiti, misogini e di matrice neonazista. Sulle armi e sulle custodie trovate in casa sua (aveva una carabina, una pistola a pallini, una balestra, armi da taglio e mazze) c’erano iscrizioni con l’alfabeto runico – tra cui la “runa othala” – e i nomi dei suprematisti responsabili di attacchi terroristici, Traini, Breivik e Tarrant. “Allarmanti” – secondo i pm – sono le ricorrenze tra il materiale sequestrato e quello utilizzato da Payton Gendron, il 18enne autore della strage di Buffalo del 14 maggio 2022 che ha assassinato 10 persone e ne ha ferite tre.
Le indagini coordinate dai pm della procura di Bari Abbadessa, Giannella e Rossi, con il contributo informativo dell’Aise, hanno consentito secondo l’accusa di documentare l’appartenenza del ragazzo all’organizzazione terroristica suprematista statunitense ‘The Base’. Secondo l’accusa agiva per ora da “lupo solitario”, anche se aveva creato un gruppo di 3-4 membri, ed era pronto al sacrificio estremo “a difesa della razza bianca“. Si presentava come unico referente del movimento in Italia, tanto da indurre gli aspiranti adepti a contattarlo come tale. Aveva costruito la propria identità informatica come Comandante della Base, primo caso in Italia. Diffondeva il materiale propagandistico traducendolo in italiano.
“Ha commesso le condotte permanendo all’interno della propria abitazione e utilizzandola quale base logistica per i propri contatti, nonché per la sua attività di indottrinamento, addestramento per un verso e di proselitismo per altro”, scrive il gip del tribunale di Bari nell’ordinanza. La bandiera con il logo di ‘The Basè è stata fotografata sul balcone dell’abitazione. Il gip sottoline che “neppure con la convivenza con gli ignari genitori ha potuto fungere da deterrente, se solo si osservi la tipologia e la quantità del materiale, delle armi e degli arnesi detenuti nell’abitazione”. E ancora: “Attraverso plurimi collegamenti informatici e telefonici potrebbe agevolmente continuare a coltivare i propri rapporti con altri referenti dei gruppi, nonché con soggetti stessi dei quali ha dichiarato di non conoscere l’identità nonché pianificare e gestire eventuali incontri e progetti, senza alcuna possibilità di immediata e tempestiva verifica”.
L’analisi dei supporti informatici sequestrati nel corso dell’inchiesta ha evidenziato, inoltre, riferimenti alla volontà di procurarsi armi, nonché la capacità di costruire ghost gun da realizzare in prospettiva attraverso l’acquisto di una stampante 3D. Le investigazioni hanno permesso di interrompere – secondo l’accusa – l’azione criminale del giovane suprematista radicalizzatosi attraverso il web, entrato in contatto con il leader dell’organizzazione che, considerandolo parte del disegno terroristico collettivo, lo ha indottrinato per diffondere valori, schemi ed obiettivi del sodalizio anche in Italia ed affinché proseguisse nell’attività di proselitismo.
Nel corso dell’inchiesta la pubblica accusa ritiene di aver acquisito “solidi riscontri” grazie, non solo ai servizi tecnici, ma anche attraverso l’analisi della documentazione informatica sequestrata nel corso di una perquisizione presso l’abitazione, resa complessa dalle contromisure adottate dal giovane per garantire la ‘sicurezza’ delle proprie comunicazioni”. Nella chat di Telegram ‘Sieg Heil’ l’indagato ha condiviso un video nel quale – è riportato negli atti giudiziari – “verrebbero rivolte anche minacce di morte alla senatrice Liliana Segre“.