di Matteo Maria Macrì

Solo poche righe per cercare di mettere insieme due generi molto diversi tra loro: la farsa e la tragedia. E’ argomento dibattuto il sempre più diffuso ricorso ai “gettonisti” negli ospedali pubblici. Un gettonista, figura già presente nella maggior parte dei paesi europei, è un medico impiegato al posto del personale in organico, per riempire i turni scoperti in ospedale. L’alternativa italiana sono da sempre le ore extra e non retribuite.

Per chiarezza espositiva bisogna fare una serie di considerazioni partendo da lontano.

Pur essendo ancora un giovane medico, posso riferire che durante gli anni di studi, tra le materie più appassionanti per la maggior parte degli studenti, vi sono quelle considerate più impegnative: chirurgia, urgenze, rianimazione ecc. L’accesso a tali specializzazioni un tempo era considerato elitario. Ricordo con quale ammirazione guardavo gli specialisti di questi reparti, sembravano degli eroi ai miei occhi da novizio. Ma già durante i miei studi le cose iniziavano a cambiare; queste grandi branche non erano più seducenti, al contrario pareva che la dermatologia fosse diventata la materia più interessante mai esistita. Ma come mai questo cambiamento epocale? Come mai si era passati dall’ambire a fare un triplo bypass coronarico ad imparare a fare una mappatura dei nei? Senza nulla togliere all’importanza di quest’ultima, il cambiamento era abbastanza netto.

Guardando i desiderata degli aspiranti specialisti, possiamo constatare quale sia la tendenza degli ultimi anni: scegliere una specializzazione che sia spendibile nel privato e che consenta uno stile di vita decoroso in termini di stress e ore di lavoro. Ambizione del tutto legittima. Dunque non stupisce che nell’ultimo concorso per accedere alle specializzazioni il 50% delle borse di medicina d’urgenza e circa il 20% di quelle chirurgiche sia rimasto vacante. Ma per spiegare meglio il fenomeno basta osservare quali sono stati i cambiamenti del comparto sanità degli ultimi 20 anni:

– Riduzione massiccia del personale medico
– Scadimento netto della qualità formativa nelle aree chirurgiche
Peggioramento delle condizioni lavorative negli ospedali
– Stipendi inadeguati con contratti spesso precari

Non meraviglia che, come in qualsiasi altro settore, i lavoratori tentino di migliorare le proprie condizioni. Storicamente diverse figure professionali (solitamente gli specialisti settoriali come i dermatologi, gli oculisti, ecc), per ragioni strutturali, hanno potuto esercitare in libera professione, di fatto garantendo assistenza sanitaria in forma privata, laddove il pubblico non la forniva in modo capillare, in quanto trattasi principalmente di prestazioni non urgenti e dunque procrastinabili fino all’infinito in un sistema senza risorse. Non ci sono mai state insurrezioni di piazza o articoli di giornale per questo fenomeno. Ma da quando le carenze in ospedale sono diventate così eclatanti e alcuni posti cosi poco appetibili, da rischiare addirittura di interrompere i servizi essenziali, ecco che la logica di mercato coinvolge anche coloro che sono stati lasciati soli, dimenticati, ignorati per anni, trasformandosi da servi silenziosi a improbabili mercenari. Ed ecco finalmente l’indignazione, che però non valeva fino a quando a guadagnare dall’inefficienza della sanità pubblica erano solo alcuni professionisti, quelli “blasonati”.

Ecco la farsa. Purtroppo all’interno di una tragedia: lo smantellamento della sanità pubblica, graduale e inesorabile. Che bello sarebbe poter lavorare nel servizio pubblico senza sentirsi sfruttati, umiliati, degradati. Forse i desiderata degli aspiranti specialisti cambierebbero, sarebbero dettati dalle proprie attitudini anziché dalla convenienza. Nel frattempo, se la scelta è tra essere un professionista ben pagato e apprezzato o un dipendente sottopagato, esposto ai più alti rischi del mestiere e ad un sempre più intollerabile stress quotidiano, allora la scelta resta facile: dermatologia.

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