Continuano le proteste, gli scontri, la repressione e le uccisioni in Iran a più di 40 giorni dalla morte di Mahsa Amini, la 22enne che ha perso la vita dopo essere stata arrestata dalla polizia morale perché indossava male il velo. Un’ondata di arresti che ha coinvolto, secondo quanto riporta al-Arabiya, anche i genitori e il fratello della ragazza simbolo delle proteste nella Repubblica Islamica, per i quali sono stati imposti i domiciliari, come rivela un cugino, Irfan Murtazai.

Nonostante i rischi per l’incolumità dei manifestanti, le proteste di piazza, anche violente, non si fermano. Tanto che il prefetto provinciale di Mazandaran, nel Nord del Paese, Rouhollah Solgi, ha riferito dell’uccisione di due membri Basij, forze paramilitari volontarie iraniane, in quello che è stato definito un atto di “terrorismo”.

Continuano a morire anche i manifestanti. Altre tre persone sono rimaste uccise la notte scorsa durante una protesta seguita al funerale di un manifestante morto mercoledì, come riferisce Hengaw, gruppo per i diritti umani con sede in Norvegia, secondo cui colpi d’arma da fuoco esplosi dalle forze di sicurezza hanno tolto la vita ai tre dimostranti a Mahabad, vicino al confine occidentale dell’Iran con l’Iraq. L’episodio è avvenuto nel corso dei funerali di Esmaeil Mauludi, 35enne ucciso mercoledì notte. Un gruppo di persone si è diretto verso gli uffici del governatore al grido di “morte al dittatore” mentre bruciavano i locali.

Secondo un comunicato diffuso ieri sera da Amnesty International, “uccisioni illegali” da parte delle forze di sicurezza iraniane hanno fatto almeno otto morti in 24 ore in quattro province della Repubblica Islamica. Mentre a Zahedan, città nel sud-est, al confine col Pakistan, una manifestazione organizzata dopo la preghiera del venerdì è stata soffocata nel sangue dalle autorità e un ragazzo è rimasto ucciso. La folla, inferocita, ha urlato slogan contro la Guida suprema Ali Khamenei: “Morte a Khamenei”, hanno urlato prima della repressione.

Maggiori particolari emergono, grazie a un’inchiesta della Cnn, anche sulla morte di Nika Shahkarami, la 16enne di Teheran deceduta dopo aver preso parte alle manifestazioni. Secondo la testimonianza di una sua amica all’emittente americana, la giovane è stata fermata e fatta salire a forza su un’auto da “robusti agenti della sicurezza iraniana in borghese”. A sostenere la testimonianza dell’amica Ladan, che in piazza ha bruciato il velo islamico insieme a Nika, sono decine di video ottenuti in esclusiva dalla Cnn, oltre che testimoni oculari contattati dall’emittente. Nika quella notte ha provato a scappare, come si vede dai filmati, e anche a nascondersi accovacciata dietro un’auto, temendo per la sua incolumità. Secondo le autorità iraniane, che non hanno fatto vedere il suo corpo alla madre per otto giorni, il decesso della giovane “non ha nulla a che vedere con le proteste” ed è stato causato da una caduta da un palazzo molto alto. Insomma, si è trattato di “un suicidio”, come ha riferito il pubblico ministero di Teheran citato dai media iraniani.

“Volevo salvarla, ma non ho potuto farlo – ha detto Ladan alla Cnn – C’erano circa 20 o 30 Basiji in moto sul marciapiede. Shahkarami stava lanciando loro dei sassi. Ero spaventata e le sono persino passata accanto e le ho detto ‘stai attenta, cara’ perché c’erano un certo numero di poliziotti in borghese per le strade che la cercavano con le auto”, ha aggiunto. Ma “cinquanta metri più avanti l’hanno presa. Ricordo che era molto coraggiosa perché è anche salita sul bidone della spazzatura e non è scesa. Ha anche bruciato il foulard“, ha detto Najmeh, un manifestante che era con Nika alla manifestazione e che la Cnn indica con uno pseudonimo. Ed è stato proprio questo suo ruolo in prima linea che ha trasformato Nika in un bersaglio da colpire per le autorità iraniane.

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