“Non ero preparato psicologicamente ad affrontare un evento tragico come quello che è accaduto sotto i miei occhi giovedì ad Assago”. A parlare è Massimo Tarantino, è stato lui a disarmare Andrea Tombolini il 27 ottobre, dopo che il 46enne, da tempo in cura per problemi psichiatrici, ha afferrato un coltello dall’espositore del Carrefour di Assago Milanofiori, nel Milanese, e ha iniziato a sferrare fendenti indistintamente su chiunque fosse intorno a lui. Ha ucciso un dipendente del supermercato e ha ferito altre quattro persone. È a quel punto che Tarantino, dirigente sportivo ed ex difensore, tra le altre, di Napoli, Inter e Bologna, è intervenuto.

Lo ha raccontato in un’intervista al Corriere della Sera: “L’ho disarmato d’istinto, ero al posto sbagliato al momento sbagliato, ma ho fatto la cosa giusta per proteggere mia moglie e mia figlia”. Non vuole rischiare di rubare la scena ai protagonisti. “Non sono un eroe – dice – io sto bene, ma ci sono persone in ospedale e addirittura una che non ce l’ha fatta”. La vittima si chiamava Luis Fernando Ruggeri, morto durante il trasporto all’ospedale, a causa delle ferite da coltello al petto e all’addome. “Non ho assistito alla sua aggressione – spiega Tarantino – perché è avvenuta nelle corsie centrali del supermercato. Credo che sia successo quando abbiamo sentito le prime urla, cioè al momento dei primi accoltellamenti. Solo in un secondo momento si è creato il panico nella zona delle casse”.

Era lì che si trovava con la sua famiglia: in fila alla cassa del supermercato con la moglie Tatiana e la figlia Giorgia, 22 anni. “In un primo momento è calato il silenzio, perché tutti abbiamo cominciato a chiederci cosa stesse succedendo. Poi è sbucata una persona con la maglia sporca di sangue. A quel punto si è generato il panico, c’era gente che scappava a destra e sinistra”. Andrea Tombolini, armato di coltello, spunta dalle corsie e inizia a correre nella loro direzione. Un dipendente si avvicina all’aggressore e riceve una coltellata. “È stata una questione di attimi, non c’era il tempo di razionalizzare – ricostruisce l’ex calciatore – semplicemente ho dato un calcio al braccio dell’aggressore facendogli volare via il coltello. A quel punto l’ho immobilizzato finché non sono arrivate le forze dell’ordine che lo hanno preso in custodia”.

Tarantino spiega così la sua reazione: “Non sono scappato perché il mio istinto primario è stato quello di proteggere mia moglie e mia figlia. Ho solo tentato di disarmarlo. Tombolini urlava, ma tutti gridavano in quel momento, non si capiva niente. C’era il caos generale. Poi quando è stato disarmato è rimasto immobile, si vedeva che non era lucido. Gli agenti sono sopraggiunti dopo poco, anche se in questo momento non ho bene la percezione del tempo”.

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