L’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva è un diritto sancito dall’Unione Europea che tutti gli stati membri dovrebbero rispettare. Nel 2021 il Parlamento Europeo chiede che i Paesi Ue garantiscano una gamma di metodi contraccettivi e forniture di alta qualità, consulenza familiare e informazioni sulla contraccezione. Ma è davvero così?

Nel 2020 Aidos (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo) conduce una ricerca sull’accesso alla contraccezione gratuita in 45 paesi europei. L’Italia si trova nella metà inferiore della classifica, al 26esimo posto: molto lontana dal Regno Unito, dalla Francia e dalla Spagna e più vicina a paesi come la Turchia e l’Ucraina. Se questo dato non fosse già di per sé allarmante, è utile sottolineare come in Italia i profilattici costino quasi il doppio rispetto alla media mondiale, una spirale (IUS) può costare fino a 250 euro, un inserto sottocutaneo fino a 195 (più il costo del ticket per applicarlo) e le pillole contraccettive risultino essere le più care d’Europa, fino a 20 euro di spesa mensili.

Inoltre, allo stato attuale esse sono classificate in fascia C, pertanto, non essendo considerate farmaci essenziali, non sono rimborsabili dal Sistema sanitario nazionale e sono quindi completamente a carico del* cittadin*. Fortunatamente, è di questi giorni la notizia che la stessa Aifa ha avviato il percorso di rimborsabilità della pillola contraccettiva, soprattutto per le donne al di sotto dei 25 anni. Un percorso che, ci tengono a precisare, è già iniziato da tempo e che richiederà i dovuti tempi tecnici per la propria attuazione.

Non ci si stupisca quindi se, soprattutto tra i giovani e gli individui meno abbienti, l’adozione del coito interrotto sia ancora una pratica ampiamente diffusa. È infatti il terzo metodo più usato per evitare il concepimento. Un metodo inefficace (le interruzioni volontarie di gravidanza sono in media 1330 l’anno e quelle messe in atto da minorenni sono in crescita) e pericoloso, giacché non protegge minimamente dal rischio di contrarre malattie a trasmissione sessuale (anch’esse pericolosamente in crescita nel nostro paese).

La contraccezione gratuita in Italia in realtà esiste, almeno sulla carta, ed è stata introdotta con la creazione dei consultori familiari nel 1975. Nella realtà però questi ultimi sono stati depotenziati e impoveriti (nel 1993 i consultori pubblici erano 2725, nel 2016 sono diminuiti a 1944, quasi 800 presidi chiusi per mancanza di fondi o di interesse) e la maggior parte dei ragazzi non ne conosce le funzioni, le possibilità e nemmeno l’esistenza. Vi è anche da considerare che a livello nazionale non vi sono direttive specifiche in merito e quindi ogni Regione sta agendo su iniziativa propria.

Le regioni italiane in cui l’accesso alla contraccezione è gratuito sono sei: Puglia (è stata la prima nel 2008), Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana, Lombardia e Marche. La regolamentazione in materia è variegata, ma in linea di massima coinvolge donne giovani, con precedenti storie di aborto, in periodo post-parto o economicamente svantaggiate ed i contraccettivi proposti sono preservativi maschili e femminili, anelli vaginali, cerotto transdermico e pillola anticoncezionale. Alcune prevedono anche la contraccezione d’emergenza (Ru486), ma l’argomento è decisamente più complesso, poiché coinvolge anche le tematiche sull’aborto e la presenza di medici obiettori di coscienza.

Risale inoltre a fine settembre la notizia secondo la quale la Regione Lazio ha espresso la propria intenzione di voler inserire in bilancio voci a favore della gratuità della contraccezione per alcune categorie. Nello specifico si è deciso di istituire un tavolo tecnico per procedere con un protocollo sperimentale per la gratuità della pillola contraccettiva per le ragazze tra i 15 e i 19 anni.

Secondo lo Studio nazionale sulla fertilità le regioni che occupano i primi tre posti per l’accesso ai contraccettivi sono l’Emilia Romagna (88%), la Toscana (81%) e la Puglia (72%); fanalino di coda sono l’Abruzzo (41%), il Molise (34%) e la Sicilia (33%). Di contro, nelle regioni meridionali, in Sicilia e Sardegna si concentra il maggior numero di nascite da madri minorenni e di coloro che dichiarano di non usare alcuna protezione (il 20% a fronte del 10% nel nordest). Un altro dato allarmante emerso nello stesso studio riguarda anche l’accesso alle informazioni sulla sessualità. L’89% dei ragazzi e l’84% delle ragazze cerca su internet informazioni riguardanti la salute sessuale e riproduttiva; la partecipazione a corsi o incontri sul tema della sessualità al sud è pari al 33%, decisamente inferiore a quella nel nord (78%).

Quello della salute sessuale è un diritto innegabile di tutti che deve essere garantito affrontando entrambe le facce della stessa medaglia: da un lato provvedendo a colmare la mancanza di formazione riguardo la salute sessuale declinata nella sua accezione di prevenzione, tanto delle gravidanze indesiderate quanto delle malattie sessualmente trasmissibili (e non solo per i più giovani); dall’altro assicurando a tutti la possibilità di accesso al più vasto numero di anticoncezionali possibili, nonché all’assistenza e al supporto medico e specialistico, in modo tale da garantire il godimento di questo diritto nel modo più sicuro ed accurato possibile.

Non è irrealizzabile. In molti paesi del mondo è già una realtà. Negli Usa ad esempio è possibile trovare preservativi gratis (o almeno a prezzi molto convenienti) nei centri di genitorialità programmata, nei dipartimenti di salute pubblica locali, nei centri di comunità, presso il proprio medico e in molti college e licei. Senza andare oltreoceano, in Europa, in Francia, Olanda e Svezia la pillola è gratuita fino ai 21 anni e fino a 26 si paga solo un prezzo fisso di dieci euro l’anno. In Portogallo è garantita gratuitamente a tutt* e in Slovenia la contraccezione è addirittura una tematica presente nella costituzione.

Ringrazio per la collaborazione la dr.ssa Valentina Brunello

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