I bambini di chi sono, a chi appartengono? Il Consiglio regionale del Piemonte a maggioranza centrodestra la risposta ce l’ha bella chiara: i bambini sono propaggini dei genitori, la responsabilità della società – delle istituzioni preposte alla loro crescita, educazione e sviluppo delle attitudini e aspirazioni – si esaurisce nel sostegno economico ai genitori in difficoltà, possibilmente risparmiando qualche soldo da destinare a settori più “produttivi” della complessa società piemontese. In una regione fanalino di coda negli indici di dinamismo e sviluppo economico, una maggioranza incapace perfino di portare a compimento le procedure necessarie a costruire nuovi ospedali all’altezza delle eccellenze e delle aspettative di una popolazione sempre più vecchia, ha dedicato ben tre anni di lavori consiliari al varo della legge “Affidi zero”, un insieme di proclami ideologici più che di norme volte a contenere gli affidi di minori, perseguendo gli abusi e potenziando i servizi di controllo e vigilanza.
Di fronte al bambinetto lacero che mendica con la madre in giro per le strade chi non si è chiesto se fosse giusto lasciare il piccolo al suo destino o non, piuttosto, allontanarlo dalla genitrice per offrirgli ricovero e opportunità (almeno secondo gli standard della nostra società)? D’istinto verrebbe da immaginare la destra propendere per il sequestro del fanciullo e il suo immediato ricovero presso terzi amorevoli, magari ironizzando sull’atteggiamento compassionevole e problematico della sinistra che questionerebbe sull’arbitrio.
La legge regionale “Affidi zero” è il preciso ribaltamento di quel senso comune: per la destra piemontese il bambinetto lacero eccetera deve stare con sua madre che, al massimo, può essere aiutata con qualche contributo (mettere il fanciullo in una comunità o affidarlo a una famiglia ospite costerebbe certamente di più) a lei o alla famiglia allargata. Non come avrebbero fatto quei cattivoni di sinistra, indelebilmente marchiati dalle vicende di Bibbiano. Loro avrebbero strappato il fanciullo dal seno materno per darlo in pasto a qualche cooperative del loro giro che così ci lucrano su. A sentire le dichiarazioni di giubilo dell’assessora proponente e della maggioranza del Consiglio regionale viene davvero da preoccuparsi della malafede prodotta dall’ignoranza e dalla spietatezza nell’utilizzare drammi umani e sociali per battaglie politiche di infimo livello. E senza nemmeno l’alibi della “tutela della vita” della destra marchigiana.
Chi, come chi scrive, ha conosciuto da vicino fin dai tardi anni 90 il delirio dell’associazione Hansel e Gretel, del fondatore Foti e dei suoi adepti e operatori, sa che una rete efficace di servizi avrebbe da subito individuato l’approccio monotematico, totalizzante e terrorizzante, impedendo così che si trasformasse in una macchina per piegare relazioni difficili agli schemi di una psicoterapia fondata sulla predicazione della sessualizzazione di ogni manifestazione di amore e di conflitto: condanne infamanti e distruttive di genitori e famiglie pronunciate con l’assolutismo di chi, essendo per definizione dalla parte del bambini, considerava il mondo intorno a loro come un coacervo di orchi assatanati e streghe cattive, pronti a copulare con figli e nipoti. Bibbiano è stato tutto questo e anche di più. Un serio controllo su ciò che stava accadendo, soprattutto nell’attività di formazione degli operatori sociali, avrebbe evitato tanti dolori e vite distrutte.
C’entra qualcosa con la Legge Regionale “Affidi Zero”? Nulla, se non per il fatto che il centrosinistra è stato in prima linea nello smantellamento dei servizi pubblici a favore di quelli privati convenzionati. Iniziative che hanno aperto la strada ai Foti e a tanti altri guru che hanno sperimentato la loro “psicologia applicata” direttamente sulle spalle dei bambini e delle loro famiglie, pure a spese della collettività.
Forse con servizi sociali attenti, equilibrati e perfino un po’ invasivi, Diana Pifferi, la bimba di un anno e mezzo che è morta di stenti nella sua casa a Milano dopo sei giorni di abbandono da parte della madre, oggi sarebbe viva, magari in affido in attesa che la madre si riavesse. Insomma, ogni bimbo è una storia a sé, tuttavia mai come in questo caso si coglie una dinamica profonda che si è fatta cultura politica e non solo del centrodestra: si vellica la pancia della gente con la truculenza delle storie amplificate dai mass media amici (quasi tutti), si individuano nemici in carne e ossa contro cui dirottare la rabbia montante e si irridono tutti coloro che cercano di opporre alla narrazione fasulla numeri e storie che dimostrerebbero il contrario. È la strategia di Trump, di QAnon (ricordate la narrazione della pizzeria ritrovo dei democratici pedosatanisti, a cui tanti onesti americani ancora credono?), delle destre eversive occidentali, delle nostre.
Eppure, stando ai dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in Italia a fine 2019 i minori in affido famigliare (presso parenti prossimi) erano 13.555, pari allo 0,14% della popolazione minorile: punte significative in Piemonte e Liguria (0,2%), in grande prevalenza i ragazzi nella fascia 15/17 anni. Il numero è sostanzialmente stabile. Per quanto riguarda i minori allontanati dal nucleo familiare di origine e collocati nei servizi residenziali per minorenni, si oscilla dai valori superiori al 3 per mille in Liguria a quelli inferiori all’1 per mille in Valle d’Aosta, Friuli Venezia-Giulia. A fine 2019 erano i minori in questa condizione erano 14mila circa. La metà di loro ha un’età fra i 15 e i 17 anni (48%); seguono le fasce 11-14 (19%) e 6-10 (16%), le fasce di 0-2 anni (8%) e di 3-5 anni (9%).
In Piemonte la situazione è stazionaria, la gran parte dei bambini che necessitano di intervento viene affidata ai parenti più prossimi ritenuti idonei. È del tutto evidente che, quando non è proprio possibile, si ricorra a soluzioni di affido a terzi (comunità o famiglie ospitali) magari prevedendo interazione con i genitori impossibilitati a prendersene cura stabilmente. Altro ancora sono le dispute fra i genitori separati per la custodia e l’accesso ai figli: a volte c’è un fondamento alle accuse, a volte si tratta di una tappa della guerra di una ex-coppia che si affronta usando i figli come clava. Anche in questo caso la Legge Regionale “Affidi Zero” non serve a nulla.
Insomma, risparmiare soldi e vellicare gli istinti più bassi. Far credere che i comunisti non mangiano più i bambini, ma se non stai accorto, te li tolgono. Far credere che con qualche soldo sottratto ai servizi sociali la tossicodipendente comincerà a occuparsi dei suoi bambini come meritano, il ladruncolo troverà lavoro e righerà dritto in nome della progenie, il/la mendicante troverà casa e occupazione smettendola di usare i suoi figli per sollecitare pietà e qualche moneta. E così per la destra i figli non sono più da immolare alla patria, sono diventati direttamente carne da cannone utile a soddisfare le velleità identitarie di una politica senza nerbo e coscienza.