di Giorgio Boratto
Ricordo che mi aveva molto impressionato il libro Il ritorno del Principe di Roberto Scarpinato e Saverio Lodato, uscito nel giugno del 2008. Quel libro denunciava il gioco politico della collusione tra potere e malaffare. Avere le istituzioni democratiche al di sopra di ogni sospetto sarebbe cosa normale e invece in Italia vediamo come chi incappa nelle maglie della giustizia continua poi a frequentare gli stessi ambienti.
La stessa gente non esita poi a licenziare e a bollare come ladri e farabutti gli altri, mentre si autoassolve in nome di una appartenenza ad una classe sociale superiore: sono senza vergogna. Scarpinato, eletto senatore per il Movimento Cinque Stelle ha, nel dibattito al Senato sulla fiducia al governo di Giorgia Meloni, in fondo ha ribadito le stesse cose.
Sul tema della corruzione non riusciamo mai ad essere coerenti; anzi dato che corrotti e corruttori spesso si trovano nei gangli del potere, ecco che politici e criminali frequentemente condividono affari e destini. La mafia è il sistema di potere che più di ogni altro è colluso con i politici.
Bene quindi ha fatto nel ricordare quel fascismo che da subito, nel dopoguerra, ha continuato a vivere per sabotare e sovvertire la Costituzione italiana anche con mezzi violenti e sovversivi trovando accordi perfino con la mafia (vedi Portella delle Ginestre). Poi ha giustamente fatto l’elenco dei personaggi di Ordine Nuovo tutti condannati.
Ancora quel Federico Mollicone, di Fratelli d’Italia, che ha voluto ricordare in una sala del Senato il generale Gianadelio Maletti, condannato per stragismo, e ancora dell’apporto di un partito come Forza Italia che ha tra i fondatori Marcello Dell’Utri, da sempre in concorso con la mafia. C’è da chiederci quale idea di Stato abbia la presidente Meloni. Una domanda fatta da Scarpinato a cui non è stata data risposta, ma solo detto che il suo intervento sia stato solo una requisitoria ideologica.