“Salite in macchina, di corsa”. L’indicazione è brusca e non ammette repliche. Non c’è bisogno di alcun traduttore. Oleg e Oleksandr, i due militari di scorta che ci hanno accompagnato in prima linea a Orichiv, 70 km a sud-est di Zaporizhzhya e punto d’impatto tra i due blocchi lungo la linea sudorientale del conflitto, hanno i volti tirati dalla tensione adesso.

Un minuto prima eravamo scesi per l’ennesima perlustrazione lungo le strade deserte di Orichiv, per descrivere il senso della distruzione di una cittadina che prima del conflitto contava su una popolazione di quasi 20mila abitanti e adesso ne sono rimasti 500, tutti vecchi. Per la precisione ci trovavamo davanti a quella che fino a otto mesi fa era la stazione dei bus, ora ridotta a un ammasso di macerie come il resto degli edifici di Orichiv, tutti danneggiati o distrutti e privi di luce, gas e acqua potabile.

All’improvviso una comunicazione via radio dalla base militare ucraina del posto. E l’umore subito cambia. In fretta e furia, assieme al nostro fixer, saliamo a bordo dell’Audi potente ma già pronta per il macero (come tutti i mezzi ‘civili’ in guerra dopo mesi di conflitto). Una sgommata seguita da una derapata e via a tutto gas lungo la statale T0803 che collega la martoriata cittadina al capoluogo regionale, Zaporizhzhya.

La spiegazione all’alto tasso di tensione arriva in fretta dal fixer che traduce le parole dei due soldati: “Un drone intercettore russo ha preso di mira la nostra auto. Ci ha notato girare lungo le strade di Orichiv e adesso ci ha puntato”. Non si trattava di un drone di fabbricazione iraniana, divenuto famoso di recente per la sua carica esplosiva e distruttiva, tuttavia aveva un bersaglio chiaro: “Questi apparecchi puntano un obiettivo e lo seguono per qualche tempo dando le coordinate a terra alla linea missilistica – sono le parole dei due soldati -. Ora dobbiamo seminarlo e per farlo l’auto deve procedere oltre i 130 chilometri orai, altrimenti il pedinamento va avanti e siamo fottuti”.

Oleg, al volante, mette subito in pratica l’intendimento e la vettura sfreccia a velocità da sospensione della patente, fino a sfiorare i 200 chilometri orari, per fortuna lungo strade deserte e tutto sommato in buono stato. Ci vogliono venti chilometri, fino a Lyubymivka, altro centro spettrale ma fuori dalla portata del drone, per calmare il pilota e mettersi lo spavento alle spalle. Nel frattempo arriva un’altra comunicazione via radio: “Dal fronte russo hanno iniziato a lanciare dei missili sulla città, ne sono caduti già due. Quando il drone ha mollato noi i missili hanno colpito altri target” spiega Oleksandr. All’altezza di un chiosco senza insegne l’auto si ferma: “Ce la siamo vista brutta. Ci meritiamo un caffè” è la chiosa finale.

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