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Brasile, Lula è presidente per la terza volta, ma il Paese si spacca. Bolsonaro battuto con il 50,8% dei voti

L'ex sindacalista, fondatore del partito dei lavoratori, torna presidente dopo 12 anni e dopo avere attraversato lo scandalo Lava Jato. Bolsonaro è sconfitto, ma il risultato elettorale è tutt'altro che rassicurante per il neo leader

Il Brasile esce spaccato dalle urne al termine del testa a testa tra il leader della sinistra Luiz Inacio Lula da Silva, alla fine vittorioso, e il presidente uscente Jair Bolsonaro in una delle campagne elettorali più polarizzate dall’epoca della dittatura. Una sfida all’ultimo voto funestata dal caos nel trasporto pubblico, con molti elettori che in varie città del Paese non hanno avuto accesso gratuito ai mezzi, a differenza di quanto previsto dalla legge. Alla fine a spuntarla è stata Lula che torna alla presidenza per la terza volta dopo le vittorie del 2002 e del 2006. Il successo, tuttavia, arriva alla fine di una campagna elettorale fatta di insulti e al termine di una giornata elettorale tutt’altro che tranquilla, tra accuse e persino richieste pubbliche di arresto per il capo della polizia stradale, reo di avere condotto blitz in tutto il Paese a caccia di elettori senza biglietto. Anche il risultato non può far sorridere il nuovo presidente che, archivia sì l’epoca Bolsonaro, ma deve accontentarsi del 50,8% dei voti e di un Paese spaccato in due, anche geograficamente, nelle preferenze politiche.

Partito in vantaggio, come confermato dall’ultimo sondaggio di Datafolha che nella serata della vigilia elettorale lo dava al 52% delle preferenze contro il 48% dell’avversario, Lula ha saputo dare nuova speranza al Paese, risorgendo dalle ceneri della Lava Jato, la Mani pulite brasiliana che lo aveva travolto.
Nei due mesi spesi a convincere i brasiliani battendo le piazze del colosso sudamericano da nord a sud, l’operaio diventato presidente non ha perso occasione per chiedere di far prevalere un modello progressista per il Paese, per riportarlo nell’orbita delle relazioni internazionali (“ora è più isolato di Cuba”), per riaccendere l’attenzione sugli indigenti (“33 milioni soffrono la fame”), per arrestare lo sterminio degli indigeni e lo smantellamento delle foreste dell’Amazzonia.

“Sarà una vittoria della democrazia”, aveva detto Lula ai sostenitori che l’avevano atteso fin dall’apertura dei seggi per salutarlo. Alla scuola statale Firmino Correia Arajuno, a San Bernardo do Campo, suo bastione politico nello stato di San Paolo, il 13 (questo il numero associato a Lula nelle urne elettroniche) ha baciato la ricevuta del voto appena espresso. Una forma di scaramanzia. “È il 30 ottobre più importante della mia vita”, ha spiegato facendo il segno della L con una mano e ricordando il risultato ottenuto al primo turno, dove ha incassato il 48,43% dei voti (57.259.504) contro il 43,2% del candidato del Pl (51.072.345).

CHI E’ LUIZ IGNACIO LULA DA SILVA – Primo presidente di sinistra e primo operaio senza un diploma universitario a raggiungere la massima carica dello Stato, Lula è stato eletto per la prima volta alla guida del Paese nel 2002 e riconfermato nel 2006. Idealista pragmatico, durante il suo governo ha strappato alla fame milioni di persone con il programma di sovvenzioni ‘Bolsa Familia’, diventando uno dei leader latinoamericani più popolari nel Paese e all’estero. Nell’ultima campagna elettorale, Lula ha puntato tutto sulla nostalgia dei suoi governi, promettendo di “prendersi cura del popolo” e di ripetere l’impresa di debellare la fame che attanaglia i brasiliani.
Nato il 27 ottobre 1945 a Caetes, nello stato del Pernambuco (nord-est), figlio di un contadino analfabeta, Lula è cresciuto in una famiglia povera, iniziando a lavorare a 12 anni. Nel 1964, dopo aver perso un dito mentre lavorava in fabbrica come tornitore, ha cominciato a interessarsi di attività sindacale e nel 1978 è stato eletto presidente del sindacato dei lavoratori dell’acciaio. Due anni dopo, nel pieno della dittatura militare, ha contribuito a fondare il Partito dei lavoratori (Pt), movimento di sinistra a cui appartiene anche l’ex presidente Dilma Rousseff.

Le origini operaie e le vittorie politiche hanno reso il candidato Pt un fenomeno di massa e un’icona della sinistra latinoamericana. Ma questo non lo ha reso immune agli scandali e all’ombra della corruzione per la quale è stato condannato due volte e ha trascorso un anno e mezzo in prigione tra il 2018 e il 2019. Nel 2021, però, la Corte Suprema ha annullato le sentenze, restituendo a Lula i diritti politici. Da allora, il leader di sinistra ha cercato di riabilitare il suo nome e di riconquistare la fiducia del popolo, anche strizzando l’occhio al mondo religioso tanto influente nel Paese e avventurandosi in alleanze innaturali, come quella con il conservatore ed ex avversario Geraldo Alckmin.