Si prepara un lungo e inospitale inverno per le forze militari in campo nel Donbass. Da strategia d’attacco e controffensiva a guerra di logoramento col freddo che rischia di giocare un ruolo decisivo. Chi sperava in una soluzione rapida del conflitto, specie dopo che Kiev ha affondato il coltello nel burro dell’oblast di Kharkiv, forse dovrebbe ricredersi. Per fortuna, al momento il clima è assolutamente accettabile. Dopo settimane di temperature primaverili, nel rajon (l’equivalente della nostra provincia) di Kramatorsk ieri è stata la prima giornata autunnale. Il granaio d’Europa ha modificato le cromie, dal giallo/verde di grano e girasoli e dal cielo azzurro, alle nuvole grigie e ai campi secchi pronti a offrire i frutti pregiati nel giro di tre stagioni.
Tra un mese, sorprese del clima impazzito a parte, da queste parti farà molto freddo e fino a marzo neve, ghiaccio e temperature polari la faranno da padrone: “I russi hanno deciso di fermarsi, di prendere tempo e prepararsi a un lungo inverno. Intanto lanciano missili a caso, senza un bersaglio preciso, solo per sfibrare la resistenza”. A dirlo è Danil, membro delle forze speciali di Kiev, formato per i blitz anti-terrorismo e, in tempi di guerra, per missioni ad alto rischio in prima linea. Lo abbiamo incontrato a Kostantinivka, immediata retrovia di Bakhmut. Trentatré anni appena compiuti, Danil è originario di Donetsk city, da quasi nove anni sotto le mani dei filorussi: “Il mio obiettivo un giorno è tornare nella città dove sono nato, ma so che non sarà facile e non sarà adesso. Prima del 24 febbraio mi occupavo di tutto, anche di operazioni contro criminali comuni; da otto mesi sono impegnato qui sul campo. Quando Mosca ha deciso di ritirarsi in fretta dalla regione di Kharkiv, per un attimo ho sperato che le cose potessero prendere una piega definitiva. È vero, il nemico sta perdendo la guerra, continua a ritirarsi da diversi quadranti, ma ha deciso di curare i territori di suo interesse. E il Donbass è uno di questi. Gli ottimi risultati a Kherson? Una decisione giusta spostare il grosso delle nostre forze per rubare terreno ai russi a ovest, ma guai a sguarnire il fronte nelle regioni di Donetsk e Lugansk. La vera paura è restare impantanati per altri mesi. Vediamo a chi farà più male l’inverno”.
La ‘testa di cuoio’ di Donetsk analizza il confronto sul campo: “A luglio sembrava fossimo noi sul punto di cadere. Mosca aveva appena conquistato le due città del Lugansk, Severodonetsk e Lysychansk e avanzava come un treno, proprio lungo la superstrada che collega quest’ultima a Artemivs’k Bakhmut. Rallentando, a luglio ha comunque fatto passi in avanti arrivando a sfiorare Soledar (15km a nord-est da Bakhmut, ndr.). I russi erano convinti di assicurarsi i baluardi del Donetsk settentrionale, compreso Slovjansk e soprattutto Kramatorsk, con estrema rapidità. La nostra risposta è stata forte, ma a differenza di Izyum, Kupjansk, Svatove e anche Lyman, oggi comunque contesa, dove il nemico è come evaporato in poche settimane, ora nel Donbass è diverso. Mosca sta realizzando una specie di scudo protettivo sui territori già in controllo e, per ora, ha messo da parte nuove velleità di conquista. Magari mi sbaglio, ma l’andamento del conflitto da queste parti sta seguendo un disegno abbastanza chiaro. Ripeto, c’è da capire a chi fa comodo affrontare un altro inverno di battaglie e bombardamenti”.
Strategia di logoramento o, più banalmente, un prendere tempo in attesa di tempi migliori. Eserciti a parte, a pagare il prezzo più pesante, come sempre accade nei conflitti, saranno i civili. Se fino alla scorsa estate un terzo dei residenti aveva deciso di restare e sfidare il pericolo, adesso Bakhmut è spaventosamente deserta: “Non ho i dati precisi – Danil si lascia andare a un ultimo commento -, ma credo che in città siano rimasti un migliaio di residenti. Il numero dovrebbe abbassarsi con l’arrivo dell’inverno. Oltre a essere al centro dei lanci russi, a Bakhmut non ci sono acqua, luce e gas e neppure mezzo negozio aperto. Come farebbero a sopravvivere? Stiamo evacuando persone ogni giorno, tra un mese Bakhmut sarà definitivamente una ghost-town”.