Da un mese è matura e pronta per essere raccolta, ma l’uva da tavola Italia (certificata Igp) di Canicattì, nelle campagne di Agrigento, è ancora sulle piante e rischia di marcire. I costi di produzione, aumentati almeno del 40% rispetto agli altri anni, hanno portato gli agricoltori non raccoglierle, perché viene pagata 30-40 centesimi al chilo a fronte di un costo che supera invece i 60 centesimi di euro per chilo. La sola manodopera per la raccolta costerebbe già più del guadagno per gli imprenditori agricoli che adesso rischiano di perdere tutto il lavoro di un anno. “Non conviene più – dicono in coro – i rincari di bollette, fertilizzanti e materie prime non permettono di trarre un ricavo dal nostro raccolto, così siamo costretti a lasciar marcire il nostro prodotto». Quasi l’80% dell’uva Italia prodotta a Canicattì e nei paesi limitrofi non è stata ancora raccolta, anche per un mercato che non aiuta e che ha ridotto al minimo i profitti per gli agricoltori. Così l’unica soluzione rimane quella di portare al macero il prodotto: dove prima finivano gli scarti adesso finisce l’uva buona e di qualità, per essere trasformata in succhi di frutta e zucchero, a meno di 7 centesimi al chilo, un prezzo che manda al collasso l’intero settore. Per questo motivo tutti gli agricoltori, unitamente a quelli di Mazzarrone, nel catanese, hanno protestato, spiegando tutti i problemi in un consiglio comunale a cui hanno partecipato i sindaci e i nuovi deputati regionali siciliani. L’obiettivo è portare la problematica sul tavolo del nuovo governo nazionale al fine di trovare una soluzione immediata
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