Liliana Resinovich è deceduta per “morte asfittica tipo spazio confinato (plastic bag suffocation), senza importanti legature o emorragie presenti al collo”. Queste le conclusioni dei consulenti del pubblico ministero, Fulvio Costantinides e Fabio Cavalli. Le indagini hanno anche stabilito che “il cadavere non presenta lesioni traumatiche possibili causa o concausa di morte, con assenza per esempio di solchi e/o emorragie al collo, con assenza di lesioni da difesa, con vesti del tutto integre e normoindossate, senza chiara evidenza di azione di terzi”. Il decesso, secondo i consulenti, risale tra le 48 e il 60 ore prima del ritrovamento del corpo e l’unica ipotesi possibile pare essere il suicidio, come aveva indicato ad agosto la perizia dei medici legali. Spetterà alla procura valutare se le indagini preliminari dovranno continuare “o se invece siano opportune ulteriori attività onde non lasciare nulla d’intentato per fare piena luce sull’episodio”, ha spiegato in una nota il procuratore Antonio De Nicolo, che ha aggiunto che nel decidere bisognerà considerare i cambiamenti che verranno introdotti dall’entrata in vigore della riforma penale e le carenze nell’organico dei magistrati.
Rimangono però da chiarire elementi importanti: Resinovich scomparve di casa il 14 dicembre e fu ritrovata senza vita il 5 gennaio nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico del rione San Giovanni, poco distante dalla abitazione che condivideva con il marito Sebastiano Visintin. Non si sa dove sia stata né cosa abbia fatto nel corso di quei venti giorni. Le ipotesi secondo cui sia stata uccisa e il cadavere sia stato conservato in un frigorifero non reggono davanti alle nuove conclusioni dei consulenti, che escludono “l’azione di terzi” per “l’assenza di “lesioni traumatiche”. Il corpo della donna fu trovato vestito, con la testa dentro a due sacchetti di plastica e il corpo in due sacchi della spazzatura.