La diffidenza verso la disabilità, spiega il figlio in un’intervista a Repubblica, ha portato il piccolo schermo a trascurarlo
Il cantastorie della canzone d’autore in Italia Pierangelo Bertoli, oggi celebrato persino da un francobollo, non era gradito in tv. Il fatto che fosse sulla sedia a rotelle creava imbarazzo. A rivelarlo a vent’anni dalla morte è il figlio Angelo: “E’ stato ostracizzato in televisione. Dicevano che la sedia a rotelle intristiva il pubblico”. Angelo fa correre i ricordi all’indietro e rievoca quelle frasi con dolore. Intristivano il padre. “Un suo amico che lavorava in Rai una volta gli disse di non offendersi, ma in azienda non era ben visto perché con la sedia a rotelle intristiva il pubblico”. E Pierangelo? Reagiva con orgoglio. “Mio padre, che al contrario di ciò che si pensa era molto simpatico e per niente burbero – rivela ancora il figlio – gli rispose che lo trovava strano perché al concerto della sera prima nel palazzetto con quindicimila spettatori nel pubblico non ce n’era uno che piangesse”.
La diffidenza verso la disabilità, spiega il figlio in un’intervista a Repubblica, ha portato il piccolo schermo a trascurarlo: “In tv è stato trattato male, all’inizio lo mettevano a sedere su una sedia: ho rivisto su YouTube il pezzo “Tu sei lontana”, credo una ripresa Rai, in cui lo fanno cantare con un gruppo posticcio e davanti a lui hanno messo un gruppo di ragazzi che ondeggiava per un effetto vedo-non vedo sulla carrozzina: una roba atroce”. Ma lui sapeva sempre reagire: “Non si è mai pianto addosso e non ha mai parlato della sua condizione fisica nelle sue canzoni, perché lui era un artista, poi aveva la poliomielite, ma era un artista innanzitutto”.
L’artista di tante canzoni memorabili, a partire da “Pescatore”. Poi è venuto anche il tempo della riscossa e della riscoperta. Ricordiamo il Festival di Sanremo 1991: arriva sul palco Pierangelo Bertoli con i Tazenda e “Spunta la luna dal monte”. Un’immagine fortissima, quasi uno choc. Violento e opportuno. La disabilità in scena con una sedia a rotelle ma delineata tutta al contrario del facile pietismo. Anzi: l’immagine di caparbietà e di riscossa impersonata da uno dei più grandi cantautori italiani. E poi, nell’ultimo Festival di Sanremo, il tributo nella cover interpretata da Mannoia & Sangiovanni di “A muso duro”. Nelle ultime settimane ci sono state due trasmissioni dedicate a lui, si sta realizzando un docufilm, oggi 31 ottobre e domani si svolgerà il Premio a lui dedicato. Succede al Teatro Storchi di Modena: un evento a 20 anni dalla morte e a 80 anni dalla nascita.
Anche il figlio Angelo fa il cantautore. Figlio d’arte, tra vantaggi e svantaggi: “Tra i pro – racconta – c’è il fatto che ho vissuto 22 anni con uno che il mestiere lo sapeva fare molto bene e me lo ha insegnato. Poi come accade per i salumieri e gli idraulici, il figlio avrà facilità a contattare i fornitori del padre, le persone del settore, perché c’è un rispetto per mio padre”. Poi però c’è l’atro lato della medaglia: “Tutte le parti negative, i confronti, il fatto che i discografici non credono in te, non ci sono figli d’arte che abbiano fatto davvero successo, e anche la gente prima dei concerti è diffidente nei tuoi confronti. C’è diffidenza, è una realtà”.