Un thriller dalle venature lesbiche, velatamente no mask, ritmato dalla passione e dal suono dell’organo sinfonico a canne. The Grand Bolero del regista italiano Gabriele Fabbro è uno di quei curiosi lungometraggi laterali, rispetto al mainstream distributivo tradizionale italiano, che merita di essere conosciuto e visto. Fabbro è un 26enne milanese che si è già costruito una carriera creativa e produttiva negli Stati Uniti con parecchi corti e documentari. Il salto nel lungometraggio l’ha invece fatto tornando fugacemente in Italia e girando proprio nei primi mesi del lockdown nel 2020. Presso una chiesa su un’isolata collina nel bosco, non lontana comunque da un ipotetico centro abitato, giunge Lucia (Ludovica Mancini) una ragazzina muta e analfabeta per assistere la grezza e ribelle restauratrice Roxanne (Lidia Vitale) nella pulizia e ripristino di un imponente organo sinfonico a canne e di un altro organo del ‘500.
Introdotta da Paolo (Marcello Mariani), una specie di diacono tuttofare della chiesa, Lucia viene prima respinta con fastidio, urla e disprezzo da Roxanne, ma quando all’improvviso mostrerà intensa passione e sublime tecnica nel suonare l’organo della chiesa Roxanne mollerà ogni forma di resistenza e non solo sul fronte professionale. Peccato però che la muta che viene da lontano sia anche una piccola ladra di oggetti preziosi. Il Covid con le sirene delle ambulanze e i suoi numeri e bollettini martellanti ad ogni momento del giorno è il sottofondo litania nell’isolamento ocra dei tre. Mentre il contrasto tra le due donne, ingigantito nei primi minuti, gradualmente si scioglie in questo desiderio non più sublimabile del contatto fisico (Roxanne non porta mai per scelta la mascherina anti Covid) e della passione della carne. Infine il respiro del racconto sembra vivere di quel crescendo alla Ravel e del suo Bolero con un organo sinfonico che mette in moto tutta la sua potenza orchestrale. Fabbro si muove agile tra dettagli degli organi e primi piani delle due protagoniste, rimanendo con garbo e sollecitudine nel solco di una regia tradizionale, badando al sodo della risoluzione narrativa e di una ricostruzione spaziale d’interni alto-basso funzionale alla conclusione thriller.
“L’organo a canne è la più ossessiva passione che abbia mai conosciuto. Il personaggio di Roxanne è ispirato a un vero organista che ho incontrato all’inizio della pandemia Covid – spiega Fabbro – uno che come lei vive “dentro” l’organo e si sposta chiesa dopo chiesa per rimettere in vita questi affascinanti e complessi strumenti. The Grand Bolero è stata anche una grande opportunità per mostrare la mia ossessione per la musica classica nei film. La colonna sonora è composta da tre differenti organi incluso il grande organo di VIllasanta (il più grande organo sinfonico italiano) e un Mighty Wurlitzer”. La Vitale è la sorella magistrato di Lo Cascio e Boni ne La meglio gioventù, mentre la Mancini è scuola Baliani. Girato nel 2020 in Lombardia, tra Lodi, Bergamo e Monza (la maggior parte degli interni sono nella cappella Santo Spirito dell’ospedale vecchio di Lodi). Nelle sale UCI dal 28 ottobre e su Prime Video dal 20 ottobre ma solo negli Stati Uniti e in UK.