“Andai a una festa di Paolo Villaggio. A un certo punto si sparge la voce che la piccoletta, quella che nessuno notava, c’aveva pure l’attrezzo. Allora Villaggio mi supplica, mi chiede di mostrarlo. Perché no?”. La ‘piccoletta’ è Eva Robin’s. All’anagrafe Roberto Coatti. L’attrice, ospite della prima puntata di Le Belve, racconta la sua vita e carriera alla conduttrice Francesca Fagnani. Lo fa senza tabù. Anzi, con una schiettezza sul suo sentire che in alcuni passaggi dell’intervista preferisce passare oltre. Affrontare altri argomenti.
Le domande sono incalzanti. Ma con grazia e sensibilità. Eva Robin’s, una delle prime trans a essersi conquistata a partire dagli anni ’80 le luci della ribalta, si lascia andare a un racconto intimo di se stessa, a tratti spietato. Lucido e senza remore. Dal suo processo di transizione a femmina, mai completato, alla scoperta del potere di seduzione sugli uomini, dalle paure dell’adolescenza a quelle di oggi: invecchiare e dimenticarsi. Passando per alcuni aneddoti divertenti, come il suo incontro con Paolo Villaggio. Il grande attore comico si era innamorato di lei? “No, con lui ho passato solo una notte – risponde sorridendo – ma in Sardegna mi inseguiva con la moglie per un ménage a tre. Io mi nascondevo: in tre siamo troppi”.
La transizione sessuale non completata: l’attrice svela che ha cominciato a 13 anni a prendere ormoni ma che non voleva diventare femmina. Desiderava solo interrompere lo sviluppo. Rimanere per sempre in un corpo adolescente, nella pubertà. E fa l’esempio del personaggio di Tazio nel film “Morte a Venezia” di Luchino Visconti. Parla al maschile questa volta: “A 13 anni ero magrolino e gracile. Sarei diventato un ragazzino sfigato”. E aggiunge: “Non ero consapevole di ciò che sarebbe accaduto. Mi è sfuggita la situazione e sono diventata femmina”.
E sua madre, che assisteva a quel cambiamento, cosa diceva? “Era una ragazza madre. Era l’uomo che io non sono mai stata, con gli zebedei. Quando mi ha visto nelle mie prime apparizioni da femmina, le sono piaciute”. Diventare femmina per Eva è stato come indossare una “superba corazza”, ma per un certo periodo è stato anche un modo per sopravvivere. “Avevo scoperto il mio potere sugli uomini, a 16 anni avevo già quattro amanti ed ero l’unica forma di sostentamento della famiglia”. E ammette: “Sì, c’è stata una forma di meretricio. Mi piaceva la seduzione”.
Poi la carriera, che inizia partecipando a una tournée di Amanda Lear e prosegue nei programmi nazionali televisivi e nel cinema. Dal soft porno ai film di Dario Argento, Simona Izzo, Maurizio Nichetti. Negli anni ‘90 diventa attrice di teatro, anche in quello più impegnato. Ormai frequenta i salotti esclusivi e intellettuali. Ma non è il suo essere uomo e donna al tempo stesso a crearle un senso di straniamento: “La dualità la sento non nella genitalità ma in altri aspetti. Quello intellettuale per esempio. Per me è più facile spogliarmi che parlare”.
Perché non ha mai recitato in film porno? “Ho ricevuto la proposta di girare cinque film in dieci giorni. Ho rifiutato. Non mi sentivo adeguata”. Il motivo? L’attrice spiega che i suoi genitali “non erano abbastanza fotogenici”. Ironizza ancora una volta su quello che chiama simpaticamente il suo “Robertino” per renderlo più aggraziato. E’ in equilibrio con se stessa? “Perdo il mio centro solo quando mi innamoro – risponde – per me è letale. Lo vivo come un’ossessione”. Però ha sfiorato due volte il matrimonio, le ricorda la giornalista, e con una donna. “Alla fine con questa donna ho preferito mantenere l’amicizia”. Perché non sposarsi con un uomo? “Non mi va di conoscere le miserie di un uomo. Per me è un universo erotico. Se poi conosci le sue piccolezze ti crolla il mito della virilità”. Oggi Eva Robin’s si definisce “serena con dei picchi di felicità”. Ma non chiamatela Eva, Roberta o Roberto. Il soprannome in cui si riconosce, dichiara a Le Belve, è semplicemente Robi.