Nel mondo antico il filosofo Socrate venne condannato a morte con l’accusa di corrompere i giovani, specialmente instillando nelle loro menti il seme del dubbio, da cui si genera l’incertezza rispetto all’esistenza effettiva delle divinità.
Nel mondo odierno, i conduttori e volti televisivi – veri e propri intellettuali organici di quel teatrino mediatico che diffonde perlopiù un sapere fatuo e futile – vengono osannati e onorati per il loro servigio sommo: instillare nelle menti, non soltanto dei giovani, certezze assolute rispetto all’esistenza delle uniche divinità da venerare (Mercato e Tecnologia).
L’accostamento può sembrare quantomeno azzardato: cosa c’entrano mai conduttori e personaggi televisivi con il più famoso pensatore antico? Di sicuro sono entrambi dei diffusori, seppure di contenuti completamente difformi. I filosofi nell’antichità diffondevano il sapere, la logica e l’etica attraverso l’unico mezzo di comunicazione di massa esistente a quel tempo: il dialogo. Oggi, attraverso strumenti infinitamente più potenti, conduttori e volti televisivi sono in larga parte impegnati a svolgere il compito assegnato loro dal sistema dominante: diffondere conoscenze futili e superficiali, distruggere la capacità logica (e quindi cognitiva) del telespettatore, nonché affermare l’unica etica davvero consentita in questo tempo sciagurato: ogni individuo (e in generale ogni attività) vale soltanto nella misura in cui produce profitto economico o è funzionale al progresso tecnologico e mediatico.
Non si racconterà mai fino in fondo il vero e proprio scempio culturale compiuto dalla televisione, da quando essa ha cominciato a essere permeata da una logica esclusivamente commerciale. Il ruolo che il mezzo televisivo – per bocca e volto dei suoi intellettuali organici: conduttori e autori – ha avuto nel degradare la capacità cognitiva, emotiva e relazionale delle persone, riducendo a una massa informe e decerebrata la fu “opinione pubblica” è qualcosa che centinaia di analisi scientifiche e libri non potranno mai denunciare in tutta la sua gravità.
Se ogni forma di potere storico ha sempre avuto interesse a tenere i “sudditi” nell’ignoranza e nell’impossibilità di contestare il sistema (dai tiranni dell’antichità fino ai capi dei regimi totalitari, passando per la Chiesa nel Medioevo), il capitalismo neo-liberistico tornato in auge a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso è riuscito a farlo nella maniera più efficace e pervasiva. Ciò grazie a quello strumento formidabile che sono stati i mass media e la televisione in particolare, capaci come nessun altro di ipnotizzare e divertire gli spettatori, a quel punto entusiasti e perlopiù inconsapevoli di consegnarsi mani e piedi al sistema mediatico che stava preparando l’epoca del “post-pensiero”.
Se oggi viviamo in una società per larga parte ottusa – fenomeno riscontrabile tanto nel popolo disposto a votare imbonitori e saltimbanchi di turno, quanto nella classe dirigente largamente incompetente e corrotta (si generalizza, ma mica troppo) – ciò è dovuto perlopiù a un sistema mediatico che si è rivelato come il più formidabile alleato del capitalismo finanziario. Formidabile, appunto, nella misura in cui ha potuto plasmare le menti di milioni di persone e dare forma a una società in cui il pensiero autonomo e critico è riservato a una minoranza sempre più ristretta di privilegiati.
Alfieri di quel sistema mediatico – che ho definito gramscianamente “intellettuali organici” per amor di polemica – sono stati in larga parte autori, registi, conduttori televisivi e in generale figure profumatamente pagate (e ripagate dalla gloria) per contribuire alla lobotomizzazione di un intero Paese. Rarissime le figure che hanno cercato di mantenere dignitoso e edificante il livello delle loro trasmissioni. Fra loro vi è Franco Di Mare, che ritengo uomo e giornalista mosso da un’etica solida e valori fermi. In questi giorni, l’attuale direttore di Rai 3 ha querelato Striscia la Notizia poiché la trasmissione di Ricci ha mosso nei suoi confronti un’insinuazione infame: avrebbe molestato sessualmente una sua collega, in diretta, circa vent’anni fa. L’accusa è assurda, anche perché esistono i filmati di quell’episodio e lo stesso tg satirico ne sorrise a suo tempo insieme a Di Mare (per questo omaggiato del celebre “tapiro”).
Non so davvero cosa possa avere spinto la trasmissione di Ricci a un gesto tanto grave e assurdo. Forse quel carburante che oggi muove e conferisce valore a ogni cosa, soprattutto se quella stessa cosa ne è ontologicamente priva: la visibilità? Ad ogni modo, il fatto è oggettivo: una celebre trasmissione che ha contribuito al degrado spirituale e culturale del Paese sferra un attacco violento e indegno contro una delle ultime roccaforti di televisione al servizio del telespettatore.
La notizia è finita esclusivamente (e tristemente) nelle rubriche di gossip. Quando in un paese, e in un’epoca, normali avrebbe dovuto occupare l’edizione straordinaria di ogni organo di informazione. Perché in quella notizia si racconta l’assassinio cerebrale di un’intera nazione.