Il sottosegretario alla Cultura ha indicato come priorità riposizionare l'ultima opera del Buonarroti nella posizione precedente al 2015. Ma da Alessandro Cecchi (Museo di Casa Buonarotti) a Cristina Acidini (massima esperta del genio aretino) gli addetti al lavoro sottolineano il perché dell'attuale assetto. "E' possibile immaginarla così come stava nella bottega dell'artista"
Saltando i preliminari, com’è suo costume, Vittorio Sgarbi ha già rivelato la sua priorità come nuovo sottosegretario alla Cultura: spostare la collocazione della Pietà Rondanini di Michelangelo Buonarroti all’interno del Castello Sforzesco di Milano. E com’è altrettanto costume, le sue dichiarazioni hanno alzato un vespaio di polemiche. Ma andiamo con ordine.
Considerata come l’opera finale della parabola artistica di Michelangelo, alla sua morte (il 19 febbraio 1564) la Pietà Rondanini (tra l’altro non finita) figura tra le opere inventariate nella bottega romana. Se si eccettua una probabile (ma non certa) “apparizione” a Roma un secolo più tardi (nel 1652), bisogna attendere l’agosto del 1807 per sapere che la scultura apparteneva al collezionista marchese Giuseppe Rondinini (poi Rondanini).
A quel punto inizia un passaggio di proprietà fino al 1904 quando il principe Odescalchi cedette al conte Roberto Sanseverino Vimercati il palazzo Rondanini e tutti gli arredi in esso contenuti, ovviamente Pietà compresa. A quel punto lo Stato italiano poteva esercitare il suo diritto di prelazione, ma non lo fece. Occorre arrivare al 1952 per l’ultimo passaggio di proprietà: l’opera fu acquisita dal Comune di Milano che la inserì nelle Civiche Raccolte d’Arte del Castello Sforzesco. Ma anche all’interno dell’edificio la Pietà non ha avuto pace: nel 2015, il giorno dopo l’inaugurazione dell’Expo, l’opera fu spostata in uno spazio interamente dedicato a lei dell’antico ospedale spagnolo, sempre nel Castello Sforzesco. Da qui la polemica di Sgarbi che, dando il via al suo nuovo mandato nell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, vorrebbe ricollocare la scultura dove stava, ovvero in una nicchia della sala degli Scarlioni.
I primi a replicare a Sgarbi sono stati il sindaco Giuseppe Sala e l’assessore alla Cultura nel 2015, Stefano Boeri, i quali all’unisono hanno affermato che l’opera sta bene dov’è adesso, perché appare assai più valorizzata che altrove. Rincara la dose Alessandro Cecchi, direttore del Museo di Casa Buonarroti, il quale afferma che “quello attuale è un bellissimo allestimento per la Pietà Rondanini, poiché permette ai visitatori di vedere comodamente l’opera a tutto tondo in un ambiente dove è posta al centro della grande sala. E siccome Michelangelo aveva lavorato anche sulla parte posteriore dell’opera, inserirla in una nicchia, come quando era custodita nella Sala dei Carlioni, non favoriva una visione a 360 gradi per un gran numero di persone. Nella sede attuale è possibile immaginarla così come stava nella bottega di Michelangelo, dove era necessariamente si poteva vederla e scolpirla dappertutto”.
Cristina Acidini, tra i massimi esperti del Buonarroti e autrice di innumerevoli libri e saggi sulle sue opere, la vede così: “La precedente sistemazione dell’opera di Michelangelo presentava principalmente l’aspetto frontale della Pietà Rondanini e quindi sottolineava il rapporto stretto e toccante tra la Madonna dolente e Cristo morto, in un assetto architettonico di grande respiro e di indiscutibile autorevolezza. La presentazione odierna nell’Ospedale degli Spagnoli consente la veduta da tutte le parti e in un certo senso sottolinea l’incompiutezza del gruppo scultoreo e ne fa percepire anche una qualche deformità. Basta pensare alla grande schiena, sicuramente ancora da lavorare nell’intenzione di Michelangelo, della Madonna china su Figlio. Sono due visioni diverse, entrambe motivate e di qualità, che sottolineano in modo sostanzialmente antinomico ciò che il grande capolavoro di Michelangelo anziano ha da comunicare”.
Ascoltando il parere degli “addetti ai lavori” emerge ancor di più che probabilmente l’attuale collocazione è quella che valorizza maggiormente la Pietà Rondanini perché ne permette una visione più ampia e completa. Ma non è tutto; in aggiunta ai pareri degli esperti viene da porsi una domanda: ma se l’opera dal 1952 è di proprietà del Comune di Milano, perché mai un sottosegretario dello Stato che 70 anni fa non esercitò il diritto di acquisire l’opera di Michelangelo oggi dovrebbe imporne lo spostamento? La questione avrà sicuramente degli sviluppi.