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Il caso dell’intercettazione di Crocetta, i due giornalisti condannati per calunnia

La vicenda risale al 2015, quando un articolo dell'Espresso rivelò il contenuto di una intercettazione, poi rivelatasi inesistente, tra l’ex governatore siciliano e l’ex primario dell’ospedale Villa Sofia, all’epoca indagato per truffa. Secondo l’articolo, il medico, riferendosi all’allora assessore regionale alla Salute Lucia Borsellino, figlia del giudice ucciso da Cosa nostra, avrebbe detto: "Va fatta fuori come il padre"
Il caso dell’intercettazione di Crocetta, i due giornalisti condannati per calunnia
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Un anno e quattro mesi di reclusione per calunnia. È questa la pena decisa dal giudice della quinta sezione penale di Palermo, Salvatore Flaccovio, nei confronti degli ex collaboratori del settimanale L’Espresso, Piero Messina e Maurizio Zoppi. La pena è stata sospesa. La procura aveva chiesto la condanna a 3 anni di entrambi gli imputati che rispondevano anche di pubblicazione di notizie false, reato prescritto.

La vicenda risale al 2015, quando un articolo rivelò il contenuto di una intercettazione, poi rivelatasi inesistente, tra l’ex governatore siciliano Rosario Crocetta e l’ex primario dell’ospedale Villa Sofia Matteo Tutino, all’epoca indagato per truffa. Secondo l’articolo, Tutino, riferendosi all’allora assessore regionale alla Salute Lucia Borsellino, figlia del giudice ucciso da Cosa nostra, avrebbe detto: “Va fatta fuori come il padre“. Dalle indagini svolte dalla Procura dopo l’uscita dell’articolo, emerse che della conversazione riportata non c’era alcuna traccia negli atti dell’inchiesta.

Messina ribadì in più sedi di avere sentito il nastro registrato, versione poi sfumata nel corso delle indagini. Il giornalista sostenne in un secondo momento che a svelargli il contenuto della conversazione era stato un ufficiale del Nas, difeso dall’avvocato Massimo Motisi, che, sentito dai pm, ha sempre smentito la circostanza. Da qui l’accusa di calunnia nei confronti del carabiniere per Messina e Zoppi. I due sono stati condannati a pagare una provvisionale esecutiva di 10 mila euro. La difesa dei giornalisti ha preannunciato appello.

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