Si sono ridisegnate le mappe del potere a Gerusalemme. E in molti, nei ministeri e nelle agenzie governative, stanno preparando gli scatoloni con le loro cose. Presto gli uffici saranno occupati da nuovi inquilini designati dalla nuova maggioranza, che sguaiatamente festeggia e si prepara a limitare l’indipendenza della magistratura, della Corte Suprema, a dare mano libero ai coloni e stila lunghe liste di proscrizione. Dopo 16 mesi all’opposizione e con il suo processo per corruzione in corso Netanyahu – che sarà premier incaricato – desidera ardentemente mettere prima di tutto mano alla Giustizia. Nonostante le testimonianze al processo per corruzione che lo riguarda (quello sul filone dei doni dai miliardari ebrei americani) siano sempre più imbarazzanti – uso di ville private con la moglie, caviale, champagne, sigari e doni portati via in grandi valigie nere – l’incarico da premier aprirà su di lui l’ombrello dell’immunità, caso previsto in Israele solo per l’incarico di primo ministro.
Ma Bibi sta assaporando anche il retrogusto amaro della vittoria. Per quanto sia felice di aver finalmente ottenuto la maggioranza, è estremamente infastidito dal fatto che il Likud non sia riuscito ad aggiungere più di un paio di seggi a queste elezioni. Sa che deve fare i conti con una grande festa alla sua destra. Itamar Ben-Gvir è servito allo scopo di ottenere il voto per il suo blocco, ma sta diventando troppo invadente. Ma indipendentemente dal destino personale, i suoi alleati di estrema destra appaiono come i vincitori oscurandogli la scena. Il risultato elettorale pone i loro gruppi un tempo marginali e le ideologie estreme al centro del discorso e del sistema politico di Israele.
Un’alleanza di due partiti religiosi ultra nazionalisti, Jewish Power e Religious Sionism, forma il terzo blocco più grande nel prossimo parlamento israeliano, conferendo all’estrema destra potere, influenza e e una rispettabilità ritrovata. A livello internazionale questo rischierà di mettere a dura prova le relazioni di Israele con i suoi sostenitori e benefattori, come gli Stati Uniti, o con i nuovi partner arabi come gli Emirati Arabi Uniti. E metterà in discussione ogni rimanente pretesa che Israele cerchi di preservare la possibilità di uno Stato palestinese.
Nella Cisgiordania occupata, l’Alleanza di Bibi vuole accelerare l’insediamento ebraico e rimuovere ogni parvenza di autonomia palestinese. Si vuole rivedere il sistema giudiziario, dare ai politici un maggiore controllo sulle nomine giudiziarie e indebolire i controlli e gli equilibri sui deputati. “Vogliono cambiare il sistema stesso”, riassume Tzipi Livni, un ex ministro della giustizia israeliano, “cambiare la natura della democrazia israeliana”.
Il leader del sionismo religioso, Bezalel Smotrich, si descrive come un “orgoglioso omofobo”, ha affermato che gli immobiliaristi ebrei non dovrebbero mai vendere case agli arabi e sostiene i reparti di maternità segregati per le donne arabe ed ebree.
Itamar Ben-Gvir, leader di Jewish Power, cerca di garantire l’immunità legale ai soldati israeliani che sparano ai palestinesi e deportare il più arabi possibile. Nella sua casa – nel famigerato insediamento di Kiryat Arba, dove insegnano i rabbini più estremisti e xenofobi – ha appeso nel suo studio un ritratto di Baruch Goldstein, l’estremista ebreo che nel 1994 ha ucciso 29 palestinesi nella Tomba dei Patriarchi a Hebron, lo considera un eroe pari quasi all’assassino di Yitzhak Rabin.
Non si può ignorare l’ascesa fulminea di un partito sostenitore di Meir Kahane, il rabbino espulso dalla Knesset negli anni Novanta per razzismo e “maestro di vita“ per Ben-Gvir. È qui che la politica e l’ideologia hanno possibili implicazioni sulla situazione della sicurezza. Il prossimo gabinetto includerà politici sui quali la divisione ebraica del servizio di sicurezza interno Shin Bet ha file molto pesanti. Ora il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, e la sua gente potrebbero dover condividere adesso informazioni sensibili con coloro che hanno sorvegliato per anni.
L’ultra destra, dopo aver tramato per anni contro lo Stato democratico, quello stesso Stato è costretto a dare loro le chiavi di tutti i “sancta santorum”, compresi quelli delicatissimi della sicurezza interna e esterna. C’è una massima egoistica di sinistra secondo cui gli ebrei non possono essere, e non dovrebbero essere, fascisti o di destra. E invece, proprio come i loro fratelli in altri Paesi, gli estremisti di destra israeliani sono ultra nazionalisti, xenofobi, omofobi che usano il falso patriottismo e la religiosità superficiale per bollare i loro rivali politici come cittadini senza Dio.