Il silenzio ammirato, ma per molti stupefatto, che ha accompagnato il discorso di Roberto Scarpinato al Senato, malcela il medesimo stupore impresso sul viso degli astanti descritti da Hans Christian Andersen mentre osservano le nudità dell’imperatore allorquando il ragazzino grida: “Ma non ha niente addosso”.

Abituati a decenni di polveri artatamente sollevate, di colpevoli dimenticanze istituzionali di parti della storia italiana, di amnesie collettive sullo stragismo del dopoguerra sono come sassi sul vetro le parole chirurgiche di un servitore dello Stato che con puntiglio elenca dove, come e quando parti della Repubblica hanno colluso con tutto quel mondo eversivo che avrebbe dovuto combattere.

Le parole di un uomo di legge, analiticamente parlando, gettano luce sulla perversione interrata che è stata il comun denominatore di tante fasi cruciali della nazione. Perversione della legge è il termine giusto.

Quando il senatore parla di ‘Un neofascismo (..) coprotagonista della strategia della tensione (..) con l’obbiettivo politico di sabotare l’attuazione della Costituzione‘ punta il dito su un intreccio perverso tra legge e non legge, ben noto alla psicoanalisi.

Nell’Italia che stava lentamente prendendo le misure con la democrazia, una parte del ceto politico già iniziava quel pervertimento della legge che porterà poi alla stagione delle trame occulte e delle stragi di Stato, in nome di un’obbedienza ad un fine, il contrasto al comunismo, in funzione del quale la lex italiana diveniva una sorta di codice di seconda mano, un regolamento formale al quale giurare una fedeltà di ottone, giacché la vera parola era data al Patto Atlantico.

In questo consiste la trama clinica che Scarpinato isola quando stigmatizza: ‘lo Stato occulto di personaggi come Maletti, traditori della Costituzione, che hanno garantito l’impunità dei mandanti eccellenti di tante stragi.’ Egli usa la lente clinica per mostrare senza veli o ipocrisie l’esistenza di una legge parallela e mai dichiarata che si dispiegava a fianco del codice penale e che ha portato alle stragi di Stato permettendo a gruppi eversivi di mantenere una presa sociale su alcune zone dell’Italia tenendo vive le loro organizzazioni in attesa di un qualche sbocco sovversivo al quale potersi aggregare.

Un esempio? In Italia ha conosciuto il suo momento di celebrità il cosiddetto ‘movimento dei forconi’. Un fenomeno comparso simultaneamente in diverse Regioni, composto da gruppi autorganizzati di cittadini radunatisi sotto il segno della protesta.

Ho assistito di persona ad una delle adunanze di questo movimento nel profondo nord. Mentre volenterosi locali distribuivano volantini che spronavano ad aderire alla protesta, dietro ai fuochi accesi per strada si potevano scorgere le defilate ombre nere di attempati agitatori di popolo, poco propensi a bussare ai finestrini e infastiditi da chi girava con la reflex per immortalare l’evento.

Molti di essi da tempo conosciuti alla forze dell’ordine come appartenenti ad organizzazioni di estrema destra, altri veri e propri fossili dello squadrismo veneto che già era anziano ai miei tempi universitari padovani.

Lo Stato italiano, tramite questo doppio legame che Scarpinato ha evidenziato, ha sempre ‘trattato’ con i mondi fuori legge. Dallo sbarco alleato in Sicilia, passando per gli anni di piombo e della morte di Moro attraversando i canali sotterranei del patto Stato Mafia, sino ai legami strutturati con il mondo delle curve e con la ‘terra di mezzo’ di Roma capitale.

Scarpinato con occhio clinico fa riferimento alla pubblica celebrazione di ‘Gianadelio Maletti, capo del reparto controspionaggio del Sid negli anni 70 condannato, con sentenza definitiva, a 18 mesi di reclusione per favoreggiamento dei responsabili della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 mostrando di conoscere bene un assunto fondante della perversione. La legge, quella emanata da un’assemblea democraticamente eletta, dopo essersi servita di questi uomini fedeli e rimasti nellombra deve garantire loro un patto di non intromissione, un riconoscimento del loro ruolo di garanti di questo sporco patto.

Scarpinato cita Franco Freda e Giovanni Ventura, neofascisti provenienti da quel mondo grigio, ed immortalati nel film Romanzo di una strage. Nella scena finale appare la differenza netta tra questi due (descritti come esagitati fascistelli, bramosi di sangue, a viso scoperto sempre, anche quando vanno ad acquistare i timer per la bomba) e gli apparati deviati dello stato.

Gli agenti che agiscono nell’ombra, uno dei quali sa dire ‘io sono un animale che non lascia traccia’ a un Ventura che si sente braccato. È a questi servi infedeli ed invisibili che Scarpinato ha fatto riferimento chiedendo conto di zone d’ombra che non verranno mai e poi mai chiarificate dalla luce delle legge.

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