Non è colpevole anche per i giudici di secondo grado. La corte d’appello di Brescia ha confermato l’assoluzione per il pm di Milano, Paolo Storari, che era indagato per rivelazione di segreto d’ufficio: era accusato di aver consegnato i verbali secretati dell’ex avvocato esterno di Eni Piero Amara, con i racconti sull’esistenza della presunta loggia Ungheria, all’allora consigliere del Csm, Piercamillo Davigo.

La decisione, arrivata al termine del processo con rito abbreviato, conferma la decisione dei giudici di primo grado del 7 marzo scorso. Nella sua requisitoria il pg Enrico Ceravone aveva chiesto una condanna a 5 mesi e 10 giorni, sostenendo come il magistrato milanese avesse commesso un errore nel consegnare i verbali coperti da segreto, non rispettando le direttive sul tema, nel tentativo di denunciare la presunta inerzia investigativa dei vertici della procura di Milano. Per la difesa dell’imputato, rappresentata dall’avvocato Paolo Della Sala “Storari in quella situazione si è rivolto a un soggetto particolarmente qualificato” con nessun intento lesivo nella condotta: ecco perché secondo il legare “il fatto non sussiste”. Anche questa volta i giudici hanno creduto alla buona fede del pm di Milano.

Le motivazioni della sentenza saranno rese note tra 90 giorni, ma potrebbero ricalcare in gran parte quelle con cui il gup di Brescia, Federica Brugnara, aveva assolto in Storari in primo grado, sostenendo come “l’intento da lui perseguito fosse quello di segnalare una gestione delle indagini non del tutto appropriata da parte del procuratore aggiunto Pedio e del procuratore capo Greco e di comunicare al Csm il possibile coinvolgimento di magistrati (anche appartenenti alla medesima istituzione) in fatti gravissimi, per le valutazioni di competenza”. Storari, proseguiva la sentenza di primo grado, si era rivolto a Davigo nella sua veste di consigliere e lo stesso Davigo “lo rassicurava (e lo induceva) ad affidarsi a lui, anche quale possibile tramite con il comitato di Presidenza”.

E la normativa, in particolare la circolare 510 del 15 gennaio 1994 – proseguiva la giudice – ribadisce “il generale potere acquisitivo del Consiglio di atti coperti dal segreto istruttorio” Storari era dunque “convinto di interloquire con soggetto legittimato a ricevere quelle informazioni e di veicolare allo stesso per finalità istituzionali, finalità ritenute di tale rilievo da considerare subvalenti le esigenze di segretezza di cui all’indagine”. Quanto all’ipotesi relativa a un accordo originario fra i due coimputati – per Davigo è in corso il processo di primo grado – volto a utilizzare i verbali di Amara per screditare il consigliere del Csm Sebastiano Ardita (che era parte civile) attraverso una versione dei fatti concordata e precostituita “risulterebbe del tutto congetturale”, sempre secondo i giudici del primo grado.

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